La monografia ha ad oggetto lo studio storico sistematico di un titolo del Codex Iustinianus, vale a dire 3.40 De consortibus eiusdem litis, il quale presenta indubbi caratteri di novità: ed infatti, risulta inesistente nei modelli utilizzati dai bizantini, sebbene sia stato composto con materiale tutto già presente nel Codice Teodosiano ma collocato sotto altri titoli; inoltre, è stato rubricato utilizzando un'espressione di conio giustinianeo: infatti, se consors e lis sono termini propri di un linguaggio giuridico risalente, la loro unione in forma endiadica a formare una precisa categoria di consortes, quelli litis appunto, non è presente in alcun testo giuridico o letterario di epoca precedente. Considerate le sue due componenti, sotto il profilo etimologico, quell'espressione si presenta idonea ad esprimere in modo inequivocabile l'immagine di una pluralità di attori o convenuti in giudizio civile ed è a tale evenienza processuale che Giustiniano, evidentemente, decise di conferire per la prima volta un'autonoma rilevanza giuridica attraverso la creazione di un titolo dedicato ad essa. Alla luce di questo primo, significativo dato testuale, si è tentato anzitutto di verificare se l'assenza in epoca pregiustinianea di una terminologia univoca per richiamare il fenomeno processuale in esame corrisponda o meno ad un totale disinteresse da parte dei giuristi prima e delle cancellerie imperiali poi verso il suo verificarsi e le sue implicazioni in ordine a diversi aspetti del relativo giudizio. Dopo una tale analisi, che ha portato alla luce da un lato la conoscenza giurisprudenziale di alcune problematiche legate sia alla possibilità sia alla necessarietà in alcuni casi della presenza più attori o convenuti in giudizio civile, dall'altro l'assenza di qualsiasi forma di 'regolamentazione' al riguardo in omaggio al principio della piena libertà di agire in giudizio fortemente legato al processo formulare, si è passati a studiare il medesimo fenomeno nel successivo e diverso sistema processuale, la cd. cognitio extra ordine, che per le sue caratteristiche favorì primi interventi normativi tesi a regolarne alcuni aspetti; infine, si è affrontato l'esame dei contenuti e modi di formazione di titolo del Codice di Giustiniano 'De consortibus eiusdem litis' al fine di coglierne il grado di originalità e, dunque, di consapevolezza sotteso alla sua creazione. In una 'prima parte' del lavoro si è condotto un excursus storico volto essenzialmente a dimostrare quale e quanta influenza abbia esercitato sulla dottrina successiva il fatto che i due autori cui si devono i primi studi in merito, Planck in Germania e da Redenti in Italia, abbiano indagato i testi romani al solo fine di condizionare - con obiettivi però diametralmente opposti - le riforme del processo civile che nei rispettivi Stati si andavano compiendo. E' apparsa, infatti, una vera e propria reazione ad un tale approccio ai testi, la conclusione di Biondi circa la non genuinità di tutti i passi che, sebbene con terminologia indiretta, riconducono comunque al fenomeno processuale in questione (in quanto avvenuto nell'ambito di una legis actio o del processo formulare), il che portò l'autore ad escludere in modo rigido e assolutistico la possibilità che esso possa essere stato compatibile con quei due sistemi processuali; teoria, questa, che solo in tempi recenti è stata sottoposta a prime, interessanti critiche. Al termine di questo excursus bibliografico, si precisano gli obiettivi dello studio: da un lato, una rilettura delle fonti senza condizionamenti né di tipo strumentale, né su suggestioni di categorie moderne, al fine di coglierne il significato più autentico: dall'altro, uno studio del percorso sfociato nella formulazione di quel nuovo titolo giustinianeo, nonchè del valore del titolo in se stesso considerato, e ciò per il rilievo che si tratta di un aspetto per lo più trascurato in storiografia e comunque frainteso nei suoi passaggi. La 'seconda parte' del lavoro ha avuto ad oggetto anzitutto la ricerca della rilevanza o meno di una pluralità di attori o convenuti nel processo formulare attraverso l'esame di fonti che, pur difettando di una terminologia univoca ed inequivocabile, sembrerebbero comunque alludere ad una siffatta situazione processuale. Un tale esame e si è soffermato su varie problematiche connesse alla realtà di un giudizio formulare strutturato fra più attori e/o convenuti; in particolare, la sua stessa possibilità tecnica e la sua eventuale 'necessarietà in alcuni casi. Nella 'terza parte' del lavoro sono state analizzate le disposizioni scelte dai commissari giustinianei per formare il loro nuovo titolo C.3.40 - tutte presenti già nel Teodosiano, ma sotto titoli diversi - nell'ottica dei rispettivi legislatori proponenti; il che ha comportato, in particolare, un'approfondira indagine su di una perduta lex super consortibus di Costantino, la quale, oltre a problemi di ricostruzione contenutistica, ha sollevato non pochi problemi di identificazione testuale, e ciò non essendo sembrata del tutto congrua quella proposta da Mommsen con la creazione della sua CTH.2.5.1 ex legge Romana Burgundionum 47. In una 'quarta parte' si è passati ad indagare il valore delle leges in questione in quanto unificate nel nuovo titolo C.3.40. Tale indagine ha avuto quale perno ill confronto fra la collocazione scelta per esse dai compilatori di Teodosio II rispetto a quella (del tutto diversa) operata dai commissari di Giustiniano ed è stato proprio un siffatto confronto a far emergere il grado di consapevolezza e di originalità della scelta giustinianea, la quale è pertanto assolutamente da rivalutarsi nel suo valore rispetto al giudizio negativo che ne aveva dato Planck.

