Il saggio Enzo Paci. Un filosofo in dialogo con gli architetti (pubblicato in «Rassegna di Architettura e Urbanistica», n. 115/116, 2005, monografico su Ernesto Rogers), contribuiva a mettere in luce il portato del colloquio fecondo per l’architettura italiana che fra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso intrattennero Paci e Rogers. Sollecitato, dopo la pubblicazione di questo saggio, da Pier Aldo Rovatti - Direttore di «aut aut», tra le maggiori riviste di filosofia italiane - che di Paci è stato allievo e che gli è succeduto alla direzione della rivista, questo secondo saggio mette in luce ulteriori aspetti. La ricostruzione materiale e morale del secondo dopoguerra non poteva evitare di fare i conti con le contraddizioni emerse con il conflitto, che avevano gettato più di un’ombra sulla capacità di espansione progressiva dei principi razionali che per lungo tempo si era ritenuto dovessero guidare la storia e le varie pratiche immerse nel suo orizzonte. Né poteva l’architettura sfuggire ad una tale condizione, che le richiedeva di mettere in questione gli stessi principi razionali dei movimenti internazionali. L’interrogazione ripetuta sul nodo continuità/discontinuità rivelava i sintomi del disagio e la pressante richiesta di riconsiderare il significato stesso dei termini alla ricerca di una prospettiva che a quel disagio potesse reagire ‘positivamente’ e che non poteva non investire, perciò, fondamenti e fini del fare progettuale. Tale apertura problematica motiva l’incontro tra il filosofo Enzo Paci ed Ernesto Nathan Rogers, impegnato a ripensare verso nuovi orizzonti critici l’eredità del moderno. L’immer wieder (sempre di nuovo) costituisce in Paci un Leitmotiv in cui esplicita un’accezione della continuità come continuità di rinnovamento. Questo scritto enuclea alcuni capisaldi del suo pensiero attraverso testi forse meno noti ai lettori di quelli apparsi sulle riviste di architettura per leggervi, esplicitamente o in filigrana, le ragioni critiche di questa influenza. Con Paci la nostra disciplina ha contratto molti debiti, che vanno al di là della Casabella ‘rogersiana’ e che si estendono come un’onda lunga sul dibattito di quegli anni e sulla stessa rivista nell'arco di tempo in cui è stata diretta da Vittorio Gregotti. Il quale ha avuto modo di affermare che “molti vocaboli della fenomenologia paciana sono (…) passati nel linguaggio degli architetti: alcuni di noi parlano sovente di sospensione del giudizio, di orizzonti, di intenzionalità, di Umwelt, di relazione, di mondo della vita, espressioni che, sia pure con vistosi slittamenti, descrivono anche oggi, per alcuni architetti, un’area particolare di metodi, di prospettive, di esperienze di resistenza di fronte alle ideologie della crisi, di volontà di ricostituzione di relazioni necessarie tra disciplina e contesto fisico sociale.” Per l’architettura italiana da qui partono numerosi sentieri che hanno variamente declinato il suo compito. Come tensione tra esigenza del metodo e principio del caso per caso in Rogers, speculare all’immer wieder di Paci; o nell’insistenza sulla dinamica tra permanenza ed emergenza che rivela la memoria collettiva che si deposita nella città come luogo dell’architettura, in Rossi; o nell’attenzione alla specificità del contesto, come luogo definito dell’esperimento progettuale, in Gregotti. Il saggio è stato recensito, unitamente all’intero numero di «aut aut» , in “Casabella” n. 758, settembre 2007.

La ragione di Ulisse. Il colloquio tra Paci e Rogers / Rispoli, Francesco. - In: AUT AUT. - ISSN 0005-0601. - STAMPA. - 333:(2007), pp. 57-81.

La ragione di Ulisse. Il colloquio tra Paci e Rogers

RISPOLI, FRANCESCO
2007

Abstract

Il saggio Enzo Paci. Un filosofo in dialogo con gli architetti (pubblicato in «Rassegna di Architettura e Urbanistica», n. 115/116, 2005, monografico su Ernesto Rogers), contribuiva a mettere in luce il portato del colloquio fecondo per l’architettura italiana che fra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso intrattennero Paci e Rogers. Sollecitato, dopo la pubblicazione di questo saggio, da Pier Aldo Rovatti - Direttore di «aut aut», tra le maggiori riviste di filosofia italiane - che di Paci è stato allievo e che gli è succeduto alla direzione della rivista, questo secondo saggio mette in luce ulteriori aspetti. La ricostruzione materiale e morale del secondo dopoguerra non poteva evitare di fare i conti con le contraddizioni emerse con il conflitto, che avevano gettato più di un’ombra sulla capacità di espansione progressiva dei principi razionali che per lungo tempo si era ritenuto dovessero guidare la storia e le varie pratiche immerse nel suo orizzonte. Né poteva l’architettura sfuggire ad una tale condizione, che le richiedeva di mettere in questione gli stessi principi razionali dei movimenti internazionali. L’interrogazione ripetuta sul nodo continuità/discontinuità rivelava i sintomi del disagio e la pressante richiesta di riconsiderare il significato stesso dei termini alla ricerca di una prospettiva che a quel disagio potesse reagire ‘positivamente’ e che non poteva non investire, perciò, fondamenti e fini del fare progettuale. Tale apertura problematica motiva l’incontro tra il filosofo Enzo Paci ed Ernesto Nathan Rogers, impegnato a ripensare verso nuovi orizzonti critici l’eredità del moderno. L’immer wieder (sempre di nuovo) costituisce in Paci un Leitmotiv in cui esplicita un’accezione della continuità come continuità di rinnovamento. Questo scritto enuclea alcuni capisaldi del suo pensiero attraverso testi forse meno noti ai lettori di quelli apparsi sulle riviste di architettura per leggervi, esplicitamente o in filigrana, le ragioni critiche di questa influenza. Con Paci la nostra disciplina ha contratto molti debiti, che vanno al di là della Casabella ‘rogersiana’ e che si estendono come un’onda lunga sul dibattito di quegli anni e sulla stessa rivista nell'arco di tempo in cui è stata diretta da Vittorio Gregotti. Il quale ha avuto modo di affermare che “molti vocaboli della fenomenologia paciana sono (…) passati nel linguaggio degli architetti: alcuni di noi parlano sovente di sospensione del giudizio, di orizzonti, di intenzionalità, di Umwelt, di relazione, di mondo della vita, espressioni che, sia pure con vistosi slittamenti, descrivono anche oggi, per alcuni architetti, un’area particolare di metodi, di prospettive, di esperienze di resistenza di fronte alle ideologie della crisi, di volontà di ricostituzione di relazioni necessarie tra disciplina e contesto fisico sociale.” Per l’architettura italiana da qui partono numerosi sentieri che hanno variamente declinato il suo compito. Come tensione tra esigenza del metodo e principio del caso per caso in Rogers, speculare all’immer wieder di Paci; o nell’insistenza sulla dinamica tra permanenza ed emergenza che rivela la memoria collettiva che si deposita nella città come luogo dell’architettura, in Rossi; o nell’attenzione alla specificità del contesto, come luogo definito dell’esperimento progettuale, in Gregotti. Il saggio è stato recensito, unitamente all’intero numero di «aut aut» , in “Casabella” n. 758, settembre 2007.
2007
La ragione di Ulisse. Il colloquio tra Paci e Rogers / Rispoli, Francesco. - In: AUT AUT. - ISSN 0005-0601. - STAMPA. - 333:(2007), pp. 57-81.
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