Il momento di rottura con il passato, quello che ha segnato il passaggio all’era del digitale e delle intelligenze artificiali, può essere collocato nel 2016 quando il campione del mondo di Go, un antico gioco da tavolo immensamente più complesso degli scacchi, è stato battuto da un algoritmo di intelligenza artificiale. Anni, o forse decadi prima di quanto gli esperti non si aspettassero. La rapidità degli accadimenti è infatti uno degli elementi più rivoluzionari dell’epoca digitale. La transizione dalle grandi scimmie antropomorfe ai nostri antenati capaci di formulare pensieri astratti e complessi, di stratificare informazioni e di incrementare tecnologie sempre più efficienti, risale solo a pochi milioni di anni fa. Da allora, il processo di innovazione ed il correlato incremento della ricchezza è proseguito ininterrottamente, assumendo negli ultimi anni l’andamento di crescita esponenziale di cui siamo testimoni (Bostrom, 2018). A titolo esemplificativo basti pensare che la capacità produttiva necessaria a sostenere un milione di individui al livello di sussistenza, che in epoca preistorica si raggiungeva in un milione di anni, si realizza oggi ogni novanta minuti. La velocità della innovazione è misurabile attraverso la capacità del sistema sociale di inglobarla e trasferirla in tutte le funzioni sociali in modo da massimizzarne i vantaggi nei contesti in cui i processi innovativi si innestano. Il ruolo del territorio è inevitabilmente centrale sia quando la stratificazione culturale, le preesistenze produttive e le riforme infrastrutturali realizzano innovazione e ne operano il trasferimento locale, sia quando appropriate politiche vengono concepite per realizzare condizioni insediative in grado di attrarre localizzazione di ricerca, sperimentazione e trasferimento tecnologico ad elevato impatto. La dirompenza della quarta rivoluzione industriale e la inusuale compenetrazione tra mondo fisico digitale e biologico, stanno cancellando le strutture socio economiche del secolo scorso definendo nuovi modelli relazionali, innovative forme di partecipazione politica, di governance, di produzione, transazione e consumo. L’immaterialità della società digitale afferma il valore dei flussi finanziari, informativi e tecnologici, rispetto a più tangibili e tradizionali elementi, quali l’accesso al mare o alle risorse strategiche; allo stesso tempo le antiche e consolidate categorie dell’ordine e disordine, di spazio e tempo fanno posto a logiche interpretative più flessibili e adatte a decifrare un presente instabile e contraddittorio, caratterizzato da processi più che da stratificazioni. A fronte di tali sfide, complesse quanto imprevedibili, gli attori tradizionali restano disorientati nella ricerca di un rinnovato ruolo geopolitico e di più efficienti assetti economici; si dibattono, pertanto, tra alternative deludenti, dando forza a figure autocratiche e contribuendo ad aumentare la forza attrattiva di ideali e riferimenti culturali negativi che, soprattutto nell’emisfero occidentale, sembravano definitivamente tramontati (Inglehart e Norris, 2019). Nuove potenze e più dinamiche forze diversamente distribuite, competono nell’occupare i presidi trascurati dagli Stati e contribuiscono a disegnare una rinnovata geografia del potere affermatasi in seguito alla ridefinizione degli asset competitivi. Gli effetti sono evidenti anche sulla distribuzione della produzione e del lavoro che contrappone economie mature, e meno reattive, ed economie emergenti, più flessibili e abili nell’intercettare trend globali e nell’ottimizzare il fattore tempo e la capacità di investire in innovazione. Altrettanto rivoluzionaria è l’affermarsi di inediti modelli localizzativi e di agglomerazione che impongono la revisione degli assetti demografici e della distribuzione delle attività correlate all’antropizzazione: la concentrazione spaziale dell’innovazione genera nuovi processi di gentrificazione allontanando dai centri geografici settori e classi sociali più deboli sostituiti da aziende e lavoratori ricchi e benestanti. All’autorità statuale tradizionalmente intesa si è, inoltre, affiancata quello dei giganti delle tecnologie che, attraverso il governo sul mercato dei dati e delle merci online, possono imporre scelte ed orientare comportamenti, con effetti potenzialmente dirompenti sull’economia e la società. La traiettoria evolutiva dello