La figura del giudice di pace inglese ha origini medievali: già a partire dalla fine del XII secolo furono affidati ai custodes pacis compiti amministrativi e di polizia al fine di coadiuvare gli sceriffi delle contee nel mantenimento dell’ordine e della sicurezza. I custodes pacis erano investiti di poteri di cattura e rilascio dei soggetti che avessero attentato alla sicurezza e all’ordine della contea: proprio questi poteri, presupponendo una funzione di accertamento della pericolosità dei soggetti, comportarono un ampliamento nel tempo dell’attività di indagine e repressione che avrebbe favorito il passaggio dei custodes pacis dalla sfera di “polizia” a quella più propriamente giudiziaria. L’assegnazione da parte della legislazione statutaria di una specifica competenza in materia di disciplina del lavoro, unita alla contemporanea decadenza della figura dello sceriffo, implicò l’assegnazione ai giudici di pace di poteri giurisdizionali. Ma le competenze dei giudici di pace non concernevano soltanto l’esercizio della giurisdizione penale locale: a partire dal XVI secolo furono affidati a tali magistrati ulteriori incombenze di carattere amministrativo e, con i Marion Statutes (1554 e 1555), compiti di polizia e istruttori. L’introduzione del giudice di pace in Francia costituì uno dei frutti dell’ideologia della Rivoluzione: fu la legge rivoluzionaria del 16-24 agosto 1790 a sancire l’istituzione del Juge de paix sull’esempio dei giudici pacificatori olandesi da un lato, dei giudici di pace inglesi dall’altro. La giurisdizione dei Juges de paix, distinta da quella degli arbitri e dei giudici propriamente detti, fu presentata come una giurisdizione paterna, limitata alle cause minori in materia civile e penale, semplificata nelle forme e nella procedura e, dunque, rapida ed economica. Per tale ragione fu assegnato ai giudici di pace un potere di conciliazione, ma anche alcune prerogative relative all’esercizio di funzioni di polizia municipale e correzionale. Tale modello era destinato a essere importato in area italiana durante la dominazione francese, allorché Napoleone decise di estendere al Regno d’Italia, nel 1806, il Code de procédure civile. Il giudice di pace era competente tanto in materia criminale e correzionale, che civile. Egli era inoltre tenuto ad esperire un tentativo di conciliazione obbligatorio tra le parti prima di ogni giudizio civile. Il modello francese sarebbe stato trapiantato anche a Napoli, dove tale magistratura “popolare” sarebbe stata introdotta nel 1808. Magistrati autonomi, autorevoli e stipendiati, i giudici di pace erano dotati di un’ampia competenza tanto in materia penale che civile, operavano quali giudici di polizia e rimaneva loro affidata la funzione conciliativa. Con la Restaurazione, i Borboni vollero assimilare l’esperienza del decennio francese, ma lo fecero con alcune modifiche implicanti una “ripresa” della tradizione giudiziaria preesistente sostituendo, nel 1817, il giudice di pace della riforma bonapartista con l’istituto del conciliatore, un giudice onorario che esercitava funzioni giudiziarie soltanto nelle cause civili di scarso valore insieme a funzioni conciliative (ora facoltative). L’ordinamento italiano post-unitario recepì, nel 1865, l’istituto ferdinandeo, estendendo al territorio nazionale la figura del conciliatore e confermandone la duplice competenza contenziosa e conciliativa. Il giudice conciliatore (dizione entrata in vigore nel 1940) era destinato a rimanere in vita fino alla riforma del 1993, la quale avrebbe riportato in auge il giudice di pace, sostituendolo al conciliatore.

Il mito ricorrente del giudice di pace: dal justice of the peace inglese al giudice conciliatore post-unitario / Freda, Dolores. - In: RIVISTA DI DIRITTO CIVILE. - ISSN 0035-6093. - 5:(2016), pp. 1292-1305.

