Tra le perspicue novità istituzionali varate e sostenute dagli aragonesi di Napoli, quella che riguardò l’esercito fu forse, con la riforma fiscale, la più audace e carica di originalità, oltre che, naturalmente, di conseguenze. La scelta di estromettere il baronaggio dall’attività militare diretta, cioè dalla possibilità di mantenere milizie private sia pure per il servizio prestato alla Corona, di marginalizzare le truppe a condotta (da assoldare solo come integrazione e per imprese extra-regnicole) e di puntare esclusivamente su una forza di cavalleria «demaniale», come fu chiamata, costituita da armigeri residenti, naturali o naturalizzati, posti sotto l’autorità di capi selezionati dalla monarchia, costituì infatti un’impresa ardita e inedita. Quale traccia si sia serbata nella storiografia “napoletana” e italiana d’ancient régime di questo originale apparato, al vertice del quale fu posto l’erede al trono, il duca di Calabria Alfonso, è oggetto della ricerca. D’altra parte, se l’esercito dei re aragonesi di Napoli fu espressione di un’ideologia monarchica di forza e accentramento, esso fu pure, da una prospettiva diversa, sollecito contenitore nel quale andarono a confluire le aspirazioni di un particolare ceto regnicolo, guerriero e cittadino, che grazie al regium servitium militare riuscì a inserirsi nel patriziato delle città di appartenenza o a consolidarvi le proprie posizioni: quello stesso ceto peraltro che, non privo di interessi culturali già nel ‘400, sarà protagonista più tardi della vita intellettuale del Mezzogiorno. Allo stesso modo, e in maniera complementare all’aspetto istituzionale appena illustrato, è analizzato il peso che nella letteratura storica successiva ebbe il ruolo militare del Regno di Napoli in Italia in periodo aragonese, allo scopo di osservare logica e dinamiche di quel cortocircuito storiografico che, a dispetto delle attestazioni documentarie del tempo (nonché di alcuni dati evenemenziali espliciti), ha consegnato all’età contemporanea, fino agli studi storici di un recente passato, un’immagine, al riguardo, di sostanziale marginalità. D’altro canto, tutte le guerre combattute dal Regno nel XV secolo furono “conflitti di Lega”, legittimati cioè dai capitoli della Lega Italica (e delle sue plurime evoluzioni) o a questi artatamente adeguati: una realtà nella quale, com’è evidente, i contributi specifici di ciascuno degli stati coinvolti, agli occhi dell’osservatore esterno (anche nel senso del tempo), tendono a scolorirsi, a favore d’una visione complessiva degli eventi bellici facilmente – o consapevolmente – equivocabile.

Assenze eminenti e altri misfatti. Istituzioni militari e impegno bellico degli aragonesi di Napoli nella storiografia dell'età moderna / Storti, Francesco. - II/2:(2020), pp. 1399-1415. (Intervento presentato al convegno La Corona d'Aragona e l'Italia. tenutosi a Roma-Napoli nel ottobre 2017).

Assenze eminenti e altri misfatti. Istituzioni militari e impegno bellico degli aragonesi di Napoli nella storiografia dell'età moderna.

Francesco Storti
2020

Abstract

Tra le perspicue novità istituzionali varate e sostenute dagli aragonesi di Napoli, quella che riguardò l’esercito fu forse, con la riforma fiscale, la più audace e carica di originalità, oltre che, naturalmente, di conseguenze. La scelta di estromettere il baronaggio dall’attività militare diretta, cioè dalla possibilità di mantenere milizie private sia pure per il servizio prestato alla Corona, di marginalizzare le truppe a condotta (da assoldare solo come integrazione e per imprese extra-regnicole) e di puntare esclusivamente su una forza di cavalleria «demaniale», come fu chiamata, costituita da armigeri residenti, naturali o naturalizzati, posti sotto l’autorità di capi selezionati dalla monarchia, costituì infatti un’impresa ardita e inedita. Quale traccia si sia serbata nella storiografia “napoletana” e italiana d’ancient régime di questo originale apparato, al vertice del quale fu posto l’erede al trono, il duca di Calabria Alfonso, è oggetto della ricerca. D’altra parte, se l’esercito dei re aragonesi di Napoli fu espressione di un’ideologia monarchica di forza e accentramento, esso fu pure, da una prospettiva diversa, sollecito contenitore nel quale andarono a confluire le aspirazioni di un particolare ceto regnicolo, guerriero e cittadino, che grazie al regium servitium militare riuscì a inserirsi nel patriziato delle città di appartenenza o a consolidarvi le proprie posizioni: quello stesso ceto peraltro che, non privo di interessi culturali già nel ‘400, sarà protagonista più tardi della vita intellettuale del Mezzogiorno. Allo stesso modo, e in maniera complementare all’aspetto istituzionale appena illustrato, è analizzato il peso che nella letteratura storica successiva ebbe il ruolo militare del Regno di Napoli in Italia in periodo aragonese, allo scopo di osservare logica e dinamiche di quel cortocircuito storiografico che, a dispetto delle attestazioni documentarie del tempo (nonché di alcuni dati evenemenziali espliciti), ha consegnato all’età contemporanea, fino agli studi storici di un recente passato, un’immagine, al riguardo, di sostanziale marginalità. D’altro canto, tutte le guerre combattute dal Regno nel XV secolo furono “conflitti di Lega”, legittimati cioè dai capitoli della Lega Italica (e delle sue plurime evoluzioni) o a questi artatamente adeguati: una realtà nella quale, com’è evidente, i contributi specifici di ciascuno degli stati coinvolti, agli occhi dell’osservatore esterno (anche nel senso del tempo), tendono a scolorirsi, a favore d’una visione complessiva degli eventi bellici facilmente – o consapevolmente – equivocabile.
2020
978-88-31445-06-1
Assenze eminenti e altri misfatti. Istituzioni militari e impegno bellico degli aragonesi di Napoli nella storiografia dell'età moderna / Storti, Francesco. - II/2:(2020), pp. 1399-1415. (Intervento presentato al convegno La Corona d'Aragona e l'Italia. tenutosi a Roma-Napoli nel ottobre 2017).
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