Nel 1951, all???VIII Congresso CIAM di Hoddesden, in Inghilterra, Ernesto Nathan Rogers presenta una relazione dal titolo Il Cuore: problema umano della città che sarà poi pubblicata, con rielaborazioni, quattro anni più tardi, pei i tipi Hoepli, nel volume E.N. Rogers, J.L. Sert, J. Tyrwhitt, Il cuore della città: per una vita più umana della comunità e, nel 1958 da Einaudi, nel libro di Rogers Esperienza dell???architettura. A distanza di oltre sessanta anni quel testo appare ancora straordinariamente attuale - pur con alcune avvertenze - e quindi utile ad orientare il ragionamento, anche progettuale, sull???intervento nella città della storia. Un primo punto riguarda la scelta del termine cuore che, come Rogers chiarisce, aggiunge alle nozioni geometriche e funzionali della parola centro, l???idea che in questo nucleo centrale della città siano, più che altrove, riassunti i valori di una comunità. Anzi, questa è certamente la connotazione più importante se è vero che può esistere più di un centro all???interno di una medesima realtà urbana - e quindi la connotazione geometrica non è essenziale - e che un centro, dal punto di vista funzionale, dovrebbe - come Rogers ci ricorda - essere «[???] un luogo atto ai più diversi rapporti umani [???]» e «[???] nel suo significato migliore [???] espressione più naturale della contemplazione [???]» (Rogers, 1997, 260). A partire da questa premessa definitoria Rogers individua, da architetto militante, nel cosmopolitismo livellatore e nel folklorismo demagogico (Rogers, 1997, 258) due opposti, ma ugualmente pericolosi, atteggiamenti. «Distruggere ciecamente o conservare passivamente sono [???] i risultati di una medesima aridità mentale: sono colpe morali» (Rogers, 1997, 258), ci dice Rogers e, dopo alcune decine di anni, questa frase non può non apparire una duplice e sconsolante premonizione. Pensiamo, da un lato, a quanto si è verificato in alcune realtà economicamente emergenti, la Cina innanzitutto ma anche l???India o parti del Sud America, dove le megalopoli contemporanee hanno consumato e consumano il territorio in maniera indifferenziata, quanto a forma e funzione, e indifferente ai valori identitari locali e, dall???altro, a quanto avviene, nella vecchia Europa ad esempio, dove i centri storici vengono imbalsamati da una visione spesso acritica della conservazione che in più produce il paradosso del lasciar spazio solo a quelle architetture che Gregotti ha definito immagini di design ingrandite che certo non sono più definibili monumenti in quanto non rappresentano una comunità della quale riassumono i valori civili ma soltanto l???architetto e, spesso, valori di natura prevalentemente economica. Ma, oltre che militante, Rogers era anche un architetto operante e quindi si preoccupa, subito dopo la critica, di indicare una strada possibile, un metodo che individua nella dialettica tra «gli opposti termini dell???oggettivo e del soggettivo» (Rogers, 1997, 259). E qui Rogers si sofferma molto di più, per la verità, sulla esplicazione della importanza, della necessità, del metodo - tema a lui caro anche per le sue derivazioni gropiusiane - che non sui suoi concreti contenuti, che però potrebbero essere declinati, sub specie attualità, nel rapporto tra analisi e progetto. Il cuore delle nostre città è un luogo ricco di valori che sono innanzitutto valori formali e che hanno, in più, la capacità di rappresentare i valori della comunità che in quel luogo si riconosce. L???oggettività dovrebbe stare nella capacità di riconoscere questi valori (analisi) in maniera critica e selettiva, la soggettività è nel trovare, tra le molte - ma non tutte legittime se non coerenti con la individuazione di quei valori - soluzioni possibili quella che rappresenti una trasformazione (progetto) ancora in continuità con una tradizione che è quella dei nostri luoghi civili ma anche del nostro operare di architetti. E, in tal senso, come non pensare, alla Torre Velasca (BBPR, 1950-58) che, con il suo profilo alto quasi cento metri, si erge su Milano, moderna, ardita anche nelle sue soluzioni tecniche e costruttive, eppure intrinsecamente legata ai caratteri della architettura lombarda e alla forma della ???sua??? città.

Ernesto Nathan Rogers e il Cuore della Città Ernesto Nathan Rogers and the Heart of the City / Visconti, Federica. - In: FESTIVAL DELL'ARCHITETTURA MAGAZINE. - ISSN 2039-0491. - (2012), pp. 1-1.

