La basilica di San Giorgio Maggiore a Napoli, fondata dal vescovo Severo (c. 362-408), ha svolto un ruolo di spicco nella vita cittadina durante il Medioevo. Seppur modificato nel tempo, l’edificio aveva preservato la facies medievale fino al 1640, quando in seguito a danni causati da un incendio se ne decise la ricostruzione con un orientamento inverso a quello originario. Il progetto rimase però incompleto, lasciando in piedi l’abside tardoantica della chiesa preesistente. Destinata alla demolizione nell’ambito dei lavori di risanamento del centro storico di Napoli, avviati dopo l’Unità d’Italia nel 1861, l’abside fu preservata grazie all’intervento della Commissione municipale per la conservazione dei monumenti ed è oggi adibita a ingresso. Con l’aiuto di fonti testuali, materiali e visive, quest’articolo riscostruisce l’aspetto dell’edificio scomparso e ne indaga il significato nella storia cittadina. La prima parte è dedicata alla basilica in età tardoantica. La fondazione per opera di Severo è analizzata nel più generale contesto della topografia urbana di Napoli tra IV e VI secolo. L’unico frammento superstite della chiesa preesistente, raro esempio di abside traforata da archi, solleva ancora numerosi interrogativi. In mancanza di un accurato rilievo delle murature antiche non è possibile stabilire la cronologia esatta del manufatto e confermare la tradizionale attribuzione al vescovo Severo. Sia lo stile dei pulvini, sia l’uso del triforio absidale, che non poteva aprirsi su un deambulatorio come si evince da dettagli archeologici mai osservati prima, rimandano a esempi più tardi di architettura paleocristiana, di fine V-inizio VI secolo. L’abside era decorata da un mosaico descritto nei Gesta episcoporum Neapolitanorum del IX secolo e se ne propone qui una nuova interpretazione iconografica. Nella seconda parte si esaminano le vicende storiche della basilica tra IX e XIV secolo. Governata da una congregazione sacerdotale facente capo al Capitolo metropolitano di Napoli, la chiesa fu sede di un ospedale, di un monastero e di importanti istituzioni laiche e civili. Particolare attenzione è prestata alle reliquie del vescovo fondatore, traslate nella basilica sin dal IX secolo e riallestite nel 1310 dall’arcivescovo Umberto d’Ormont. L’urna marmorea – rimessa in luce da una ricognizione nel 1991 insieme con altri reperti, tra cui un telo ricamato del XIII secolo molto ben conservato –, era inserita in un altare dotato di due fenestellas connfessionis e di un ciborio marmoreo innalzato da D’Ormont, descritto prima della demolizione nel 1600 circa secolo e assimilabile alla tipologia dei cibori romani di Arnolfo di Cambio. Infine si ricostruisce l’aspetto della basilica medievale in base a fonti di prima età moderna. Suddivisa in tre navate da colonne di spoglio, la metà delle quali inserite in pilastri di rinforzo, era dotata di un quadriportico e di un transetto, forse eretto in epoca successiva, che era raccordato all’abside mediante una grande arcata retta da colonne come in altri edifici paleocristiani a Napoli (Santa Restituta; San Gennaro extra Moenia). Anche la torre campanaria, certamente più tarda, corrispondeva a una tipologia consueta in città: costruita in laterizio, poggiava su un’arcata nobilitata da elementi di reimpiego e terminava con un alto coronamento piramidale, come nel superstite campanile della Pietrasanta. Alcuni materiali della chiesa preesistente furono riutilizzati in altre fabbriche e qui si rintracciano ventidue delle trentadue colonne di spoglio elencate negli Atti di una visita pastorale del 1580, riadoperate sia nella chiesa (nell’odierno altare di San Severo), sia in altri edifici della città (atrio e coro di Santa Maria degli Angeli alle Croci; altare di Santa Maria del Purgatorio ad Arco).

