Negli ultimi anni, lo sviluppo delle ricerche sul genoma umano ha reso disponibili conoscenze teoriche e tecniche, utili alla diagnosi, prevenzione e terapia di numerose malattie genetiche. L'avanzare di queste conoscenze ha portato allo sviluppo di un crescente numero di test che hanno lo scopo di diagnosticare il rischio di malattie in fase prenatale, neonatale e postnatale, in soggetti sintomatici e/o non ancora sintomatici nonché di predirne la trasmissione alla progenie. Ad oggi le più accreditate linee guida in materia (Linee guida per le attività di genetica medica, 2004), prevedono che tali test vengano eseguiti solo ed esclusivamente all'interno di un più ampio percorso di consulenza e di presa in carico del probando e della sua famiglia (Kessler, 2001; Farkas-Patenude, Guttmacher, Collins, 2002; Lerman, Croyle,Tercyak, Hamann, 2002, Zinzi, 2004). In particolare, nell'ambito della genetica medica, con riferimento all'area pediatrica, la relazione medico/paziente e, quindi, i processi di comunicazione implicati, assumono configurazioni peculiari che, pur differenziandosi in ragione delle fasi del percorso diagnostico-terapeutico e dei singoli quadri clinici, si caratterizzano per alcune dinamiche trasversali. Si tratta, infatti, di una relazione sanitaria che: a) coinvolge in ogni caso la globalità di una famiglia la quale viene implicata nel processo diagnostico trasversalmente ai suoi legami intergenerazionali e transgenerazionali. Di conseguenza, il lavoro del medico genetista, al di là dell'interlocutore presente nel dialogo, si rivolge anche ad un numero imprecisato di assenti appartenenti al medesimo albero genealogico (Saviolo-Negrin, Cusinato, 1998; Jacopini, 2000, Erba, 2007); b) si fonda su di uno stretto binomio tra assistenza clinica e ricerca che nello stadio attuale della conoscenza, si declina in un gap tra competenze diagnostiche e prospettive terapeutiche (Santosuosso, 1999; Latiner, 2007). Una relazione sanitaria in cui il legame tra medico e paziente viene garantito dalla possibilità di collocare nella ricerca la speranza di guarigione e che, dunque, si confronta costantemente con la complessità del rapporto tra bene individuale e sviluppo collettivo; c) attribuisce particolare rilevanza agli aspetti informativi, sia perchè, in molti casi,più disponibili rispetto a prescrizioni terapeutiche, sia perchè necessari a sostenere l'autonomia decisionale del malato/probando e della sua famiglia. Si viene a configurare, pertanto, una difficile dinamica tra funzioni direttive e funzioni volte a mettere l'interlocutore in grado di assumere in modo consapevole la responsabilità delle proprie scelte in campi delicati come, per esempio, quello della riproduzione e della partecipazione a protocolli terapeutici sperimentali (Kessler, 1979, 1997; White, 1997; Ormond et al., 2000; Carrozzo, 2004). Sulla base di diverse esperienze maturate negli ultimi anni, in vari contesti sanitari e attraverso la collaborazione con medici genetisti e pediatri, il simposio intende discutere le specifiche problematiche comunicative che si generano in questo ambito e proporre alcune ipotesi di costruzione del setting dell'intervento psicologico. Un intervento psicologico che, attraverso il ricorso a diversi dispositivi di lavoro congiunto, quali il gruppo interdisciplinare, la presenza congiunta in fase diagnostica, il sostegno alle famiglie è volto ad assumere una funzione integrativa di supporto al processo comunicativo e alla relazione sanitaria.
La comunicazione in genetica medica: ipotesi di lavoro congiunto medico–psicologo / Valerio, Paolo; Adamo, Smg; Freda, MARIA FRANCESCA; Auricchio, Maria; Coppola, C.; De Falco, R.; Dice', Francesca; Gleijeses, MARIA GLORIA; Santamaria, Fabiana; Zaccaro, Antonella. - (2009). (Intervento presentato al convegno Conferenza sulla Comunicazione per la Salute tenutosi a Università degli Studi di MIlano nel 27-29/11/2009).
