La tesi di Heidegger, secondo cui la fenomenologia non è un punto di vista filosofico, ma un metodo, ossia il modo di determinare dimostrativamente il tema dell'ontologia, collocandosi in uno spazio diverso tra realismo e idealismo, pone indirettamente una sfida al ripensamento della struttura logica del materialismo, in particolare nella sua declinazione storico-dialettica. Perciò si discutono e si mettono a confronto le due significative e opposte letture di Heidegger date nel marxismo filosofico del Novecento. La prima è quella di Lukács, secondo cui il tentativo di superare, insieme all'alternativa tra realismo e idealismo, la dimensione trascendentale e soggettivante in cui culmina la filosofia moderna e in essa la tradizione metafisica occidentale, finisce in un rafforzamento del soggettivismo che qui si presenta in forma falsamente oggettiva: questa esprime il carattere in fondo soggettivo della risposta data alla crisi dall’individuo borghese del primo dopoguerra che reagisce ritirandosi dinanzi alle prospettive di rivoluzione sociale apertesi con le rivoluzioni socialiste. Orizzonte di questa interpretazione lukácsiana è la declinazione dialettico-razionalistica del materialismo storico. La seconda è quella dell’ultimo Althusser intorno alla definizione di "materialismo aleatorio", che critica un materialismo interpretato secondo la tradizione razionalistica come marxismo della necessità e della teleologia, forma mascherata di idealismo, e presenta una tradizione sotterranea completamente misconosciuta nella storia della filosofia: il "materialismo dell'incontro", in cui Marx e Lenin vengono messi in una linea che si svolge da Epicuro, Lucrezio, attraverso Machiavelli e Spinoza, fino a Heidegger e Wittgenstein. In questa linea, dove è contestato un primato del “Senso” e del “Logos” rispetto alla realtà, il clinamen di Epicuro, dove i mondi si formano attraverso l’incontro casuale e non grazie alla Causa o la Ragione necessitante, quindi nella prospettiva di un “materialismo della contingenza”, incontra paradossalmente l’ontologia di Heidegger, il quale a sua volta pone la questione non in termini di origine, causa e fine, ma intorno dei vari significati del temine “es gibt”, “c’è”, “si dà”. Porre così la questione, significa incontrare Epicuro con procedure diverse, perché Heidegger si apre a una visione che restaura una sorta di contingenza trascendentale del mondo nel quale siamo “gettati”, del senso del mondo che rimanda all’invio dell’Essere, al di là di cui non v’è nessuna ragione o causa da indagare ulteriormente, in un continuo arretramento di orizzonte. E’ la stessa prospettiva in cui si colloca l’affermazione di Wittgenstein sul mondo come tutto ciò che “accade”. Nel sottrarre Marx a un materialismo inteso come semplice razione all’idealismo che ne riproduce il primato della necessità, Althusser è in netta opposizione precisamente a Lukács, nel quale però va riconosciuto che essere a favore o contro la ragione non significa concepire come “ragione” o “irrazionalità” essa stessa, la progressività o meno di una tendenza storica, la quale si svolge al di là della coscienza che gli uomini ne hanno. D’altra parte l’esigenza posta della filosofie del Novecento e recepita da Althusser, di un “oltre”, di un’”alterità” che non riproduca il campo pratico e concettuale di ciò che vuole oltrepassare, riflette una condizione della lotta che nel Novecento si è condotta per un “nuovo mondo possibile” in costante confronto con il fallimento di questa esperienza negli esiti del socialismo quale si è realizzato in Unione Sovietica e in Cina. Di qui l’interesse a una lettura di Heidegger e Nietzsche, che, senza trascurarne la valenza fortemente ideologica, ben messa in luce da Lukács, ne mostri lo spunto interessante nell’aver problematizzato precisamente la nozione di “oltrepassamento”.