Alla ricerca di un Medioevo perduto. La basilica di San Giorgio Maggiore a Napoli (IV-XVII secolo) / D'Ovidio, Stefano. - In: CONVIVIUM. - ISSN 2336-3452. - III, 2:2(2016), pp. 48-67. [10.1484/J.CONVI.4.000014]

Alla ricerca di un Medioevo perduto. La basilica di San Giorgio Maggiore a Napoli (IV-XVII secolo)

Stefano D'Ovidio
2016

Abstract

La basilica di San Giorgio Maggiore a Napoli, fondata dal vescovo Severo (c. 362-408), ha svolto un ruolo di spicco nella vita cittadina durante il Medioevo. Seppur modificato nel tempo, l’edificio aveva preservato la facies medievale fino al 1640, quando in seguito a danni causati da un incendio se ne decise la ricostruzione con un orientamento inverso a quello originario. Il progetto rimase però incompleto, lasciando in piedi l’abside tardoantica della chiesa preesistente. Destinata alla demolizione nell’ambito dei lavori di risanamento del centro storico di Napoli, avviati dopo l’Unità d’Italia nel 1861, l’abside fu preservata grazie all’intervento della Commissione municipale per la conservazione dei monumenti ed è oggi adibita a ingresso. Con l’aiuto di fonti testuali, materiali e visive, quest’articolo riscostruisce l’aspetto dell’edificio scomparso e ne indaga il significato nella storia cittadina. La prima parte è dedicata alla basilica in età tardoantica. La fondazione per opera di Severo è analizzata nel più generale contesto della topografia urbana di Napoli tra IV e VI secolo. L’unico frammento superstite della chiesa preesistente, raro esempio di abside traforata da archi, solleva ancora numerosi interrogativi. In mancanza di un accurato rilievo delle murature antiche non è possibile stabilire la cronologia esatta del manufatto e confermare la tradizionale attribuzione al vescovo Severo. Sia lo stile dei pulvini, sia l’uso del triforio absidale, che non poteva aprirsi su un deambulatorio come si evince da dettagli archeologici mai osservati prima, rimandano a esempi più tardi di architettura paleocristiana, di fine V-inizio VI secolo. L’abside era decorata da un mosaico descritto nei Gesta episcoporum Neapolitanorum del IX secolo e se ne propone qui una nuova interpretazione iconografica. Nella seconda parte si esaminano le vicende storiche della basilica tra IX e XIV secolo. Governata da una congregazione sacerdotale facente capo al Capitolo metropolitano di Napoli, la chiesa fu sede di un ospedale, di un monastero e di importanti istituzioni laiche e civili. Particolare attenzione è prestata alle reliquie del vescovo fondatore, traslate nella basilica sin dal IX secolo e riallestite nel 1310 dall’arcivescovo Umberto d’Ormont. L’urna marmorea – rimessa in luce da una ricognizione nel 1991 insieme con altri reperti, tra cui un telo ricamato del XIII secolo molto ben conservato –, era inserita in un altare dotato di due fenestellas connfessionis e di un ciborio marmoreo innalzato da D’Ormont, descritto prima della demolizione nel 1600 circa secolo e assimilabile alla tipologia dei cibori romani di Arnolfo di Cambio. Infine si ricostruisce l’aspetto della basilica medievale in base a fonti di prima età moderna. Suddivisa in tre navate da colonne di spoglio, la metà delle quali inserite in pilastri di rinforzo, era dotata di un quadriportico e di un transetto, forse eretto in epoca successiva, che era raccordato all’abside mediante una grande arcata retta da colonne come in altri edifici paleocristiani a Napoli (Santa Restituta; San Gennaro extra Moenia). Anche la torre campanaria, certamente più tarda, corrispondeva a una tipologia consueta in città: costruita in laterizio, poggiava su un’arcata nobilitata da elementi di reimpiego e terminava con un alto coronamento piramidale, come nel superstite campanile della Pietrasanta. Alcuni materiali della chiesa preesistente furono riutilizzati in altre fabbriche e qui si rintracciano ventidue delle trentadue colonne di spoglio elencate negli Atti di una visita pastorale del 1580, riadoperate sia nella chiesa (nell’odierno altare di San Severo), sia in altri edifici della città (atrio e coro di Santa Maria degli Angeli alle Croci; altare di Santa Maria del Purgatorio ad Arco).
2016
Alla ricerca di un Medioevo perduto. La basilica di San Giorgio Maggiore a Napoli (IV-XVII secolo) / D'Ovidio, Stefano. - In: CONVIVIUM. - ISSN 2336-3452. - III, 2:2(2016), pp. 48-67. [10.1484/J.CONVI.4.000014]
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/699984
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