Nel periodo delle speranze suscitate dalla vittoria Fronte popolare in Francia e dalla guerra di Spagna, la Tunisia, per nulla chiusa in un isolamento provinciale, era una sorta di laboratorio politico di presenze antifasciste (sindacalisti, anarchici, comunisti, socialisti, repubblicani) molto vicino alla realtà europea. La numerosa comunità italiana (quasi 100.000 individui) era costituita in parte da borghesia coloniale, in parte da rifugiati politici e soprattutto da masse di emigrati provenienti dal Mezzogiorno in cerca di lavoro. La fascistizzazione promossa dalle autorità consolari si rivelò un processo lungo e difficile e non riuscì mai a stravolgere del tutto l’identità culturale, laica e pluralista della comunità, la cui tradizione libertaria non venne mai del tutto meno. In questo ambiente una parte della giovane generazione della borghesia italiana manifestò il suo antifascismo, prima nella forma di una contestazione goliardica, come ricerca di modelli di vita anticonformistici, poi dando vita ad un’opposizione sempre più radicale e consapevole, le cui tappe principali furono l’adesine al partito comunista, il rifiuto del colonialismo e dell’equazione fascismo=italianità e la proposta di un’immagine e di un’idea di nazionalità e di patria radicalmente diverse da quelle diffuse dal regime. Nel 1937 l’assassinio di Giuseppe Miceli, un giovane falegname siciliano, in una spedizione punitiva, che produsse una grande reazione popolare antifascista, pose definitivamente termine al “dilettantismo” del gruppo. Il Centro Estero del partito comunista italiano inviò a Tunisi Giorgio Amendola e Velio Spano, per dare respiro internazionale all’attività dei tunisini. Ma la rigidità ideologica dei partiti aderenti al Comintern, insieme allo scoppio della guerra, finì col comportare la fine dell’alleanza con gli altri antifascisti. In seguito molti di questo gruppo (i fratelli Bensasson, i fratelli Gallico, Marco Vais, Maurizio Valenzi ecc.) raggiunsero l’Italia dopo la guerra e ricoprirono incarichi significativi nel PCI. Il libro ricostruisce le vicende di questi giovani antifascisti attraverso la memorialistica, le carte d’archivio delle spie del consolato fascista e il periodico «L’Italiano di Tunisi» da loro fondato.

Italiani e antifascisti in Tunisia. Percorsi di una difficile identità / Valenzi, Lucia; T., Tomaselli; S., Gallico. - STAMPA. - (2008).

Italiani e antifascisti in Tunisia. Percorsi di una difficile identità

VALENZI, LUCIA;
2008

Abstract

Nel periodo delle speranze suscitate dalla vittoria Fronte popolare in Francia e dalla guerra di Spagna, la Tunisia, per nulla chiusa in un isolamento provinciale, era una sorta di laboratorio politico di presenze antifasciste (sindacalisti, anarchici, comunisti, socialisti, repubblicani) molto vicino alla realtà europea. La numerosa comunità italiana (quasi 100.000 individui) era costituita in parte da borghesia coloniale, in parte da rifugiati politici e soprattutto da masse di emigrati provenienti dal Mezzogiorno in cerca di lavoro. La fascistizzazione promossa dalle autorità consolari si rivelò un processo lungo e difficile e non riuscì mai a stravolgere del tutto l’identità culturale, laica e pluralista della comunità, la cui tradizione libertaria non venne mai del tutto meno. In questo ambiente una parte della giovane generazione della borghesia italiana manifestò il suo antifascismo, prima nella forma di una contestazione goliardica, come ricerca di modelli di vita anticonformistici, poi dando vita ad un’opposizione sempre più radicale e consapevole, le cui tappe principali furono l’adesine al partito comunista, il rifiuto del colonialismo e dell’equazione fascismo=italianità e la proposta di un’immagine e di un’idea di nazionalità e di patria radicalmente diverse da quelle diffuse dal regime. Nel 1937 l’assassinio di Giuseppe Miceli, un giovane falegname siciliano, in una spedizione punitiva, che produsse una grande reazione popolare antifascista, pose definitivamente termine al “dilettantismo” del gruppo. Il Centro Estero del partito comunista italiano inviò a Tunisi Giorgio Amendola e Velio Spano, per dare respiro internazionale all’attività dei tunisini. Ma la rigidità ideologica dei partiti aderenti al Comintern, insieme allo scoppio della guerra, finì col comportare la fine dell’alleanza con gli altri antifascisti. In seguito molti di questo gruppo (i fratelli Bensasson, i fratelli Gallico, Marco Vais, Maurizio Valenzi ecc.) raggiunsero l’Italia dopo la guerra e ricoprirono incarichi significativi nel PCI. Il libro ricostruisce le vicende di questi giovani antifascisti attraverso la memorialistica, le carte d’archivio delle spie del consolato fascista e il periodico «L’Italiano di Tunisi» da loro fondato.
2008
9788820743314
Italiani e antifascisti in Tunisia. Percorsi di una difficile identità / Valenzi, Lucia; T., Tomaselli; S., Gallico. - STAMPA. - (2008).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/320616
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