Ernesto Nathan Rogers e il Cuore della Città Ernesto Nathan Rogers and the Heart of the City

VISCONTI, FEDERICA
2012

Abstract

Nel 1951, all???VIII Congresso CIAM di Hoddesden, in Inghilterra, Ernesto Nathan Rogers presenta una relazione dal titolo Il Cuore: problema umano della città che sarà poi pubblicata, con rielaborazioni, quattro anni più tardi, pei i tipi Hoepli, nel volume E.N. Rogers, J.L. Sert, J. Tyrwhitt, Il cuore della città: per una vita più umana della comunità e, nel 1958 da Einaudi, nel libro di Rogers Esperienza dell???architettura. A distanza di oltre sessanta anni quel testo appare ancora straordinariamente attuale - pur con alcune avvertenze - e quindi utile ad orientare il ragionamento, anche progettuale, sull???intervento nella città della storia. Un primo punto riguarda la scelta del termine cuore che, come Rogers chiarisce, aggiunge alle nozioni geometriche e funzionali della parola centro, l???idea che in questo nucleo centrale della città siano, più che altrove, riassunti i valori di una comunità. Anzi, questa è certamente la connotazione più importante se è vero che può esistere più di un centro all???interno di una medesima realtà urbana - e quindi la connotazione geometrica non è essenziale - e che un centro, dal punto di vista funzionale, dovrebbe - come Rogers ci ricorda - essere «[???] un luogo atto ai più diversi rapporti umani [???]» e «[???] nel suo significato migliore [???] espressione più naturale della contemplazione [???]» (Rogers, 1997, 260). A partire da questa premessa definitoria Rogers individua, da architetto militante, nel cosmopolitismo livellatore e nel folklorismo demagogico (Rogers, 1997, 258) due opposti, ma ugualmente pericolosi, atteggiamenti. «Distruggere ciecamente o conservare passivamente sono [???] i risultati di una medesima aridità mentale: sono colpe morali» (Rogers, 1997, 258), ci dice Rogers e, dopo alcune decine di anni, questa frase non può non apparire una duplice e sconsolante premonizione. Pensiamo, da un lato, a quanto si è verificato in alcune realtà economicamente emergenti, la Cina innanzitutto ma anche l???India o parti del Sud America, dove le megalopoli contemporanee hanno consumato e consumano il territorio in maniera indifferenziata, quanto a forma e funzione, e indifferente ai valori identitari locali e, dall???altro, a quanto avviene, nella vecchia Europa ad esempio, dove i centri storici vengono imbalsamati da una visione spesso acritica della conservazione che in più produce il paradosso del lasciar spazio solo a quelle architetture che Gregotti ha definito immagini di design ingrandite che certo non sono più definibili monumenti in quanto non rappresentano una comunità della quale riassumono i valori civili ma soltanto l???architetto e, spesso, valori di natura prevalentemente economica. Ma, oltre che militante, Rogers era anche un architetto operante e quindi si preoccupa, subito dopo la critica, di indicare una strada possibile, un metodo che individua nella dialettica tra «gli opposti termini dell???oggettivo e del soggettivo» (Rogers, 1997, 259). E qui Rogers si sofferma molto di più, per la verità, sulla esplicazione della importanza, della necessità, del metodo - tema a lui caro anche per le sue derivazioni gropiusiane - che non sui suoi concreti contenuti, che però potrebbero essere declinati, sub specie attualità, nel rapporto tra analisi e progetto. Il cuore delle nostre città è un luogo ricco di valori che sono innanzitutto valori formali e che hanno, in più, la capacità di rappresentare i valori della comunità che in quel luogo si riconosce. L???oggettività dovrebbe stare nella capacità di riconoscere questi valori (analisi) in maniera critica e selettiva, la soggettività è nel trovare, tra le molte - ma non tutte legittime se non coerenti con la individuazione di quei valori - soluzioni possibili quella che rappresenti una trasformazione (progetto) ancora in continuità con una tradizione che è quella dei nostri luoghi civili ma anche del nostro operare di architetti. E, in tal senso, come non pensare, alla Torre Velasca (BBPR, 1950-58) che, con il suo profilo alto quasi cento metri, si erge su Milano, moderna, ardita anche nelle sue soluzioni tecniche e costruttive, eppure intrinsecamente legata ai caratteri della architettura lombarda e alla forma della ???sua??? città.
2012
Ernesto Nathan Rogers e il Cuore della Città Ernesto Nathan Rogers and the Heart of the City / Visconti, Federica. - In: FESTIVAL DELL'ARCHITETTURA MAGAZINE. - ISSN 2039-0491. - (2012), pp. 1-1.
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