sviluppo è guidata dalla infrastrutturazione dello spazio: il compiuto dispiegarsi degli effetti connessi alla rivoluzione digitale richiede un sistema infrastrutturale di trasmissione dei dati denso e capillare, efficiente e con un ridotto livello di latenza. Per mantenere un buon livello di competitività e non rischiare di trovarsi dal lato sbagliato del digital divide, gli Stati devono avviare una significativa e costosa revisione delle infrastrutture esistenti, realizzando investimenti fondati su politiche efficaci e una regolamentazione chiara ed univoca. Le infrastrutture virtuali, i dati digitali e la rapida evoluzione delle tecnologie, stanno forzando una riflessione sul ruolo della geografia nello spazio competitivo dei territori. Siamo appena all’inizio di una nuova era nella quale le tradizionali dimensioni con le quali è stato interpretato il mondo sono sottoposte ad una transizione e ad un allargamento del portato semantico la cui reale dimensione non appare ancora in tutta la sua potenziale dirompenza. Nel mondo digitale, al tempo stesso ponte e muro, come ci ricorda il filosofo camerunense Achille Mbembe, si traspongono socialità, affetti e alleanze, ma anche confini, conflitti e fratture per l’affermazione del potere. Molti paesi si stanno attrezzando individuando obiettivi e definendo strategie. Molti, ma non tutti. La stessa Europa e in ritardo. Così come l’Italia. Per governare questo scenario complesso, è necessario uno sforzo comune al fine di individuare nuove fonti di vantaggio competitivo e generare maggiore crescita attraverso le opportunità della digitalizzazione, senza subirne passivamente gli effetti. L’accelerazione della storia determinata dall’emergenza sanitaria rappresenta un'incredibile opportunità per ripensare ai modelli di gestione finora utilizzati e per riorientare le politiche d’intervento affinché il progresso e il cambiamento possano comportare benefici e vantaggi concreti, mitigando i potenziali effetti distorsivi che al progresso sono correlati. Occorre rivoluzionare l’approccio consolidato, sradicando prassi obsolete, ripensando radicalmente processi, risorse e strumenti. Per gestire al meglio il cambiamento, mitigare le minacce e gestire gli inevitabili conflitti, sono necessarie regole informate dalle migliori pratiche e armonizzate a scala globale. Si auspica, pertanto, una governance matura e consapevole, che sappia per tempo scegliere opzioni efficaci sulla base di valori condivisi, che abbia il coraggio cambiare e che se ne assuma tutta la responsabilità. Comprendere la relazione tra geopolitica e innovazione è fondamentale per provare a decifrare i futuri orientamenti delle relazioni politiche e sociali e predisporre gli investimenti necessari ed auspicabili per “sopravvivere” nella competizione globale. Interpretare i processi che, modificando rapidamente gli assetti pregressi, regolano le relazioni geopolitiche in termini sistemici, non solo è utile, bensì indispensabile alla corretta lettura della complessità contemporanea. Tuttavia, ciò che la velocità esponenziale dei mutamenti tecnologici insegna è la necessità di assumere iniziative ed adottare politiche in grado di consentire al sistema paese di restare saldamente ancorato alle dinamiche che la catena funzionale dell’innovazione pone in essere, adeguando infrastrutture di supporto e organizzando territori e capitale umano in virtuosa sintonia con il progresso tecnologico. Non si tratta, unicamente, di sostenere il processo capitalistico di rimodulazione degli apparati produttivi, bensì di assumere un atteggiamento, esso stesso propositivo, di carattere culturale “science-oriented”, pur sempre intriso di consapevole umanesimo attivo. L’interrogativo a cui questo lavoro vorrebbe dare risposta interferisce con l’analisi dello “stato dell’arte” intorno alle politiche di produzione e distribuzione dell’innovazione, in rapporto alle modalità con le quali i decision maker contemporanei, pubblici e privati, svolgono il proprio ruolo. Prospettando singole geografie, specifici modelli di territorialità resiliente, interpretando, programmando e realizzando, gli interventi indispensabili a sostenere le sfide imposte dagli innovativi orizzonti del mondo “nuovo” disegnato dall’incessante divenire del progresso scientifico contemporaneo.

Connessioni. Spazi e territori dell’innovazione / LA FORESTA, Daniela. - (2020), pp. 5-160.

