La riformulazione del rapporto tra partecipazione amministrativa e patrimoniale alla vita della società ed ai suoi risultati, da una parte, e posizione di azionista, dall’altra, intervenuta con la riforma societaria del 2003 ha davvero i caratteri della innovazione, per così dire, straordinaria. Nella vigenza del codice civile del 1942, e con l’eccezione delle azioni di risparmio, l’azionista si distingueva da ogni altro soggetto comunque legato alla società (finanziatori, fornitori, e così via) per due caratteristiche essenziali: da una parte, l’attribuzione di peculiari diritti amministrativi, ed, in particolare, del diritto di voto, e ancor più, di quello di intervento in assemblea, che, per dottrina assolutamente dominante, doveva spettare anche agli azionisti a voto limitato di cui all’art. 2351, co. 2; dall’altra, il rischio di subire l’incidenza delle perdite di gestione, anche con riferimento alla cd. quota capitale. Tale caratterizzazione è oggi quantomeno più complessa: è qualificato “strumento finanziario” e non “azione” quel “documento” che può attribuire sia il diritto di voto, o, comunque, di voice, sia diritti patrimoniali, con partecipazione, dunque, anche al rischio di impresa . D’altra parte, sempre con lo statuto può essere prevista la istituzione di azioni dotate di diritti amministrativi della più varia foggia, e financo prive di diritto di voto, ritenendosi addirittura - secondo una parte pur significativa della dottrina – che a questa “privazione” non dovrebbe necessariamente corrispondere un diritto patrimoniale preferenziale. Così come, anche sul piano patrimoniale, possono essere create azioni “fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle perdite”. Da questo quadro emerge dunque subito un aspetto, sul quale molto si discuterà in futuro: posto il dato di fatto che l’attribuzione del ruolo di soggetto che partecipa alla vita amministrativa ed ai risultati patrimoniali di una società per azioni non competerà solo all’azionista ma anche a questo nuovo soggetto che potremmo denominare, per assonanza, strumentista finanziario, resta da chiedersi se si sia realizzato, oppur no, uno sdoppiamento della figura di socio di società per azioni: cioè se e in che misura si sia “sfumata” la differenza tra socio e creditore della società e quale sia il peso - in senso ovviamente contrario - del dato formale della destinazione a capitale dei conferimenti dell’azionista e non anche di quelli dello strumentista finanziario . Nello studio si analizzano i profili peculiari delle azioni "speciali", al fine di comprenderne i limiti e la compatibilità con la posizione del socio di società per azioni, così come oggi considerata dal legislatore.

Le azioni a voto limitato nella riforma / Blandini, Antonio. - In: GIURISPRUDENZA COMMERCIALE. - ISSN 0390-2269. - STAMPA. - (2004), pp. 467-490.

Le azioni a voto limitato nella riforma

BLANDINI, ANTONIO
2004

Abstract

La riformulazione del rapporto tra partecipazione amministrativa e patrimoniale alla vita della società ed ai suoi risultati, da una parte, e posizione di azionista, dall’altra, intervenuta con la riforma societaria del 2003 ha davvero i caratteri della innovazione, per così dire, straordinaria. Nella vigenza del codice civile del 1942, e con l’eccezione delle azioni di risparmio, l’azionista si distingueva da ogni altro soggetto comunque legato alla società (finanziatori, fornitori, e così via) per due caratteristiche essenziali: da una parte, l’attribuzione di peculiari diritti amministrativi, ed, in particolare, del diritto di voto, e ancor più, di quello di intervento in assemblea, che, per dottrina assolutamente dominante, doveva spettare anche agli azionisti a voto limitato di cui all’art. 2351, co. 2; dall’altra, il rischio di subire l’incidenza delle perdite di gestione, anche con riferimento alla cd. quota capitale. Tale caratterizzazione è oggi quantomeno più complessa: è qualificato “strumento finanziario” e non “azione” quel “documento” che può attribuire sia il diritto di voto, o, comunque, di voice, sia diritti patrimoniali, con partecipazione, dunque, anche al rischio di impresa . D’altra parte, sempre con lo statuto può essere prevista la istituzione di azioni dotate di diritti amministrativi della più varia foggia, e financo prive di diritto di voto, ritenendosi addirittura - secondo una parte pur significativa della dottrina – che a questa “privazione” non dovrebbe necessariamente corrispondere un diritto patrimoniale preferenziale. Così come, anche sul piano patrimoniale, possono essere create azioni “fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle perdite”. Da questo quadro emerge dunque subito un aspetto, sul quale molto si discuterà in futuro: posto il dato di fatto che l’attribuzione del ruolo di soggetto che partecipa alla vita amministrativa ed ai risultati patrimoniali di una società per azioni non competerà solo all’azionista ma anche a questo nuovo soggetto che potremmo denominare, per assonanza, strumentista finanziario, resta da chiedersi se si sia realizzato, oppur no, uno sdoppiamento della figura di socio di società per azioni: cioè se e in che misura si sia “sfumata” la differenza tra socio e creditore della società e quale sia il peso - in senso ovviamente contrario - del dato formale della destinazione a capitale dei conferimenti dell’azionista e non anche di quelli dello strumentista finanziario . Nello studio si analizzano i profili peculiari delle azioni "speciali", al fine di comprenderne i limiti e la compatibilità con la posizione del socio di società per azioni, così come oggi considerata dal legislatore.
2004
Le azioni a voto limitato nella riforma / Blandini, Antonio. - In: GIURISPRUDENZA COMMERCIALE. - ISSN 0390-2269. - STAMPA. - (2004), pp. 467-490.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/100180
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