Il patrimonio architettonico campano, prescindendo da quegli edifici emblematici i cui caratteri - architettonici, artistici, paesaggistici o storici - ne fanno spesso oggetto di particolare tutela, comprende un vasto patrimonio “minore” costituito da una moltitudine di costruzioni ovvero di architetture spontanee tradizionali, rappresentativa di un’espressione “colta” della produzione edilizia e dell’adattamento delle comunità umane al territorio. Infatti, le relazioni che legano le materie prime all'impiego che l'intelligenza umana ha saputo farne, per migliorare le proprie condizioni di vita e quindi per realizzare tutte le architetture tradizionali, sono testimonianza di una antica sapienza e di quella cultura del costruire che fa parte della storia tramandata, purtroppo, solo verbalmente. Solo con la manualistica dell'Ottocento, infatti, si cominciò a definire in maniera scientifica tale materia prettamente tecnico-funzionale, facendola diventare colta e quindi scientifica. Partendo, quindi, dal presupposto che l'attività edilizia si sia perpetuata nei secoli, prima del dirompente avvento del calcestruzzo armato, attraverso l'uso di materiali e tecniche "tradizionali" ovvero in stretta correlazione al territorio, al suo clima e alle sue risorse impiegabili in edilizia, ne consegue che particolarmente le architetture rurali, dettate da condizioni economiche limitate, siano espressione di organicità culturale e sostenibilità ambientale. Se si eccettuano le differenze climatiche tra la zone costiere, quelle montane e quelle di pianura, che determinano anche differenti condizioni di soleggiamento e di riflessione e diffusione della luce solare, sono stati soprattutto i materiali lapidei, le sabbie e le terre coloranti sottratti al territorio a determinare il volto delle nostre dei nostri borghi rurali così come delle città piccole e grandi. Potremmo addirittura affermare che, nei secoli, la natura geologica del suolo abbia condizionato l'aspetto esteriore e cromatico degli edifici e le risorse ambientali climatiche ne abbiamo determinato la forma ed i volumi condizionandone le masse murarie e le aperture, ma questa sarebbe una verità parziale… Le sollecitazioni di carattere culturale, molto incisive in alcuni casi (singoli edifici, paesi o intere aree territoriali), hanno apportato un plusvalore alla tecnica, inducendo l'impiego di materiali e tecniche "di importazione": ciò è avvenuto per le architetture rappresentative del potere politico e religioso così come per l'influenza puntuale di dominazioni straniere su alcuni territori e per l’emulazione di alcuni modelli architettonici simbolici. Per lungo tempo, ovvero fino a quando la velocità di circolazione di prodotti ed informazioni ha aumentato le opzioni di scelta possibili, la costruzione degli edifici in muratura è stata fortemente connessa al territorio in cui questi venivano edificati: la tradizionale attitudine a coniugare risorse disponibili, funzionalità e qualità estetica delle architetture è una prerogativa importante dei territori antropizzati e storicamente consolidati, il cui sviluppo è leggibile in chiave di coerenza ambientale e sostenibilità anche relativamente alle finiture superficiali delle costruzioni e quindi ai cromatismi artificiali ambientali che concorrono al definizione del costruito e valorizzano l’immagine paesaggistica di case sparse e borghi rurali. Oggi, un corretto atteggiamento professionale finalizzato agli interventi di adattamento funzionale delle costruzioni rurali dovrebbe comunque partire dalla conoscenza dei materiali e delle tecniche costruttive tradizionali per operare in modo consapevole, senza escludere l’innovazione tecnologica, soprattutto se in chiave di sostenibilità ambientale. Interventi spregiudicati e non rispettosi del bene culturale “architettura rurale” hanno già modificato la percezione di molti edifici e contesti paesaggistici svilendone i caratteri di identità e di riconoscibilità che, paradossalmente, se il processo dovesse continuare si perderebbero lasciando il posto ad un appiattimento dei caratteri locali e alla omologazione tipologica. Si ritiene, pertanto, imprescindibile fornire i criteri tecnico-scientifici per il recupero dell’architettura rurale che siano utili ad una nuova e più ampia visione paesaggistica dell’area nella quale gli edifici ricadono, dando valore alla natura dei terreni e della vegetazione, al controllo idrico, ai presidi tradizionali per il controllo dei dissesti idrogeologici, alle ragioni economiche ed alla cultura materiale che ha generato il paesaggio antropizzato: l’architettura rurale non può essere considerata senza lo specifico contesto rurale che la ha generata. Nell'approccio metodologico proposto il singolo manufatto rurale non è considerato quale elemento isolato, ma quale parte di uno specifico contesto paesaggistico e territoriale e in relazione sistemica con esso. Pertanto, il punto di partenza basilare dell'azione di recupero dell'architettura rurale è l'inquadramento paesaggistico e territoriale del manufatto. Attraverso la descrizione della particolare relazione che si è creata tra uomo e natura, l'inquadramento paesaggistico ha l'obiettivo di individuare quali siano, all'interno di una specifica area, i principali elementi di riconoscibilità dell'architettura rurale intesi quali elementi irrinunciabili anche in un contesto di cambiamento e trasformazione - elementi tipologici, materiali, tecnologie, tessiture, cromatismi - e, per contro, quali possano essere gli elementi di trasformabilità su cui operare per dotare gli edifici delle funzionalità necessarie al loro utilizzo anche in caso di riuso.

Criteri tecnico-scientifici per gli interventi sull'architettura ed il paesaggio rurale in Campania / Castelluccio, Roberto; Fumo, Marina. - (2015), pp. 5-6.