La comunicazione in genetica medica: ipotesi di lavoro congiunto medico–psicologo
VALERIO, PAOLO;FREDA, MARIA FRANCESCA;AURICCHIO, MARIA;DICE', FRANCESCA;GLEIJESES, MARIA GLORIA;SANTAMARIA, FABIANA;ZACCARO, ANTONELLA
2009
Abstract
Negli ultimi anni, lo sviluppo delle ricerche sul genoma umano ha reso disponibili conoscenze teoriche e tecniche, utili alla diagnosi, prevenzione e terapia di numerose malattie genetiche. L'avanzare di queste conoscenze ha portato allo sviluppo di un crescente numero di test che hanno lo scopo di diagnosticare il rischio di malattie in fase prenatale, neonatale e postnatale, in soggetti sintomatici e/o non ancora sintomatici nonché di predirne la trasmissione alla progenie. Ad oggi le più accreditate linee guida in materia (Linee guida per le attività di genetica medica, 2004), prevedono che tali test vengano eseguiti solo ed esclusivamente all'interno di un più ampio percorso di consulenza e di presa in carico del probando e della sua famiglia (Kessler, 2001; Farkas-Patenude, Guttmacher, Collins, 2002; Lerman, Croyle,Tercyak, Hamann, 2002, Zinzi, 2004). In particolare, nell'ambito della genetica medica, con riferimento all'area pediatrica, la relazione medico/paziente e, quindi, i processi di comunicazione implicati, assumono configurazioni peculiari che, pur differenziandosi in ragione delle fasi del percorso diagnostico-terapeutico e dei singoli quadri clinici, si caratterizzano per alcune dinamiche trasversali. Si tratta, infatti, di una relazione sanitaria che: a) coinvolge in ogni caso la globalità di una famiglia la quale viene implicata nel processo diagnostico trasversalmente ai suoi legami intergenerazionali e transgenerazionali. Di conseguenza, il lavoro del medico genetista, al di là dell'interlocutore presente nel dialogo, si rivolge anche ad un numero imprecisato di assenti appartenenti al medesimo albero genealogico (Saviolo-Negrin, Cusinato, 1998; Jacopini, 2000, Erba, 2007); b) si fonda su di uno stretto binomio tra assistenza clinica e ricerca che nello stadio attuale della conoscenza, si declina in un gap tra competenze diagnostiche e prospettive terapeutiche (Santosuosso, 1999; Latiner, 2007). Una relazione sanitaria in cui il legame tra medico e paziente viene garantito dalla possibilità di collocare nella ricerca la speranza di guarigione e che, dunque, si confronta costantemente con la complessità del rapporto tra bene individuale e sviluppo collettivo; c) attribuisce particolare rilevanza agli aspetti informativi, sia perchè, in molti casi,più disponibili rispetto a prescrizioni terapeutiche, sia perchè necessari a sostenere l'autonomia decisionale del malato/probando e della sua famiglia. Si viene a configurare, pertanto, una difficile dinamica tra funzioni direttive e funzioni volte a mettere l'interlocutore in grado di assumere in modo consapevole la responsabilità delle proprie scelte in campi delicati come, per esempio, quello della riproduzione e della partecipazione a protocolli terapeutici sperimentali (Kessler, 1979, 1997; White, 1997; Ormond et al., 2000; Carrozzo, 2004). Sulla base di diverse esperienze maturate negli ultimi anni, in vari contesti sanitari e attraverso la collaborazione con medici genetisti e pediatri, il simposio intende discutere le specifiche problematiche comunicative che si generano in questo ambito e proporre alcune ipotesi di costruzione del setting dell'intervento psicologico. Un intervento psicologico che, attraverso il ricorso a diversi dispositivi di lavoro congiunto, quali il gruppo interdisciplinare, la presenza congiunta in fase diagnostica, il sostegno alle famiglie è volto ad assumere una funzione integrativa di supporto al processo comunicativo e alla relazione sanitaria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.