Il lavoro giornalistico per la sua “specialità” è da sempre connotato dalla difficoltà individuare con certezza i criteri distintivi di una prestazione svolta in regime di subordinazione, di autonomia o di collaborazione coordinata e continuativa. Una difficoltà interpretativa che ha recentemente indotto il legislatore ad intervenire sulla materia, da sempre lasciata al controllo preventivo della contrattazione collettiva e al vaglio finale della giurisprudenza. Sta di fatto che con la con la legge n. 233 del 31 dicembre 2012 è stata introdotta la disciplina del cosiddetto “equo compenso”, che sembrerebbe (secondo la lettera dell’art. 1) estendere l’ambito di applicazione dell’art. 36 Cost. anche oltre l’area della subordinazione a lavoratori giornalisti ‘titolari di un rapporto di lavoro non subordinato’. Tra perplessità interpretative in merito all’estensione applicativa dell’art. 36 Cost. e un dibattito ancora aperto (nel nostro Paese) sul salario minimo, prima il Tar e poi la Corte dei Conti hanno accolto le censure promosse dal Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, fortemente avverso alla disciplina legale. Sta di fatto che, a fronte della descritta confusione normativa e dinanzi ad una magistratura da anni affannata alla ricerca di parametri retributivi effettivamente equi e aggiornati, i giornalisti si trovano in una condizione di grave difficoltà, essendo ancora in attesa dell’emanazione di un tariffario o di un qualunque legittimo meccanismo di calcolo dei compensi minimi, che possa garantire a tutti gli iscritti all’Ordine una retribuzione dignitosa e coerente alla quantità e qualità di lavoro svolto.
Lavoro giornalistico ed equo (s)compenso / Avondola, A.. - In: DIRITTI LAVORI MERCATI. - ISSN 1722-7666. - 2:(2017), pp. 369-390.
Lavoro giornalistico ed equo (s)compenso.
A. Avondola
2017
Abstract
Il lavoro giornalistico per la sua “specialità” è da sempre connotato dalla difficoltà individuare con certezza i criteri distintivi di una prestazione svolta in regime di subordinazione, di autonomia o di collaborazione coordinata e continuativa. Una difficoltà interpretativa che ha recentemente indotto il legislatore ad intervenire sulla materia, da sempre lasciata al controllo preventivo della contrattazione collettiva e al vaglio finale della giurisprudenza. Sta di fatto che con la con la legge n. 233 del 31 dicembre 2012 è stata introdotta la disciplina del cosiddetto “equo compenso”, che sembrerebbe (secondo la lettera dell’art. 1) estendere l’ambito di applicazione dell’art. 36 Cost. anche oltre l’area della subordinazione a lavoratori giornalisti ‘titolari di un rapporto di lavoro non subordinato’. Tra perplessità interpretative in merito all’estensione applicativa dell’art. 36 Cost. e un dibattito ancora aperto (nel nostro Paese) sul salario minimo, prima il Tar e poi la Corte dei Conti hanno accolto le censure promosse dal Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, fortemente avverso alla disciplina legale. Sta di fatto che, a fronte della descritta confusione normativa e dinanzi ad una magistratura da anni affannata alla ricerca di parametri retributivi effettivamente equi e aggiornati, i giornalisti si trovano in una condizione di grave difficoltà, essendo ancora in attesa dell’emanazione di un tariffario o di un qualunque legittimo meccanismo di calcolo dei compensi minimi, che possa garantire a tutti gli iscritti all’Ordine una retribuzione dignitosa e coerente alla quantità e qualità di lavoro svolto.File | Dimensione | Formato | |
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