DE CONSORTIBUS EIUSDEM LITIS. STORIA DI UN TITOLO DEL CODICE DI GIUSTINIANO / Capone, Piera. - (2012), pp. 1-449.

DE CONSORTIBUS EIUSDEM LITIS. STORIA DI UN TITOLO DEL CODICE DI GIUSTINIANO

CAPONE, PIERA
2012

Abstract

La monografia ha ad oggetto lo studio storico sistematico di un titolo del Codex Iustinianus, vale a dire 3.40 De consortibus eiusdem litis, il quale presenta indubbi caratteri di novità: ed infatti, risulta inesistente nei modelli utilizzati dai bizantini, sebbene sia stato composto con materiale tutto già presente nel Codice Teodosiano ma collocato sotto altri titoli; inoltre, è stato rubricato utilizzando un'espressione di conio giustinianeo: infatti, se consors e lis sono termini propri di un linguaggio giuridico risalente, la loro unione in forma endiadica a formare una precisa categoria di consortes, quelli litis appunto, non è presente in alcun testo giuridico o letterario di epoca precedente. Considerate le sue due componenti, sotto il profilo etimologico, quell'espressione si presenta idonea ad esprimere in modo inequivocabile l'immagine di una pluralità di attori o convenuti in giudizio civile ed è a tale evenienza processuale che Giustiniano, evidentemente, decise di conferire per la prima volta un'autonoma rilevanza giuridica attraverso la creazione di un titolo dedicato ad essa. Alla luce di questo primo, significativo dato testuale, si è tentato anzitutto di verificare se l'assenza in epoca pregiustinianea di una terminologia univoca per richiamare il fenomeno processuale in esame corrisponda o meno ad un totale disinteresse da parte dei giuristi prima e delle cancellerie imperiali poi verso il suo verificarsi e le sue implicazioni in ordine a diversi aspetti del relativo giudizio. Dopo una tale analisi, che ha portato alla luce da un lato la conoscenza giurisprudenziale di alcune problematiche legate sia alla possibilità sia alla necessarietà in alcuni casi della presenza più attori o convenuti in giudizio civile, dall'altro l'assenza di qualsiasi forma di 'regolamentazione' al riguardo in omaggio al principio della piena libertà di agire in giudizio fortemente legato al processo formulare, si è passati a studiare il medesimo fenomeno nel successivo e diverso sistema processuale, la cd. cognitio extra ordine, che per le sue caratteristiche favorì primi interventi normativi tesi a regolarne alcuni aspetti; infine, si è affrontato l'esame dei contenuti e modi di formazione di titolo del Codice di Giustiniano 'De consortibus eiusdem litis' al fine di coglierne il grado di originalità e, dunque, di consapevolezza sotteso alla sua creazione. In una 'prima parte' del lavoro si è condotto un excursus storico volto essenzialmente a dimostrare quale e quanta influenza abbia esercitato sulla dottrina successiva il fatto che i due autori cui si devono i primi studi in merito, Planck in Germania e da Redenti in Italia, abbiano indagato i testi romani al solo fine di condizionare - con obiettivi però diametralmente opposti - le riforme del processo civile che nei rispettivi Stati si andavano