Dagli anni ‘60 licheni e briofite vengono utilizzati a livello locale, nazionale o continentale per valutazioni di impatto ambientale dovuto ad attività umane e industriali; la maggior parte degli studi sulle briofite come bioindicatori sono stati rivolti alla stima dei cambiamenti qualitativi e quantitativi della vitalità, presenza, copertura e distribuzione di specie, correlabili alla presenza nell’atmosfera di gas fitotossici, elementi in traccia e altri contaminanti immessi nell’atmosfera da fonti naturali e antropogeniche (1). La valutazione di biodiversità di una regione comprende tradizionalmente la valutazione della biodiversità ecologica (diversità di ambienti), e della biodiversità specifica (numero e frequenza specie) stimata, almeno per la componente vegetale, con metodi basati sul rilievo fito-sociologico. Il recente impiego di markers molecolari applicati allo studio di popolazioni di piante vascolari e muschi (2), ha reso possibile stimare i livelli di diversità genetica intraspecifica per valutare lo stato di conservazione delle comunità naturali e fare previsioni su cambiamenti in atto. Studi effettuati mediante rilievi fitosociologici sulla vegetazione briofitica epifita di Quercus ilex nella regione Campania, hanno messo in evidenza che, nei siti urbani, il numero di specie e l’IAP (Index of Air Purity) sono più bassi, che le specie acrocarpe prevalgono sulle pleurocarpe e la riproduzione sessuale è meno frequente, evidenziando, nei siti più disturbati, uno stato pioniere della comunità briofitica che può essere permanente (3). La struttura e la variabilità genetica del muschio Leptodon smithii campionato in alcuni siti della Campania caratterizzati da diverso grado di disturbo, sono state analizzate utilizzando marcatori nucleari ISSR (internal simple sequence repeat) e confrontate con i dati fitosociologici ed ecologici, evidenziando numerosi parallelismi. Riteniamo, infatti, che l’integrazione di set indipendenti di dati raccolti su popolazioni o comunità naturali possa fornire preziose informazioni per evidenziare e stimare l’effetto congiunto di differenti fonti di disturbo sulla componente biotica sensibile di un ecosistema (4), come ad esempio, nel caso studiato, l’osservazione che fenomeni di erosione genetica riflettono in gran parte la frammentazione degli habitat naturali e il disturbo antropico.

Valutazione della biodiversità in comunità di epifite: un confronto tra l'approccio fitosociologico e quello molecolare / Giordano, Simonetta; Spagnuolo, Valeria; Castaldo, Rosa. - STAMPA. - (2006), pp. 27-27. (Intervento presentato al convegno Convegno Annuale della Società Botanica Italiana tenutosi a Caserta nel 27-29 settembre).

Valutazione della biodiversità in comunità di epifite: un confronto tra l'approccio fitosociologico e quello molecolare

GIORDANO, SIMONETTA;SPAGNUOLO, VALERIA;CASTALDO, ROSA
2006

Abstract

Dagli anni ‘60 licheni e briofite vengono utilizzati a livello locale, nazionale o continentale per valutazioni di impatto ambientale dovuto ad attività umane e industriali; la maggior parte degli studi sulle briofite come bioindicatori sono stati rivolti alla stima dei cambiamenti qualitativi e quantitativi della vitalità, presenza, copertura e distribuzione di specie, correlabili alla presenza nell’atmosfera di gas fitotossici, elementi in traccia e altri contaminanti immessi nell’atmosfera da fonti naturali e antropogeniche (1). La valutazione di biodiversità di una regione comprende tradizionalmente la valutazione della biodiversità ecologica (diversità di ambienti), e della biodiversità specifica (numero e frequenza specie) stimata, almeno per la componente vegetale, con metodi basati sul rilievo fito-sociologico. Il recente impiego di markers molecolari applicati allo studio di popolazioni di piante vascolari e muschi (2), ha reso possibile stimare i livelli di diversità genetica intraspecifica per valutare lo stato di conservazione delle comunità naturali e fare previsioni su cambiamenti in atto. Studi effettuati mediante rilievi fitosociologici sulla vegetazione briofitica epifita di Quercus ilex nella regione Campania, hanno messo in evidenza che, nei siti urbani, il numero di specie e l’IAP (Index of Air Purity) sono più bassi, che le specie acrocarpe prevalgono sulle pleurocarpe e la riproduzione sessuale è meno frequente, evidenziando, nei siti più disturbati, uno stato pioniere della comunità briofitica che può essere permanente (3). La struttura e la variabilità genetica del muschio Leptodon smithii campionato in alcuni siti della Campania caratterizzati da diverso grado di disturbo, sono state analizzate utilizzando marcatori nucleari ISSR (internal simple sequence repeat) e confrontate con i dati fitosociologici ed ecologici, evidenziando numerosi parallelismi. Riteniamo, infatti, che l’integrazione di set indipendenti di dati raccolti su popolazioni o comunità naturali possa fornire preziose informazioni per evidenziare e stimare l’effetto congiunto di differenti fonti di disturbo sulla componente biotica sensibile di un ecosistema (4), come ad esempio, nel caso studiato, l’osservazione che fenomeni di erosione genetica riflettono in gran parte la frammentazione degli habitat naturali e il disturbo antropico.
2006
Valutazione della biodiversità in comunità di epifite: un confronto tra l'approccio fitosociologico e quello molecolare / Giordano, Simonetta; Spagnuolo, Valeria; Castaldo, Rosa. - STAMPA. - (2006), pp. 27-27. (Intervento presentato al convegno Convegno Annuale della Società Botanica Italiana tenutosi a Caserta nel 27-29 settembre).
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