A fronte dei grandi cambiamenti dello spazio urbano con particolare riferimento ai meccanismi di trasformazione e crescita della città nel territorio, le politiche urbanistiche ed ambientali per le città necessitano anch'esse di un momento di riflessione critica, essendo stati messi in discussione i paradigmi che avevamo indirizzato la trasformazione e la crescita urbana. La ricerca di un nuovo equilibrio tra la disponibilità e l’uso delle risorse ambientali e le prospettive di crescita fisiologica della città, suggerisce la possibilità di introdurre nel controllo dei meccanismi di crescita e trasformazione del tessuto urbano dei dispositivi formativi che contengano decisamente il consumo di suolo, non solo dei suoli periurbani o agricoli, ma anche suoli inedificati interni alla città o di quelli edificati, occupati da edifici ormai in dismessi. In quest’ultimo caso entra in gioco la questione della durata di un edificio è fondamentale per operare scelte coerenti dal punto di vista ambientale: nella maggior parte dei casi i manufatti sono pensati per durare nel tempo, e la loro vita finisce spesso più che per il deperimento o per la dismissione degli elementi costruttivi che lo compongono, per il mutare delle condizioni di necessità che ne hanno garantito l’uso o per il trasformarsi delle condizioni antropologiche, sociali ed urbane a contorno. Un edificio, che per sua natura comporta un consumo di suolo, di materie prime e di energia, sopravvive ad i suoi ideatori, ai suoi fruitori, alle condizioni storiche e sociali che ne hanno determinato la costruzione. La durata di un edificio, più o meno lunga a seconda dell'attenzione manutentiva ripostagli, risponde, in ogni caso, a tempi più lunghi rispetto alla velocità con cui si evolvono le città contemporanee. Lo scarto temporale tra le dinamiche sociali che determinano la domanda di architettura ed il “tempo lungo” della vita di un edificio, implica una riflessione sul tema del riuso e della dismissione dell’architettura, in un’ottica che si potrebbe definire di “rottamazione del costruito”. Negli ultimi decenni le città si sono trasformate e sono cresciute a dismisura, prefigurando scenari di sviluppo che nel corso degli anni sono mutati profondamente, spesso esaurendo la funzione urbana di intere parti di città, lasciandosi alle spalle i “resti” di architetture appartenenti a processi di sviluppo ormai superati. Di fronte a tutto questo è naturale chiedersi se è proprio necessario conservare tutto e se no, cosa fare di quello che resta.

Il vuoto come occasione di sviluppo della città contemporanea / Giammetti, Mariateresa. - In: URBANISTICA INFORMAZIONI. - ISSN 0392-5005. - (2013), pp. 119-121. (Intervento presentato al convegno Il governo della città nella contemporaneità. La città come motore di sviluppo. Atti del XXVIII Congresso INU tenutosi a Roma nel Maggio 2013).

Il vuoto come occasione di sviluppo della città contemporanea

Mariateresa Giammetti
2013

Abstract

A fronte dei grandi cambiamenti dello spazio urbano con particolare riferimento ai meccanismi di trasformazione e crescita della città nel territorio, le politiche urbanistiche ed ambientali per le città necessitano anch'esse di un momento di riflessione critica, essendo stati messi in discussione i paradigmi che avevamo indirizzato la trasformazione e la crescita urbana. La ricerca di un nuovo equilibrio tra la disponibilità e l’uso delle risorse ambientali e le prospettive di crescita fisiologica della città, suggerisce la possibilità di introdurre nel controllo dei meccanismi di crescita e trasformazione del tessuto urbano dei dispositivi formativi che contengano decisamente il consumo di suolo, non solo dei suoli periurbani o agricoli, ma anche suoli inedificati interni alla città o di quelli edificati, occupati da edifici ormai in dismessi. In quest’ultimo caso entra in gioco la questione della durata di un edificio è fondamentale per operare scelte coerenti dal punto di vista ambientale: nella maggior parte dei casi i manufatti sono pensati per durare nel tempo, e la loro vita finisce spesso più che per il deperimento o per la dismissione degli elementi costruttivi che lo compongono, per il mutare delle condizioni di necessità che ne hanno garantito l’uso o per il trasformarsi delle condizioni antropologiche, sociali ed urbane a contorno. Un edificio, che per sua natura comporta un consumo di suolo, di materie prime e di energia, sopravvive ad i suoi ideatori, ai suoi fruitori, alle condizioni storiche e sociali che ne hanno determinato la costruzione. La durata di un edificio, più o meno lunga a seconda dell'attenzione manutentiva ripostagli, risponde, in ogni caso, a tempi più lunghi rispetto alla velocità con cui si evolvono le città contemporanee. Lo scarto temporale tra le dinamiche sociali che determinano la domanda di architettura ed il “tempo lungo” della vita di un edificio, implica una riflessione sul tema del riuso e della dismissione dell’architettura, in un’ottica che si potrebbe definire di “rottamazione del costruito”. Negli ultimi decenni le città si sono trasformate e sono cresciute a dismisura, prefigurando scenari di sviluppo che nel corso degli anni sono mutati profondamente, spesso esaurendo la funzione urbana di intere parti di città, lasciandosi alle spalle i “resti” di architetture appartenenti a processi di sviluppo ormai superati. Di fronte a tutto questo è naturale chiedersi se è proprio necessario conservare tutto e se no, cosa fare di quello che resta.
2013
9788876030949
Il vuoto come occasione di sviluppo della città contemporanea / Giammetti, Mariateresa. - In: URBANISTICA INFORMAZIONI. - ISSN 0392-5005. - (2013), pp. 119-121. (Intervento presentato al convegno Il governo della città nella contemporaneità. La città come motore di sviluppo. Atti del XXVIII Congresso INU tenutosi a Roma nel Maggio 2013).
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