Connessioni. Spazi e territori dell’innovazione

daniela la foresta
Primo
2020

Abstract

Il momento di rottura con il passato, quello che ha segnato il passaggio all’era del digitale e delle intelligenze artificiali, può essere collocato nel 2016 quando il campione del mondo di Go, un antico gioco da tavolo immensamente più complesso degli scacchi, è stato battuto da un algoritmo di intelligenza artificiale. Anni, o forse decadi prima di quanto gli esperti non si aspettassero. La rapidità degli accadimenti è infatti uno degli elementi più rivoluzionari dell’epoca digitale. La transizione dalle grandi scimmie antropomorfe ai nostri antenati capaci di formulare pensieri astratti e complessi, di stratificare informazioni e di incrementare tecnologie sempre più efficienti, risale solo a pochi milioni di anni fa. Da allora, il processo di innovazione ed il correlato incremento della ricchezza è proseguito ininterrottamente, assumendo negli ultimi anni l’andamento di crescita esponenziale di cui siamo testimoni (Bostrom, 2018). A titolo esemplificativo basti pensare che la capacità produttiva necessaria a sostenere un milione di individui al livello di sussistenza, che in epoca preistorica si raggiungeva in un milione di anni, si realizza oggi ogni novanta minuti. La velocità della innovazione è misurabile attraverso la capacità del sistema sociale di inglobarla e trasferirla in tutte le funzioni sociali in modo da massimizzarne i vantaggi nei contesti in cui i processi innovativi si innestano. Il ruolo del territorio è inevitabilmente centrale sia quando la stratificazione culturale, le preesistenze produttive e le riforme infrastrutturali realizzano innovazione e ne operano il trasferimento locale, sia quando appropriate politiche vengono concepite per realizzare condizioni insediative in grado di attrarre localizzazione di ricerca, sperimentazione e trasferimento tecnologico ad elevato impatto. La dirompenza della quarta rivoluzione industriale e la inusuale compenetrazione tra mondo fisico digitale e biologico, stanno cancellando le strutture socio economiche del secolo scorso definendo nuovi modelli relazionali, innovative forme di partecipazione politica, di governance, di produzione, transazione e consumo. L’immaterialità della società digitale afferma il valore dei flussi finanziari, informativi e tecnologici, rispetto a più tangibili e tradizionali elementi, quali l’accesso al mare o alle risorse strategiche; allo stesso tempo le antiche e consolidate categorie dell’ordine e disordine, di spazio e tempo fanno posto a logiche interpretative più flessibili e adatte a decifrare un presente instabile e contraddittorio, caratterizzato da processi più che da stratificazioni. A fronte di tali sfide, complesse quanto imprevedibili, gli attori tradizionali restano disorientati nella ricerca di un rinnovato ruolo geopolitico e di più efficienti assetti economici; si dibattono, pertanto, tra alternative deludenti, dando forza a figure autocratiche e contribuendo ad aumentare la forza attrattiva di ideali e riferimenti culturali negativi che, soprattutto nell’emisfero occidentale, sembravano definitivamente tramontati (Inglehart e Norris, 2019). Nuove potenze e più dinamiche forze diversamente distribuite, competono nell’occupare i presidi trascurati dagli Stati e contribuiscono a disegnare una rinnovata geografia del potere affermatasi in seguito alla ridefinizione degli asset competitivi. Gli effetti sono evidenti anche sulla distribuzione della produzione e del lavoro che contrappone economie mature, e meno reattive, ed economie emergenti, più flessibili e abili nell’intercettare trend globali e nell’ottimizzare il fattore tempo e la capacità di investire in innovazione. Altrettanto rivoluzionaria è l’affermarsi di inediti modelli localizzativi e di agglomerazione che impongono la revisione degli assetti demografici e della distribuzione delle attività correlate all’antropizzazione: la concentrazione spaziale dell’innovazione genera nuovi processi di gentrificazione allontanando dai centri geografici settori e classi sociali più deboli sostituiti da aziende e lavoratori ricchi e benestanti. All’autorità statuale tradizionalmente intesa si è, inoltre, affiancata quello dei giganti delle tecnologie che, attraverso il governo sul mercato dei dati e delle merci online, possono imporre scelte ed orientare comportamenti, con effetti potenzialmente dirompenti sull’economia e la società. La traiettoria evolutiva