Il declino della fecondità in molti paesi industrializzati ha comportato negli ultimi due decenni tassi di riproduzione così bassi da provocare, in assenza di significativi movimenti migratori verso tale aree, una riduzione della popolazione. Durante gli anni Ottanta studiosi della popolazione hanno incominciato a considerare le cause e le conseguenze del declino della fecondità al di sotto del livello di sostituzione, sviluppando, in estrema sintesi, due filoni esplicativi: uno di carattere economico e l’altro socio-culturale (Demeny, 1997; McDonald, 2001). Per quanto riguarda il primo, le trasformazioni riguarderebbero principalmente l’emancipazione economica e sociale della donna, la sua maggiore presenza nel mercato del lavoro e l’accesso crescente delle donne all’istruzione. Questi fattori avrebbero prodotto un cambiamento dei costi di opportunità nella donna, che ha posticipato l’età in cui contrarre matrimonio, e il conseguente declino della fecondità (Becker, 1991). Altri hanno teorizzato il passaggio da un “modello familistico” ad uno “pluralistico” delle società moderne ed un accresciuto “individualismo” nelle scelte riproduttive all’interno delle stesse (Lesthaeghe and Surkyn, 1998). Facendo riferimento alle argomentazioni sopra descritte, alcuni demografi italiani hanno asserito provocatoriamente che sarebbe la cosiddetta “too much family” - ovvero il sostegno intergenerazionale alla famiglia (reti informali) - a determinare il forte abbassamento del numero medio di figli in Italia, alla fine del XX secolo (Dalla Zuanna, 2001; Livi Bacci, 2002). Secondo tale interpretazione, tali legami familiari “forti” porterebbero le giovani generazioni a posticipare o, in ogni caso, limitare le responsabilità e gli impegni da assumersi in qualità di genitori. Parimenti, Rindfuss (2004) ha sostenuto che il matrimonio nel Sud-Est Asiatico sia tradizionalmente strettamente legato alle intenzioni di fecondità della coppia e al sostegno le generazioni più anziane. Inoltre, la creazione di una nuova famiglia comporterebbe maggiori responsabilità per la donna rispetto all’uomo. Negli ultimi due decenni, le donne asiatiche (con un più elevato livello d’istruzione e una maggiore indipendenza economica) starebbero liberalizzando i propri comportamenti riproduttivi acquisendo una visione meno tradizionale del matrimonio. Il presente contributo intende analizzare, in un’ottica comparativa, alcuni aspetti del comportamento fecondo delle donne in due paesi caratterizzati da una bassissima fecondità e da legami familiari “forti”: l’Italia e la Korea del Sud (d’ora in poi solo Korea). Dopo una sintetica analisi dei principali indicatori demografici e socio-economici provenienti da fonti ufficiali (dati macro) dei due paesi, si utilizzeranno due recenti indagini individuali (dati micro) rappresentative a livello nazionale e confrontabili tra loro. In Italia, i dati utilizzati provengono dall’indagine multiscopo “Famiglie e Soggetti Sociali” condotta dall’Istat nel mese Novembre 2003. Per la Korea, vengono utilizzati i dati della “Survey on Marriage and Fertility” condotta nel 2005 dal “Korean Institute for Health and Social Affairs”. Le indagini ricostruiscono la storia matrimoniale e feconda delle donne intervistate, le loro principali caratteristiche familiari e la loro posizione occupazionale ed economica. Gli eventi che verranno analizzati sono la transizione al primo ed al secondo figlio utilizzando le tecniche “Event History”. Le analisi comprendono un campione (al netto dei dati mancanti) di 4.592 e 3.802 donne sposate nate nel periodo 1960-84 rispettivamente in Italia e in Korea e le osserva retrospettivamente dal 1980. I risultati mostrano, in estrema sintesi, l’esistenza di interessanti similitudini nel comportamento fecondo tra i due paesi osservati con alcune eccezioni (come ad es. l’aumento delle nascite extra-matrimoniali in Italia). Parimenti, le analisi confermano la significatività del ruolo giocato dalla presenza dei nonni e dalla partecipazione attiva della donna al mondo del lavoro sui livelli di fecondità.

Bassa fecondità e “forti” legami familiari: il caso dell’Italia e della Corea del Sud / Dell’Atti, A; Gabrielli, Giuseppe. - In: RIVISTA ITALIANA DI ECONOMIA, DEMOGRAFIA E STATISTICA. - ISSN 0035-6832. - 65:(2011), pp. 93-100.

