Nell'ambito dell'intenso dibattito inerente la disciplina applicabile alle società pubbliche (alla luce delle recenti pronunce della Suprema Corte, e fra le varie tesi di natura privatistica e pubblicistica), si identifica l'oggetto della indagine nella assoggettabilità o non a fallimento delle società a partecipazione pubblica, ove i numerosi interventi di riforma delle procedure concorsuali non hanno previsto alcuna norma di esenzione (come invece espressamente disposto per gli enti pubblici all'art. 1 l.f.); la tesi che sositiene la negazione della fallibilità di siffatte società si fonda evidentemente sul presupposto di una riqualificazione dell'ente in senso pubblicistico. La questione è come noto connessa ad una ulteriore e correlata problematica, attinente la competenza delle azioni di responsabilità, se sia di spettanza esclusiva della Corte dei Conti, ovvero se sussista soltanto una concorrenza di quest'ultima con le azioni di responsabilità previste dalla disciplina codicistica (art. 2392 ss. c.c.). In effetti proprio partendo dalla necessità di procedere alla applicazione della disciplina della responsabilità da illecito gestorio e della correlata attribuzione della legittimazione in caso di fallimento alla curatela fallimentare (in ragione di un principio generale attinente lo svolgimento dell'impresa collettiva sul mercato, a tutela dell'affidamento dei terzi), si ricava un argomento per evidenziare la irragionevolezza di una esenzione dal fallimento, atteso che la partecipazione pubblica al capitale della società viene a rappresentare una circostanza di fatto che non può di per sè incidere sulla osservanza delle regole di buona amministrazione dell'impresa da parte dell'organo di amministrazione della società, che sono poste a tutela dei creditori e dei terzi in generale; ed in tal modo, non appare giustificata l'attrazione della disciplina dell'illecito gestorio nell'ambito della competenza della Corte dei Conti. Discorso diverso viene sviluppato con riferimento alle c.d. società in house, ove venga a mancare una sia pur minima discrezionalità gestoria nello svolgimento dell'attività atteso che l'autonomia decisionale viene a rappresentare il presupposto di configurabilità del potere di amministrazione dell'organo della persona giuridica; con la conseguenza che se la società viene ad essere sottoposta al cd. controllo analogo (ex art. 113 TU enti locali), l'elemento formale della costituzione della società non sembra poter ostacolare una riqualificazione in senso pubblicistico trattandosi in fondo di un'attività interdipartimentale. E tuttavia si è prospettato come la situazione di influenza dominante possa stabilire il presupposto di applicazione di una ulteriore disciplina, quella della responsabilità da direzione e coordinamento di cui all'art. 2497 c.c., con ciò consentendo il ricorso ad una ulteriore forma di protezione degli interessi dei creditori della società partecipata: in tal caso, ne consegue il potere di esercitare azione diretta di responsabilità nei confronti dell'"ente" (così espressamente l'art. 2497 c.c.) ed in solido degli amministratori autori della condotta illecita (II comma della medesima disposizione). Se dunque si ritiene che la qualificazione della società in house (in termini di delegazione interorganica dell'ente pubblico) possa indurre alla esclusione dal fallimento (e quindi del concordato preventivo), siffatta opzione interpretativa non può essere di certo estesa in modo generalizzato alle società a partecipazione pubblica laddove il tradizionale nesso gestione-responsabilità non subisce alcuna deroga: la ratio della specialità della disciplina della società in house viene in tal modo a fondarsi sulla inconfigurabilità di una reale impresa collettiva discendente dall'assenza di un effettivo ed autonomo potere di amministrazione di stampo tipicamente organico, di modo che il rapporto fra la disciplina della società a partecipazione pubblica e quella della società in house non può che stabilirsi in termini di regola ad eccezione.

Osservazioni in tema di insolvenza di società a partecipazione pubblica / Doria, Giuseppe. - In: AMMINISTRATIV@MENTE. - ISSN 2036-7821. - (2014), pp. 3-16.

