Crotone, il fronte a mare sul porto La massa sembra connotare più di ogni altra cosa la costruzione in pietra. Lo scavo, l'erosione ne rivelano lo spessore, la potenza. Le gravine del meridione - quella dei Sassi di Matera in particolare - mostrano il rapporto ambiguo tra natura ed artificio che spesso si instaura nelle architetture di pietra. Ma anche i Prigioni di Michelangelo, le pirrere di Favignana, le piscinas di Alvaro Siza, raccontano il punto di flessione temporale tra l'apparire e lo sparire di una costruzione nel rapporto con la natura. Il progetto lavora su questo principio adottando l'idea dello strato che si materializza nella costruzione di un secondo suolo. Qui il progetto si confronta con una condizione paradossale: quel che appare dal punto di vista del suolo originario (il suolo naturale) essere una costruzione^ si manifesta, all'opposto, come scavo dal punto di vista del secondo suolo (il suolo artificiale). Quella di Crotone è una pietra carica di una storia antica, fin dal tempo in cui su queste rive dello Ionio sorgeva la scuola di Pitagora. Qui, dove il porto è la soglia tra terra ed acqua, il progetto ha assunto come propri due temi: l'arsenale che con le sue gallerie è il limite che unisce mare a mare nelle due anse opposte del porto; e la bascula, che dal suolo si solleva e risolve il dislivello tra città e molo in un unico edificio piazza, imprimendo in tal modo, una sorta di bradisisma alla tettonica del primo tema. Il progetto ricerca la dimensione di un frammento imponente capace di dare ordine ai lasciti casuali accumulatisi nel tempo tra il mare ed il Castello, cui vuole rende silenziosamente omaggio, riducendo il costruito ad una dimensione semiipogea sotto il piano della piazza. Con il Castello, tuttavia, si confronta con la dimensione e la potenza di un gesto tettonico che risolve in un'unica piazza più spazi, la strada, il molo, le due anse del porto, e le quote della città e del molo. In copertura, alla logica costruttiva dell'intradosso del piano piazza, dentellato dallo scavato delle volte a botte di ciascun singolo elemento, fa riscontro la giacitura unica dell'estradosso che riunisce, attraverso un secondo suolo, quella che altrimenti risulterebbe una giustapposizione di varie scritture, corrodendosi per rivelare gli spazi sottostanti. Il fronte sul porto si propone così come elemento ordinatore: una murazione, che in un tempo lontano sarebbe stata elemento di difesa, lega oggi, al suo margine, la città al mare in un punto di sutura in cui concorrono il sistema del parco urbano e quello museale. Dal punto di vista tettonico il progetto si sviluppa a partire da un principio di fondazione specifica, l'arsenale, preesistenza virtuale in cui il raddoppio dei muri sui quali scaricano le volte qualifica gli spazi serventi, mentre i corpi longitudinali ospitano gli spazi per le attività artistiche e per le esposizioni. Dal punto di vista della intenzionalità di progetto, invece, è l'esito di un percorso inverso, di un lavoro di scavo nella pietra che rivela lo spessore della grande massa. Anche qui, perciò, è in opera un'ambiguità nella sequenza tra le scritture del suolo appartenenti all'artificio ed alla preesistenza: con una doppia sospensione, quella spaziale, del grande oggetto che emerge/affonda nel suolo, e quella temporale, che investe l'antecedenza tra il lavoro di costruzione e quello di scavo.

La mosta "Città di Pietra" / Mainini, GIANCARLO LUIGI. - STAMPA. - (2007).

La mosta "Città di Pietra"

MAININI, GIANCARLO LUIGI
2007

Abstract

Crotone, il fronte a mare sul porto La massa sembra connotare più di ogni altra cosa la costruzione in pietra. Lo scavo, l'erosione ne rivelano lo spessore, la potenza. Le gravine del meridione - quella dei Sassi di Matera in particolare - mostrano il rapporto ambiguo tra natura ed artificio che spesso si instaura nelle architetture di pietra. Ma anche i Prigioni di Michelangelo, le pirrere di Favignana, le piscinas di Alvaro Siza, raccontano il punto di flessione temporale tra l'apparire e lo sparire di una costruzione nel rapporto con la natura. Il progetto lavora su questo principio adottando l'idea dello strato che si materializza nella costruzione di un secondo suolo. Qui il progetto si confronta con una condizione paradossale: quel che appare dal punto di vista del suolo originario (il suolo naturale) essere una costruzione^ si manifesta, all'opposto, come scavo dal punto di vista del secondo suolo (il suolo artificiale). Quella di Crotone è una pietra carica di una storia antica, fin dal tempo in cui su queste rive dello Ionio sorgeva la scuola di Pitagora. Qui, dove il porto è la soglia tra terra ed acqua, il progetto ha assunto come propri due temi: l'arsenale che con le sue gallerie è il limite che unisce mare a mare nelle due anse opposte del porto; e la bascula, che dal suolo si solleva e risolve il dislivello tra città e molo in un unico edificio piazza, imprimendo in tal modo, una sorta di bradisisma alla tettonica del primo tema. Il progetto ricerca la dimensione di un frammento imponente capace di dare ordine ai lasciti casuali accumulatisi nel tempo tra il mare ed il Castello, cui vuole rende silenziosamente omaggio, riducendo il costruito ad una dimensione semiipogea sotto il piano della piazza. Con il Castello, tuttavia, si confronta con la dimensione e la potenza di un gesto tettonico che risolve in un'unica piazza più spazi, la strada, il molo, le due anse del porto, e le quote della città e del molo. In copertura, alla logica costruttiva dell'intradosso del piano piazza, dentellato dallo scavato delle volte a botte di ciascun singolo elemento, fa riscontro la giacitura unica dell'estradosso che riunisce, attraverso un secondo suolo, quella che altrimenti risulterebbe una giustapposizione di varie scritture, corrodendosi per rivelare gli spazi sottostanti. Il fronte sul porto si propone così come elemento ordinatore: una murazione, che in un tempo lontano sarebbe stata elemento di difesa, lega oggi, al suo margine, la città al mare in un punto di sutura in cui concorrono il sistema del parco urbano e quello museale. Dal punto di vista tettonico il progetto si sviluppa a partire da un principio di fondazione specifica, l'arsenale, preesistenza virtuale in cui il raddoppio dei muri sui quali scaricano le volte qualifica gli spazi serventi, mentre i corpi longitudinali ospitano gli spazi per le attività artistiche e per le esposizioni. Dal punto di vista della intenzionalità di progetto, invece, è l'esito di un percorso inverso, di un lavoro di scavo nella pietra che rivela lo spessore della grande massa. Anche qui, perciò, è in opera un'ambiguità nella sequenza tra le scritture del suolo appartenenti all'artificio ed alla preesistenza: con una doppia sospensione, quella spaziale, del grande oggetto che emerge/affonda nel suolo, e quella temporale, che investe l'antecedenza tra il lavoro di costruzione e quello di scavo.
2007
9788888149417
La mosta "Città di Pietra" / Mainini, GIANCARLO LUIGI. - STAMPA. - (2007).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/311080
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