L'articolo ricostruisce la disciplina della cambiale contemplata dai codici di commercio del Regno d'Italia. Seguendo con attenzione il regime giuridico previsto dal legislatore e confrontando il dibattito istituzionale con le riflessione coeve della dottrina civilistica sulla natura della lettera di cambio, si illustra la progressiva trasformazione del documento da mera prova di un "contratto di cambio" a titolo di credito più consono alle necessità della prassi commerciale italiana. La ricerca da' conto dell'attenzione che il Parlamento, la magistratura, le Camere di Commercio e la scienza giuridica riservarono allo studio delle legislazioni europee in materia di cambio, e in particolare alla Francia - alla cui normativa si ispirò il legislatore del 1865 - e alla Germania , che offriva un modello di cambiale più moderno, libero dai vincoli imposti dalla disciplina contrattuale di matrice romanistica e fortemente orientato alle pratiche mercantili delle piazze commerciali europee. Si scopre così che dietro la riflessione tecnica sulle finalità e sui requisiti dei titoli di credito si celavano dibattiti e confronti di più ampio respiro relativi alla delicata questione della separazione del diritto privato realizzata con il codice civile e commerciale. La scelta sembrava contraddire i principi, universalmente riconosciuti dagli Stati liberali, della unicità del doggetto di diritto e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, legittimando una normativa eccezionale per coloro che concludessero precisi e tassativi accordi mercantili. Questa lettura presupponeva che il paradigma ideale di riferimento per la legislazione unitaria continuasse a essere il proprietario terriero e il produttore agricolo. In un'economia di tipo tradizionale e preindustriale, il codice commerciale assumeva una valenza secondaria e strumentale rispetto al codice civile, che riaffermava la sua natura di legge fondamentale dei cives. Un cambiamento radicale di prospettiva si realizza nel 1882 con l'approvazione del nuovo testo commerciale, che ribalterà gli equilibri all'interno della sfera privatistica, assumendo l'idealtipo del nascente imprenditore come referente unico per l'intera disciplina civilistica, allargando a tutti i consociati i principi del diritto mercantile e preparando in tal modo il campo alla riunificazione della materia, definitivamente sancita dal codice civile del 1942.

Diritto dei commerci e libertà del credito. La disciplina della cambiale nei codici di commercio del Regno d'Italia / Torre, Stefania. - In: MATERIALI PER UNA STORIA DELLA CULTURA GIURIDICA. - ISSN 1120-9607. - STAMPA. - XXXIV, 1:(2004), pp. 73-91.

Diritto dei commerci e libertà del credito. La disciplina della cambiale nei codici di commercio del Regno d'Italia

TORRE, STEFANIA
2004

Abstract

L'articolo ricostruisce la disciplina della cambiale contemplata dai codici di commercio del Regno d'Italia. Seguendo con attenzione il regime giuridico previsto dal legislatore e confrontando il dibattito istituzionale con le riflessione coeve della dottrina civilistica sulla natura della lettera di cambio, si illustra la progressiva trasformazione del documento da mera prova di un "contratto di cambio" a titolo di credito più consono alle necessità della prassi commerciale italiana. La ricerca da' conto dell'attenzione che il Parlamento, la magistratura, le Camere di Commercio e la scienza giuridica riservarono allo studio delle legislazioni europee in materia di cambio, e in particolare alla Francia - alla cui normativa si ispirò il legislatore del 1865 - e alla Germania , che offriva un modello di cambiale più moderno, libero dai vincoli imposti dalla disciplina contrattuale di matrice romanistica e fortemente orientato alle pratiche mercantili delle piazze commerciali europee. Si scopre così che dietro la riflessione tecnica sulle finalità e sui requisiti dei titoli di credito si celavano dibattiti e confronti di più ampio respiro relativi alla delicata questione della separazione del diritto privato realizzata con il codice civile e commerciale. La scelta sembrava contraddire i principi, universalmente riconosciuti dagli Stati liberali, della unicità del doggetto di diritto e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, legittimando una normativa eccezionale per coloro che concludessero precisi e tassativi accordi mercantili. Questa lettura presupponeva che il paradigma ideale di riferimento per la legislazione unitaria continuasse a essere il proprietario terriero e il produttore agricolo. In un'economia di tipo tradizionale e preindustriale, il codice commerciale assumeva una valenza secondaria e strumentale rispetto al codice civile, che riaffermava la sua natura di legge fondamentale dei cives. Un cambiamento radicale di prospettiva si realizza nel 1882 con l'approvazione del nuovo testo commerciale, che ribalterà gli equilibri all'interno della sfera privatistica, assumendo l'idealtipo del nascente imprenditore come referente unico per l'intera disciplina civilistica, allargando a tutti i consociati i principi del diritto mercantile e preparando in tal modo il campo alla riunificazione della materia, definitivamente sancita dal codice civile del 1942.
2004
Diritto dei commerci e libertà del credito. La disciplina della cambiale nei codici di commercio del Regno d'Italia / Torre, Stefania. - In: MATERIALI PER UNA STORIA DELLA CULTURA GIURIDICA. - ISSN 1120-9607. - STAMPA. - XXXIV, 1:(2004), pp. 73-91.
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