Dall’angolo visuale del diritto penale sostanziale, il tema dell’attività ermeneutica si lega strettamente a quello della legalità, in particolare sotto il profilo della determinatezza/tassatività. L’aspirazione illuministica ad un diritto penale laico, espressione del contratto sociale e, dunque di democrazia, si riflesse, com’è noto, pure nella ricerca di soluzioni normative tali da porre argini all’arbitrio del giudice: riserva di legge, codificazione, rarità delle leggi penali, loro chiarezza, verificabilità empirica delle fattispecie; premesse indispensabili perché dal governo dei giudici si passasse a quello delle leggi. Si tratta di ideali che sono divenuti principi costituzionali nel nostro ordinamento. La distanza della prassi da quei principi non può costituire argomento per un disincantato realismo, ma deve indurre ad un impegno costante volto al superamento dell’attuale crisi della legalità e, con essa, dell’attività ermeneutica. Un tale superamento passa attraverso l’analisi e la critica delle ragioni stesse della crisi: lo stato della legislazione penale – con un codice penale obsoleto, una legislazione extracodicistica alluvionale, una serie di novelle tendenti ad ampliare progressivamente gli spazi di discrezionalità giudiziale -; l’esaltazione, avallata dai mass-media, del potere giudiziario, a cui finisce per essere affidato un poco auspicabile ruolo di supplenza della stessa legislazione e della politica, soprattutto a fronte di fenomeni criminali nuovi o, comunque, allarmanti; l’impropria espansione del sindacato di legittimità costituzionale delle leggi penali e processuali penali, attraverso il richiamo al principio, indeterminato, della ragionevolezza; la crescente europeizzazione del diritto penale, operante nel senso di un appiattimento del livello di riconoscimento delle garanzie. Di fronte ad un tale stato di cose, alla dottrina penalistica spetta un compito fondamentale: quello di continuare a vivificare la cultura del diritto penale, dei suoi principi costituzionali e vincolanti, di coltivare una sistematica affidabile e di promuovere una critica inflessibile rispetto ad applicazioni legislative e giurisprudenziali foriere di gravissime ricadute sul piano delle garanzie e dell’efficienza del controllo penale.
Sulle precondizioni dell’ermeneutica giudiziale nello stato di diritto / Moccia, Sergio. - In: CRIMINALIA. - ISSN 1972-3857. - (2012), pp. 299-304.
Sulle precondizioni dell’ermeneutica giudiziale nello stato di diritto
MOCCIA, SERGIO
2012
Abstract
Dall’angolo visuale del diritto penale sostanziale, il tema dell’attività ermeneutica si lega strettamente a quello della legalità, in particolare sotto il profilo della determinatezza/tassatività. L’aspirazione illuministica ad un diritto penale laico, espressione del contratto sociale e, dunque di democrazia, si riflesse, com’è noto, pure nella ricerca di soluzioni normative tali da porre argini all’arbitrio del giudice: riserva di legge, codificazione, rarità delle leggi penali, loro chiarezza, verificabilità empirica delle fattispecie; premesse indispensabili perché dal governo dei giudici si passasse a quello delle leggi. Si tratta di ideali che sono divenuti principi costituzionali nel nostro ordinamento. La distanza della prassi da quei principi non può costituire argomento per un disincantato realismo, ma deve indurre ad un impegno costante volto al superamento dell’attuale crisi della legalità e, con essa, dell’attività ermeneutica. Un tale superamento passa attraverso l’analisi e la critica delle ragioni stesse della crisi: lo stato della legislazione penale – con un codice penale obsoleto, una legislazione extracodicistica alluvionale, una serie di novelle tendenti ad ampliare progressivamente gli spazi di discrezionalità giudiziale -; l’esaltazione, avallata dai mass-media, del potere giudiziario, a cui finisce per essere affidato un poco auspicabile ruolo di supplenza della stessa legislazione e della politica, soprattutto a fronte di fenomeni criminali nuovi o, comunque, allarmanti; l’impropria espansione del sindacato di legittimità costituzionale delle leggi penali e processuali penali, attraverso il richiamo al principio, indeterminato, della ragionevolezza; la crescente europeizzazione del diritto penale, operante nel senso di un appiattimento del livello di riconoscimento delle garanzie. Di fronte ad un tale stato di cose, alla dottrina penalistica spetta un compito fondamentale: quello di continuare a vivificare la cultura del diritto penale, dei suoi principi costituzionali e vincolanti, di coltivare una sistematica affidabile e di promuovere una critica inflessibile rispetto ad applicazioni legislative e giurisprudenziali foriere di gravissime ricadute sul piano delle garanzie e dell’efficienza del controllo penale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


