I differenti cicli di programmazione dei ‘fondi strutturali’, con i percorsi di attuazione da cui sono stati caratterizzati, hanno contribuito in maniera crescente a problematizzare il rapporto tra gli apparati politici e burocratici di livello regionale preesistenti e le nuove esigenze organizzative imposte dalla loro gestione operativa. La partita dei fondi si è giocata attraverso la ricerca di un equilibrio tra i compiti di amministrazione ordinaria già espletati dall’ente regionale e le altre attività scaturite dall’implementazione delle politiche sovranazionali. A seconda delle originarie dotazioni di risorse umane e finanziarie, della qualità della classe politica e burocratica, della capacità di intraprendere e di introiettare processi di modernizzazione nella struttura organizzativa, queste ultime sono state percepite come un’opportunità, come un vincolo, oppure come un’ulteriore incombenza, per l’azione amministrativa. Nelle Regioni del Mezzogiorno il ruolo che esse hanno ricoperto sin dal loro avvio è risultato cruciale. Se è vero che la loro gestione è talvolta sembrata un ulteriore aggravio all’interno di un quadro dell’amministrazione ordinaria per se stesso già critico, è altrettanto indubbio che per le Regioni del Sud dell’Italia si sia trattato di una prova (sfida) importante, che le ha costrette a rivedere i precedenti assetti organizzativi nel tentativo di raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Unione. A riformare, cioè, modelli e logiche di azione in uno scenario che, a causa della crescente riduzione di trasferimenti pubblici provenienti dai governi nazionali, ha reso indispensabile intercettare i fondi comunitari, divenuti ad un certo punto sostitutivi e non più aggiuntivi alle risorse pubbliche nazionali.
La dirigenza della Regione Campania e i "fondi strutturali europei"" / DE VIVO, Paola; Avolio, C.. - In: AMMINISTRARE. - ISSN 0044-8141. - XLIV APRILE 2014:n.1(2014), pp. 1-31.
La dirigenza della Regione Campania e i "fondi strutturali europei""
DE VIVO, PAOLA;
2014
Abstract
I differenti cicli di programmazione dei ‘fondi strutturali’, con i percorsi di attuazione da cui sono stati caratterizzati, hanno contribuito in maniera crescente a problematizzare il rapporto tra gli apparati politici e burocratici di livello regionale preesistenti e le nuove esigenze organizzative imposte dalla loro gestione operativa. La partita dei fondi si è giocata attraverso la ricerca di un equilibrio tra i compiti di amministrazione ordinaria già espletati dall’ente regionale e le altre attività scaturite dall’implementazione delle politiche sovranazionali. A seconda delle originarie dotazioni di risorse umane e finanziarie, della qualità della classe politica e burocratica, della capacità di intraprendere e di introiettare processi di modernizzazione nella struttura organizzativa, queste ultime sono state percepite come un’opportunità, come un vincolo, oppure come un’ulteriore incombenza, per l’azione amministrativa. Nelle Regioni del Mezzogiorno il ruolo che esse hanno ricoperto sin dal loro avvio è risultato cruciale. Se è vero che la loro gestione è talvolta sembrata un ulteriore aggravio all’interno di un quadro dell’amministrazione ordinaria per se stesso già critico, è altrettanto indubbio che per le Regioni del Sud dell’Italia si sia trattato di una prova (sfida) importante, che le ha costrette a rivedere i precedenti assetti organizzativi nel tentativo di raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Unione. A riformare, cioè, modelli e logiche di azione in uno scenario che, a causa della crescente riduzione di trasferimenti pubblici provenienti dai governi nazionali, ha reso indispensabile intercettare i fondi comunitari, divenuti ad un certo punto sostitutivi e non più aggiuntivi alle risorse pubbliche nazionali.File | Dimensione | Formato | |
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