Osservazioni in tema di insolvenza di società a partecipazione pubblica

DORIA, GIUSEPPE
2014

Abstract

Nell'ambito dell'intenso dibattito inerente la disciplina applicabile alle società pubbliche (alla luce delle recenti pronunce della Suprema Corte, e fra le varie tesi di natura privatistica e pubblicistica), si identifica l'oggetto della indagine nella assoggettabilità o non a fallimento delle società a partecipazione pubblica, ove i numerosi interventi di riforma delle procedure concorsuali non hanno previsto alcuna norma di esenzione (come invece espressamente disposto per gli enti pubblici all'art. 1 l.f.); la tesi che sositiene la negazione della fallibilità di siffatte società si fonda evidentemente sul presupposto di una riqualificazione dell'ente in senso pubblicistico. La questione è come noto connessa ad una ulteriore e correlata problematica, attinente la competenza delle azioni di responsabilità, se sia di spettanza esclusiva della Corte dei Conti, ovvero se sussista soltanto una concorrenza di quest'ultima con le azioni di responsabilità previste dalla disciplina codicistica (art. 2392 ss. c.c.). In effetti proprio partendo dalla necessità di procedere alla applicazione della disciplina della responsabilità da illecito gestorio e della correlata attribuzione della legittimazione in caso di fallimento alla curatela fallimentare (in ragione di un principio generale attinente lo svolgimento dell'impresa collettiva sul mercato, a tutela dell'affidamento dei terzi), si ricava un argomento per evidenziare la irragionevolezza di una esenzione dal fallimento, atteso che la partecipazione pubblica al capitale della società viene a rappresentare una circostanza di fatto che non può di per sè incidere sulla osservanza delle regole di buona amministrazione dell'impresa da parte dell'organo di amministrazione della società, che sono poste a tutela dei creditori e dei terzi in generale; ed in tal modo, non appare giustificata l'attrazione della disciplina dell'illecito gestorio nell'ambito della competenza della Corte dei Conti. Discorso diverso viene sviluppato con riferimento alle c.d. società in house, ove venga a mancare una sia pur minima discrezionalità gestoria nello svolgimento dell'attività atteso che l'autonomia decisionale viene a rappresentare il presupposto di configurabilità del potere di amministrazione dell'organo della persona giuridica; con la conseguenza che se la società viene ad essere sottoposta al cd. controllo analogo (ex art. 113 TU enti locali), l'elemento formale della costituzione della società non sembra poter ostacolare una riqualificazione in senso pubblicistico trattandosi in fondo di un'attività interdipartimentale. E tuttavia si è prospettato come la situazione di influenza dominante possa stabilire il presupposto di applicazione di una ulteriore disciplina, quella della responsabilità da direzione e coordinamento di cui all'art. 2497 c.c., con ciò consentendo il ricorso ad una ulteriore forma di protezione degli interessi dei creditori della società partecipata: in tal caso, ne consegue il potere di esercitare azione diretta di responsabilità nei confronti dell'"ente" (così espressamente l'art. 2497 c.c.) ed in solido degli amministratori autori della condotta illecita (II comma della medesima disposizione). Se dunque si ritiene che la qualificazione della società in house (in termini di delegazione interorganica dell'ente pubblico) possa indurre alla esclusione dal fallimento (e quindi del concordato preventivo), siffatta opzione interpretativa non può essere di certo estesa in modo generalizzato alle società a partecipazione pubblica laddove il tradizionale nesso gestione-responsabilità non subisce alcuna deroga: la ratio della specialità della disciplina della società in house viene in tal modo a fondarsi sulla inconfigurabilità di una reale impresa collettiva discendente dall'assenza di un effettivo ed autonomo potere di amministrazione di stampo tipicamente organico, di modo che il rapporto fra la disciplina della società a partecipazione pubblica e quella della società in house non può che stabilirsi in termini di regola ad eccezione.
2014
Osservazioni in tema di insolvenza di società a partecipazione pubblica / Doria, Giuseppe. - In: AMMINISTRATIV@MENTE. - ISSN 2036-7821. - (2014), pp. 3-16.
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