Il mito ricorrente del giudice di pace: dal justice of the peace inglese al giudice conciliatore post-unitario

FREDA, DOLORES
2016

Abstract

La figura del giudice di pace inglese ha origini medievali: già a partire dalla fine del XII secolo furono affidati ai custodes pacis compiti amministrativi e di polizia al fine di coadiuvare gli sceriffi delle contee nel mantenimento dell’ordine e della sicurezza. I custodes pacis erano investiti di poteri di cattura e rilascio dei soggetti che avessero attentato alla sicurezza e all’ordine della contea: proprio questi poteri, presupponendo una funzione di accertamento della pericolosità dei soggetti, comportarono un ampliamento nel tempo dell’attività di indagine e repressione che avrebbe favorito il passaggio dei custodes pacis dalla sfera di “polizia” a quella più propriamente giudiziaria. L’assegnazione da parte della legislazione statutaria di una specifica competenza in materia di disciplina del lavoro, unita alla contemporanea decadenza della figura dello sceriffo, implicò l’assegnazione ai giudici di pace di poteri giurisdizionali. Ma le competenze dei giudici di pace non concernevano soltanto l’esercizio della giurisdizione penale locale: a partire dal XVI secolo furono affidati a tali magistrati ulteriori incombenze di carattere amministrativo e, con i Marion Statutes (1554 e 1555), compiti di polizia e istruttori. L’introduzione del giudice di pace in Francia costituì uno dei frutti dell’ideologia della Rivoluzione: fu la legge rivoluzionaria del 16-24 agosto 1790 a sancire l’istituzione del Juge de paix sull’esempio dei giudici pacificatori olandesi da un lato, dei giudici di pace inglesi dall’altro. La giurisdizione dei Juges de paix, distinta da quella degli arbitri e dei giudici propriamente detti, fu presentata come una giurisdizione paterna, limitata alle cause minori in materia civile e penale, semplificata nelle forme e nella procedura e, dunque, rapida ed economica. Per tale ragione fu assegnato ai giudici di pace un potere di conciliazione, ma anche alcune prerogative relative all’esercizio di funzioni di polizia municipale e correzionale. Tale modello era destinato a essere importato in area italiana durante la dominazione francese, allorché Napoleone decise di estendere al Regno d’Italia, nel 1806, il Code de procédure civile. Il giudice di pace era competente tanto in materia criminale e correzionale, che civile. Egli era inoltre tenuto ad esperire un tentativo di conciliazione obbligatorio tra le parti prima di ogni giudizio civile. Il modello francese sarebbe stato trapiantato anche a Napoli, dove tale magistratura “popolare” sarebbe stata introdotta nel 1808. Magistrati autonomi, autorevoli e stipendiati, i giudici di pace erano dotati di un’ampia competenza tanto in materia penale che civile, operavano quali giudici di polizia e rimaneva loro affidata la funzione conciliativa. Con la Restaurazione, i Borboni vollero assimilare l’esperienza del decennio francese, ma lo fecero con alcune modifiche implicanti una “ripresa” della tradizione giudiziaria preesistente sostituendo, nel 1817, il giudice di pace della riforma bonapartista con l’istituto del conciliatore, un giudice onorario che esercitava funzioni giudiziarie soltanto nelle cause civili di scarso valore insieme a funzioni conciliative (ora facoltative). L’ordinamento italiano post-unitario recepì, nel 1865, l’istituto ferdinandeo, estendendo al territorio nazionale la figura del conciliatore e confermandone la duplice competenza contenziosa e conciliativa. Il giudice conciliatore (dizione entrata in vigore nel 1940) era destinato a rimanere in vita fino alla riforma del 1993, la quale avrebbe riportato in auge il giudice di pace, sostituendolo al conciliatore.
2016
Il mito ricorrente del giudice di pace: dal justice of the peace inglese al giudice conciliatore post-unitario / Freda, Dolores. - In: RIVISTA DI DIRITTO CIVILE. - ISSN 0035-6093. - 5:(2016), pp. 1292-1305.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/647725
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