dello sviluppo è guidata dalla infrastrutturazione dello spazio: il compiuto dispiegarsi degli effetti connessi alla rivoluzione digitale richiede un sistema infrastrutturale di trasmissione dei dati denso e capillare, efficiente e con un ridotto livello di latenza. Per mantenere un buon livello di competitività e non rischiare di trovarsi dal lato sbagliato del digital divide, gli Stati devono avviare una significativa e costosa revisione delle infrastrutture esistenti, realizzando investimenti fondati su politiche efficaci e una regolamentazione chiara ed univoca. Le infrastrutture virtuali, i dati digitali e la rapida evoluzione delle tecnologie, stanno forzando una riflessione sul ruolo della geografia nello spazio competitivo dei territori. Siamo appena all’inizio di una nuova era nella quale le tradizionali dimensioni con le quali è stato interpretato il mondo sono sottoposte ad una transizione e ad un allargamento del portato semantico la cui reale dimensione non appare ancora in tutta la sua potenziale dirompenza. Nel mondo digitale, al tempo stesso ponte e muro, come ci ricorda il filosofo camerunense Achille Mbembe, si traspongono socialità, affetti e alleanze, ma anche confini, conflitti e fratture per l’affermazione del potere. Molti paesi si stanno attrezzando individuando obiettivi e definendo strategie. Molti, ma non tutti. La stessa Europa e in ritardo. Così come l’Italia. Per governare questo scenario complesso, è necessario uno sforzo comune al fine di individuare nuove fonti di vantaggio competitivo e generare maggiore crescita attraverso le opportunità della digitalizzazione, senza subirne passivamente gli effetti. L’accelerazione della storia determinata dall’emergenza sanitaria rappresenta un'incredibile opportunità per ripensare ai modelli di gestione finora utilizzati e per riorientare le politiche d’intervento affinché il progresso e il cambiamento possano comportare benefici e vantaggi concreti, mitigando i potenziali effetti distorsivi che al progresso sono correlati. Occorre rivoluzionare l’approccio consolidato, sradicando prassi obsolete, ripensando radicalmente processi, risorse e strumenti. Per gestire al meglio il cambiamento, mitigare le minacce e gestire gli inevitabili conflitti, sono necessarie regole informate dalle migliori pratiche e armonizzate a scala globale. Si auspica, pertanto, una governance matura e consapevole, che sappia per tempo scegliere opzioni efficaci sulla base di valori condivisi, che abbia il coraggio cambiare e che se ne assuma tutta la responsabilità. Comprendere la relazione tra geopolitica e innovazione è fondamentale per provare a decifrare i futuri orientamenti delle relazioni politiche e sociali e predisporre gli investimenti necessari ed auspicabili per “sopravvivere” nella competizione globale. Interpretare i processi che, modificando rapidamente gli assetti pregressi, regolano le relazioni geopolitiche in termini sistemici, non solo è utile, bensì indispensabile alla corretta lettura della complessità contemporanea. Tuttavia, ciò che la velocità esponenziale dei mutamenti tecnologici insegna è la necessità di assumere iniziative ed adottare politiche in grado di consentire al sistema paese di restare saldamente ancorato alle dinamiche che la catena funzionale dell’innovazione pone in essere, adeguando infrastrutture di supporto e organizzando territori e capitale umano in virtuosa sintonia con il progresso tecnologico. Non si tratta, unicamente, di sostenere il processo capitalistico di rimodulazione degli apparati produttivi, bensì di assumere un atteggiamento, esso stesso propositivo, di carattere culturale “science-oriented”, pur sempre intriso di consapevole umanesimo attivo. L’interrogativo a cui questo lavoro vorrebbe dare risposta interferisce con l’analisi dello “stato dell’arte” intorno alle politiche di produzione e distribuzione dell’innovazione, in rapporto alle modalità con le quali i decision maker contemporanei, pubblici e privati, svolgono il proprio ruolo. Prospettando singole geografie, specifici modelli di territorialità resiliente, interpretando, programmando e realizzando, gli interventi indispensabili a sostenere le sfide imposte dagli innovativi orizzonti del mondo “nuovo” disegnato dall’incessante divenire del progresso scientifico contemporaneo.
2020
978-88-9391-888-6
Connessioni. Spazi e territori dell’innovazione / LA FORESTA, Daniela. - (2020), pp. 5-160.
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