È tempo di verità per l'Europa. Ci si decide del suo destino, della sua unità e del suo ruolo nel mondo in rapporto ad altri popoli e Stati. L'Europa è chiamata alla sua responsabilità. Alla prova. Ma viene da chiedersi, se non sia stato sempre così, se non sia questa la verità dell'Europa: essere esposta a sempre nuove risoluzioni ultime, per cui ne va del suo destino e della sua origine. C'è da chiedersi se un' "altra verità" per l'Europa sia mai possibile. Per quanto ci si lasci prendere ogni volta dalla suggestione del termine greco ALETHEIA, la radice "ver", "wahr", quella latina e germanica, da cui deriva anche il termine italiano "verità", e a cui si richiamano le lingue europee, non lascia dubbi: vero è quello che si vede, che si espone ed è evidente, palese. Rispetto al termine greco non è possibile alcun gioco linguistico tra il nascondere e non nascondere (ALETHEIA). La verità è questa: l'aperto, il pubblico, il visibile, il visto. In questa prospettiva vanno lette le pagine di Husserl sulla "Crisi delle scienze europee": una crisi del visibile, di quel che si vede e si lascia vedere. Se infatti il criterio della verità è l'evidenza, questa non coincide con il visto della sensazione empirica. L'evidenza è come un estrarre dallo sguardo il proprio voler dire a partire dal vedere, e-videre; un lavoro guidato, Leistung, una prestazione che si confronta nel tempo e con altri, confondendo, ogni volta, sapere e potere, Io penso e Io posso. L'ontologia è stretta nelle forma dell'essere possibile o dell'essere quasi. L'esercizio del filosofo arriva sempre a quella pratica: "vedere quel che manca in quel che c'è, perché ciò che c'è sia veramente quel che è"
La verità dell'Europa e l'idea di comunità(la lezione di E. Husserl) / Ferraro, Giuseppe. - STAMPA. - (1998).
La verità dell'Europa e l'idea di comunità(la lezione di E. Husserl)
FERRARO, GIUSEPPE
1998
Abstract
È tempo di verità per l'Europa. Ci si decide del suo destino, della sua unità e del suo ruolo nel mondo in rapporto ad altri popoli e Stati. L'Europa è chiamata alla sua responsabilità. Alla prova. Ma viene da chiedersi, se non sia stato sempre così, se non sia questa la verità dell'Europa: essere esposta a sempre nuove risoluzioni ultime, per cui ne va del suo destino e della sua origine. C'è da chiedersi se un' "altra verità" per l'Europa sia mai possibile. Per quanto ci si lasci prendere ogni volta dalla suggestione del termine greco ALETHEIA, la radice "ver", "wahr", quella latina e germanica, da cui deriva anche il termine italiano "verità", e a cui si richiamano le lingue europee, non lascia dubbi: vero è quello che si vede, che si espone ed è evidente, palese. Rispetto al termine greco non è possibile alcun gioco linguistico tra il nascondere e non nascondere (ALETHEIA). La verità è questa: l'aperto, il pubblico, il visibile, il visto. In questa prospettiva vanno lette le pagine di Husserl sulla "Crisi delle scienze europee": una crisi del visibile, di quel che si vede e si lascia vedere. Se infatti il criterio della verità è l'evidenza, questa non coincide con il visto della sensazione empirica. L'evidenza è come un estrarre dallo sguardo il proprio voler dire a partire dal vedere, e-videre; un lavoro guidato, Leistung, una prestazione che si confronta nel tempo e con altri, confondendo, ogni volta, sapere e potere, Io penso e Io posso. L'ontologia è stretta nelle forma dell'essere possibile o dell'essere quasi. L'esercizio del filosofo arriva sempre a quella pratica: "vedere quel che manca in quel che c'è, perché ciò che c'è sia veramente quel che è"File | Dimensione | Formato | |
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