Criteri tecnico-scientifici per gli interventi sull'architettura ed il paesaggio rurale in Campania

CASTELLUCCIO, ROBERTO;FUMO, MARINA
2015

Abstract

Il patrimonio architettonico campano, prescindendo da quegli edifici emblematici i cui caratteri - architettonici, artistici, paesaggistici o storici - ne fanno spesso oggetto di particolare tutela, comprende un vasto patrimonio “minore” costituito da una moltitudine di costruzioni ovvero di architetture spontanee tradizionali, rappresentativa di un’espressione “colta” della produzione edilizia e dell’adattamento delle comunità umane al territorio. Infatti, le relazioni che legano le materie prime all'impiego che l'intelligenza umana ha saputo farne, per migliorare le proprie condizioni di vita e quindi per realizzare tutte le architetture tradizionali, sono testimonianza di una antica sapienza e di quella cultura del costruire che fa parte della storia tramandata, purtroppo, solo verbalmente. Solo con la manualistica dell'Ottocento, infatti, si cominciò a definire in maniera scientifica tale materia prettamente tecnico-funzionale, facendola diventare colta e quindi scientifica. Partendo, quindi, dal presupposto che l'attività edilizia si sia perpetuata nei secoli, prima del dirompente avvento del calcestruzzo armato, attraverso l'uso di materiali e tecniche "tradizionali" ovvero in stretta correlazione al territorio, al suo clima e alle sue risorse impiegabili in edilizia, ne consegue che particolarmente le architetture rurali, dettate da condizioni economiche limitate, siano espressione di organicità culturale e sostenibilità ambientale. Se si eccettuano le differenze climatiche tra la zone costiere, quelle montane e quelle di pianura, che determinano anche differenti condizioni di soleggiamento e di riflessione e diffusione della luce solare, sono stati soprattutto i materiali lapidei, le sabbie e le terre coloranti sottratti al territorio a determinare il volto delle nostre dei nostri borghi rurali così come delle città piccole e grandi. Potremmo addirittura affermare che, nei secoli, la natura geologica del suolo abbia condizionato l'aspetto esteriore e cromatico degli edifici e le risorse ambientali climatiche ne abbiamo determinato la forma ed i volumi condizionandone le masse murarie e le aperture, ma questa sarebbe una verità parziale… Le sollecitazioni di carattere culturale, molto incisive in alcuni casi (singoli edifici, paesi o intere aree territoriali), hanno apportato un plusvalore alla tecnica, inducendo l'impiego di materiali e tecniche "di importazione": ciò è avvenuto per le architetture rappresentative del potere politico e religioso così come per l'influenza puntuale di dominazioni straniere su alcuni territori e per l’emulazione di alcuni modelli architettonici simbolici. Per lungo tempo, ovvero fino a quando la velocità di circolazione di prodotti ed informazioni ha aumentato le opzioni di scelta possibili, la costruzione degli edifici in muratura è stata fortemente connessa al territorio in cui questi venivano edificati: la tradizionale attitudine a coniugare risorse disponibili, funzionalità e qualità estetica delle architetture è una prerogativa importante dei territori antropizzati e storicamente consolidati, il cui sviluppo è leggibile in chiave di coerenza ambientale e sostenibilità anche relativamente alle finiture superficiali delle costruzioni e quindi ai cromatismi artificiali ambientali che concorrono al definizione del costruito e valorizzano l’immagine paesaggistica di case sparse e borghi rurali. Oggi, un corretto atteggiamento professionale finalizzato agli interventi di adattamento funzionale delle costruzioni rurali dovrebbe comunque partire dalla conoscenza dei materiali e delle tecniche costruttive tradizionali per operare in modo consapevole, senza escludere l’innovazione tecnologica, soprattutto se in chiave di sostenibilità ambientale. Interventi spregiudicati e non rispettosi del bene culturale “architettura rurale” hanno già modificato la percezione di molti edifici e contesti paesaggistici svilendone i caratteri di identità e di riconoscibilità che, paradossalmente, se il processo dovesse continuare si perderebbero lasciando il posto ad un appiattimento dei caratteri locali e alla omologazione tipologica. Si ritiene, pertanto, imprescindibile fornire i criteri tecnico-scientifici per il recupero dell’architettura rurale che siano utili ad una nuova e più ampia visione paesaggistica dell’area nella quale gli edifici ricadono, dando valore alla natura dei terreni e della vegetazione, al controllo idrico, ai presidi tradizionali per il controllo dei dissesti idrogeologici, alle ragioni economiche ed alla cultura materiale che ha generato il paesaggio antropizzato: l’architettura rurale non può essere considerata senza lo specifico contesto rurale che la ha generata. Nell'approccio metodologico proposto il singolo manufatto rurale non è considerato quale elemento isolato, ma quale parte di uno specifico contesto paesaggistico e territoriale e in relazione sistemica con esso. Pertanto, il punto di partenza basilare dell'azione di recupero dell'architettura rurale è l'inquadramento paesaggistico e territoriale del manufatto. Attraverso la descrizione della particolare relazione che si è creata tra uomo e natura, l'inquadramento paesaggistico ha l'obiettivo di individuare quali siano, all'interno di una specifica area, i principali elementi di riconoscibilità dell'architettura rurale intesi quali elementi irrinunciabili anche in un contesto di cambiamento e trasformazione - elementi tipologici, materiali, tecnologie, tessiture, cromatismi - e, per contro, quali possano essere gli elementi di trasformabilità su cui operare per dotare gli edifici delle funzionalità necessarie al loro utilizzo anche in caso di riuso.
2015
978-88-6026-166-3
Criteri tecnico-scientifici per gli interventi sull'architettura ed il paesaggio rurale in Campania / Castelluccio, Roberto; Fumo, Marina. - (2015), pp. 5-6.
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