compiendo. E' apparsa, infatti, una vera e propria reazione ad un tale approccio ai testi, la conclusione di Biondi circa la non genuinità di tutti i passi che, sebbene con terminologia indiretta, riconducono comunque al fenomeno processuale in questione (in quanto avvenuto nell'ambito di una legis actio o del processo formulare), il che portò l'autore ad escludere in modo rigido e assolutistico la possibilità che esso possa essere stato compatibile con quei due sistemi processuali; teoria, questa, che solo in tempi recenti è stata sottoposta a prime, interessanti critiche. Al termine di questo excursus bibliografico, si precisano gli obiettivi dello studio: da un lato, una rilettura delle fonti senza condizionamenti né di tipo strumentale, né su suggestioni di categorie moderne, al fine di coglierne il significato più autentico: dall'altro, uno studio del percorso sfociato nella formulazione di quel nuovo titolo giustinianeo, nonchè del valore del titolo in se stesso considerato, e ciò per il rilievo che si tratta di un aspetto per lo più trascurato in storiografia e comunque frainteso nei suoi passaggi. La 'seconda parte' del lavoro ha avuto ad oggetto anzitutto la ricerca della rilevanza o meno di una pluralità di attori o convenuti nel processo formulare attraverso l'esame di fonti che, pur difettando di una terminologia univoca ed inequivocabile, sembrerebbero comunque alludere ad una siffatta situazione processuale. Un tale esame e si è soffermato su varie problematiche connesse alla realtà di un giudizio formulare strutturato fra più attori e/o convenuti; in particolare, la sua stessa possibilità tecnica e la sua eventuale 'necessarietà in alcuni casi. Nella 'terza parte' del lavoro sono state analizzate le disposizioni scelte dai commissari giustinianei per formare il loro nuovo titolo C.3.40 - tutte presenti già nel Teodosiano, ma sotto titoli diversi - nell'ottica dei rispettivi legislatori proponenti; il che ha comportato, in particolare, un'approfondira indagine su di una perduta lex super consortibus di Costantino, la quale, oltre a problemi di ricostruzione contenutistica, ha sollevato non pochi problemi di identificazione testuale, e ciò non essendo sembrata del tutto congrua quella proposta da Mommsen con la creazione della sua CTH.2.5.1 ex legge Romana Burgundionum 47. In una 'quarta parte' si è passati ad indagare il valore delle leges in questione in quanto unificate nel nuovo titolo C.3.40. Tale indagine ha avuto quale perno ill confronto fra la collocazione scelta per esse dai compilatori di Teodosio II rispetto a quella (del tutto diversa) operata dai commissari di Giustiniano ed è stato proprio un siffatto confronto a far emergere il grado di consapevolezza e di originalità della scelta giustinianea, la quale è pertanto assolutamente da rivalutarsi nel suo valore rispetto al giudizio negativo che ne aveva dato Planck.
2012
8876070990
DE CONSORTIBUS EIUSDEM LITIS. STORIA DI UN TITOLO DEL CODICE DI GIUSTINIANO / Capone, Piera. - (2012), pp. 1-449.
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