Presentazione / DI MARCO, GIUSEPPE ANTONIO. - STAMPA. - 2:(2009), pp. VII-XXIV. [9 788874 314126]
Presentazione
DI MARCO, GIUSEPPE ANTONIO
2009
Abstract
La tesi di Heidegger, secondo cui la fenomenologia non è un punto di vista filosofico, ma un metodo, ossia il modo di determinare dimostrativamente il tema dell'ontologia, collocandosi in uno spazio diverso tra realismo e idealismo, pone indirettamente una sfida al ripensamento della struttura logica del materialismo, in particolare nella sua declinazione storico-dialettica. Perciò si discutono e si mettono a confronto le due significative e opposte letture di Heidegger date nel marxismo filosofico del Novecento. La prima è quella di Lukács, secondo cui il tentativo di superare, insieme all'alternativa tra realismo e idealismo, la dimensione trascendentale e soggettivante in cui culmina la filosofia moderna e in essa la tradizione metafisica occidentale, finisce in un rafforzamento del soggettivismo che qui si presenta in forma falsamente oggettiva: questa esprime il carattere in fondo soggettivo della risposta data alla crisi dall’individuo borghese del primo dopoguerra che reagisce ritirandosi dinanzi alle prospettive di rivoluzione sociale apertesi con le rivoluzioni socialiste. Orizzonte di questa interpretazione lukácsiana è la declinazione dialettico-razionalistica del materialismo storico. La seconda è quella dell’ultimo Althusser intorno alla definizione di "materialismo aleatorio", che critica un materialismo interpretato secondo la tradizione razionalistica come marxismo della necessità e della teleologia, forma mascherata di idealismo, e presenta una tradizione sotterranea completamente misconosciuta nella storia della filosofia: il "materialismo dell'incontro", in cui Marx e Lenin vengono messi in una linea che si svolge da Epicuro, Lucrezio, attraverso Machiavelli e Spinoza, fino a Heidegger e Wittgenstein. In questa linea, dove è contestato un primato del “Senso” e del “Logos” rispetto alla realtà, il clinamen di Epicuro, dove i mondi si formano attraverso l’incontro casuale e non grazie alla Causa o la Ragione necessitante, quindi nella prospettiva di un “materialismo della contingenza”, incontra paradossalmente l’ontologia di Heidegger, il quale a sua volta pone la questione non in termini di origine, causa e fine, ma intorno dei vari significati del temine “es gibt”, “c’è”, “si dà”. Porre così la questione, significa incontrare Epicuro con procedure diverse, perché Heidegger si apre a una visione che restaura una sorta di contingenza trascendentale del mondo nel quale siamo “gettati”, del senso del mondo che rimanda all’invio dell’Essere, al di là di cui non v’è nessuna ragione o causa da indagare ulteriormente, in un continuo arretramento di orizzonte. E’ la stessa prospettiva in cui si colloca l’affermazione di Wittgenstein sul mondo come tutto ciò che “accade”. Nel sottrarre Marx a un materialismo inteso come semplice razione all’idealismo che ne riproduce il primato della necessità, Althusser è in netta opposizione precisamente a Lukács, nel quale però va riconosciuto che essere a favore o contro la ragione non significa concepire come “ragione” o “irrazionalità” essa stessa, la progressività o meno di una tendenza storica, la quale si svolge al di là della coscienza che gli uomini ne hanno. D’altra parte l’esigenza posta della filosofie del Novecento e recepita da Althusser, di un “oltre”, di un’”alterità” che non riproduca il campo pratico e concettuale di ciò che vuole oltrepassare, riflette una condizione della lotta che nel Novecento si è condotta per un “nuovo mondo possibile” in costante confronto con il fallimento di questa esperienza negli esiti del socialismo quale si è realizzato in Unione Sovietica e in Cina. Di qui l’interesse a una lettura di Heidegger e Nietzsche, che, senza trascurarne la valenza fortemente ideologica, ben messa in luce da Lukács, ne mostri lo spunto interessante nell’aver problematizzato precisamente la nozione di “oltrepassamento”.| File | Dimensione | Formato | |
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Presentazione a Ulderico Iannicelli, Le ricerche logiche di Martin Heidegger. Logica e verità tra fenomenologia e filosofia trascendentale.pdf
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