La declinazione in chiave locale di eventi come strategia per trasformare la contesa urbana in risorsa

Può un evento di portata internazionale mettere in moto meccanismi virtuosi capaci di sbloccare situazioni di stallo a livello di quartiere, riattivando politiche e piani lasciati cadere dall'attore pubblico per inerzia istituzionale? Possono le pratiche d'uso aggregate di un territorio essere considerate come microeventi, ma anche come vere e proprie strategie per abitare che concorreranno al radicamento di quel grande evento? Per rispondere a tali domande il paper assume due premesse come fondamentali. La prima premessa è che considerare il territorio “per l'uso che se ne fa” (Crosta 2010) significa guardare alle pratiche dell'abitare come ad un processo ove è centrale il rapporto fra le popolazioni che lo abitano e il territorio stesso (Pasqui 2008). In questo senso le pratiche dell'abitare (compresi i conflitti e le contese territoriali) costruiscono territori e costituiscono popolazioni. La seconda premessa è un'esortazione ad utilizzare le metafore della sostenibilità ambientale per monitorare le dinamiche dell'abitare originate dal presidio attivo dei territori urbani. Ciò significa interpretare i processi di trasformazione guardando a ciò che nasce, si consolida e si auto-organizza in termini di “risorsa”. Infatti, così come è possibile assecondare il processo vegetativo di aree abbandonate introducendo e rafforzando specie autoctone che stimolino la rigenerazione dei terreni, allo stesso modo è pensabile lavorare a fasi di ricolonizzazione dolce dei luoghi a presidio istituzionale lasco che, nell'assecondare alcuni usi, ne innestino oculatamente di nuovi, valorizzando il territorio "per l'uso che se ne fa".