Bassa fecondità e “forti” legami familiari: il caso dell’Italia e della Corea del Sud

GABRIELLI, GIUSEPPE
2011

Abstract

Il declino della fecondità in molti paesi industrializzati ha comportato negli ultimi due decenni tassi di riproduzione così bassi da provocare, in assenza di significativi movimenti migratori verso tale aree, una riduzione della popolazione. Durante gli anni Ottanta studiosi della popolazione hanno incominciato a considerare le cause e le conseguenze del declino della fecondità al di sotto del livello di sostituzione, sviluppando, in estrema sintesi, due filoni esplicativi: uno di carattere economico e l’altro socio-culturale (Demeny, 1997; McDonald, 2001). Per quanto riguarda il primo, le trasformazioni riguarderebbero principalmente l’emancipazione economica e sociale della donna, la sua maggiore presenza nel mercato del lavoro e l’accesso crescente delle donne all’istruzione. Questi fattori avrebbero prodotto un cambiamento dei costi di opportunità nella donna, che ha posticipato l’età in cui contrarre matrimonio, e il conseguente declino della fecondità (Becker, 1991). Altri hanno teorizzato il passaggio da un “modello familistico” ad uno “pluralistico” delle società moderne ed un accresciuto “individualismo” nelle scelte riproduttive all’interno delle stesse (Lesthaeghe and Surkyn, 1998). Facendo riferimento alle argomentazioni sopra descritte, alcuni demografi italiani hanno asserito provocatoriamente che sarebbe la cosiddetta “too much family” - ovvero il sostegno intergenerazionale alla famiglia (reti informali) - a determinare il forte abbassamento del numero medio di figli in Italia, alla fine del XX secolo (Dalla Zuanna, 2001; Livi Bacci, 2002). Secondo tale interpretazione, tali legami familiari “forti” porterebbero le giovani generazioni a posticipare o, in ogni caso, limitare le responsabilità e gli impegni da assumersi in qualità di genitori. Parimenti, Rindfuss (2004) ha sostenuto che il matrimonio nel Sud-Est Asiatico sia tradizionalmente strettamente legato alle intenzioni di fecondità della coppia e al sostegno le generazioni più anziane. Inoltre, la creazione di una nuova famiglia comporterebbe maggiori responsabilità per la donna rispetto all’uomo. Negli ultimi due decenni, le donne asiatiche (con un più elevato livello d’istruzione e una maggiore indipendenza economica) starebbero liberalizzando i propri comportamenti riproduttivi acquisendo una visione meno tradizionale del matrimonio. Il presente contributo intende analizzare, in un’ottica comparativa, alcuni aspetti del comportamento fecondo delle donne in due paesi caratterizzati da una bassissima fecondità e da legami familiari “forti”: l’Italia e la Korea del Sud (d’ora in poi solo Korea). Dopo una sintetica analisi dei principali indicatori demografici e socio-economici provenienti da fonti ufficiali (dati macro) dei due paesi, si utilizzeranno due recenti indagini individuali (dati micro) rappresentative a livello nazionale e confrontabili tra loro. In Italia, i dati utilizzati provengono dall’indagine multiscopo “Famiglie e Soggetti Sociali” condotta dall’Istat nel mese Novembre 2003. Per la Korea, vengono utilizzati i dati della “Survey on Marriage and Fertility” condotta nel 2005 dal “Korean Institute for Health and Social Affairs”. Le indagini ricostruiscono la storia matrimoniale e feconda delle donne intervistate, le loro principali caratteristiche familiari e la loro posizione occupazionale ed economica. Gli eventi che verranno analizzati sono la transizione al primo ed al secondo figlio utilizzando le tecniche “Event History”. Le analisi comprendono un campione (al netto dei dati mancanti) di 4.592 e 3.802 donne sposate nate nel periodo 1960-84 rispettivamente in Italia e in Korea e le osserva retrospettivamente dal 1980. I risultati mostrano, in estrema sintesi, l’esistenza di interessanti similitudini nel comportamento fecondo tra i due paesi osservati con alcune eccezioni (come ad es. l’aumento delle nascite extra-matrimoniali in Italia). Parimenti, le analisi confermano la significatività del ruolo giocato dalla presenza dei nonni e dalla partecipazione attiva della donna al mondo del lavoro sui livelli di fecondità.
2011
Bassa fecondità e “forti” legami familiari: il caso dell’Italia e della Corea del Sud / Dell’Atti, A; Gabrielli, Giuseppe. - In: RIVISTA ITALIANA DI ECONOMIA, DEMOGRAFIA E STATISTICA. - ISSN 0035-6832. - 65:(2011), pp. 93-100.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/577705
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