Buone prassi Stampa
Ripensare lo spazio per l’infanzia alla luce della complessità multidisciplinare: un report di ricerca
di Alessandra Romano   

DOI: 10.12897/01.00060

 

Il presente lavoro di ricerca si iscrive in un progetto psico-pedagogico e architettonico di ridefinizione di un ex edificio (ONMI) di proprietà comunale, convertito in spazio per l’infanzia. Questo lavoro ha visto una collaborazione strutturata e collaborativa tra gli addetti ai lavori, i pedagogisti (educatori, operatori e coordinatori) e i tecnici (architetti). Dalla circolarità tra prassi e teoria, ne deriva un duplice lavoro: da una parte una review della letteratura scientifica in campo pedagogico sull’organizzazione e la gestione degli spazi per i bambini delle fasce di età più piccole, riletti in chiave problematica e critica seguendo le indicazioni e le suggestioni educative di Maria Montessori; dall’altra parte un lavoro di ricerca a carattere esplorativo avente come oggetto le rappresentazioni individuali e collettive inerenti la progettazione, la pianificazione e la realizzazione di spazi per l’infanzia ad opera di equipe multidisciplinari.

 

This research work is part of a psycho-pedagogical and architectural project of redefinition of a former building (ONMI) owned by the city, converted into a space for children. This work has seen a strict and structured collaboration among the experts, pedagogues (educators, and administrators) and technicians (architects). Considering the link between practice and theory, it has been done a double work: one is a review of the scientific literature in the field of education on the organization and management of space for children of the different ages, within the framework of the criticism, following the information and suggestions for educational practices of Maria Montessori; the second is a research work aimed at the exploration of the individual and collective representations related to the design, planning and implementation of space for children in multidisciplinary teams.

 

1. Introduzione

 

La Legge regionale del 23 ottobre del 2007, n. 11, ha definito, in Campania, le caratteristiche del sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali quale motore dello sviluppo delle forme di tutela della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali. In questo contesto, i nidi di infanzia ed i servizi integrativi costituiscono il primo momento di apprendimento non formale e rappresentano il terreno di coltura di quel percorso continuo dell’individuo, fatto di esperienze conoscitive e accrescimento del sapere. L’ambiente costituisce uno degli elementi fondamentali del percorso di crescita se garantisce le condizioni di sicurezza e di protezione in cui si possono consolidare la serenità e l’affettività; se stimola la conoscenza incoraggiando il desiderio di esplorare e di padroneggiare uno spazio amico; se offre spazi condivisi per stare insieme nel gruppo e spazi personalizzati, che divengano riferimenti stabili della propria intimità; se assicura la possibilità del calore affettivo della relazione con gli adulti. Il presente articolo auspica di contribuire alla riflessione sugli spazi pensati per l’infanzia alla luce del framework teorico delle riflessioni montessoriane.

Dalla circolarità tra teoria e prassi, ne deriva un duplice lavoro: da una parte una review della letteratura scientifica in campo pedagogico sull’organizzazione e la gestione degli spazi per i bambini delle fasce di età più piccole, riletti in chiave problematica e critica seguendo le indicazioni e le suggestioni educative di Maria Montessori; dall’altra parte un lavoro di ricerca a carattere esplorativo avente come oggetto le rappresentazioni individuali e collettive inerenti la progettazione, la pianificazione e la realizzazione di spazi per l’infanzia ad opera di equipe multidisciplinari.

L’approccio esplorativo scelto ha consentito di raccogliere i pareri degli addetti ai lavori, educatori – coordinatori - responsabili del settore e architetti, tenendo insieme i diversi linguaggi, i diversi costrutti, le diverse interpretazioni degli eventi, delle esperienze, delle emozioni. Lo spazio pedagogico per l’infanzia deve essere inteso in senso evolutivo, come punto d’intersezione di azioni, concezioni e attributi (Canter, 1977), deve connotarsi come luogo, o meglio come “il luogo” (Mannarini, 2010) frutto di collaborazione, costruzione, incontro e condivisione di un significato. Gli spazi per l’infanzia devono essere “bassi” e con questo inciso si vuole intendere che devono essere alla porta di chi li abita, facilmente accessibili. Devono, altresì, costruirsi come un’isola, l’isola della propria esistenza che si presta a contenere e soddisfare il bisogno di fare tante esperienze.

L’oggetto della ricerca esplorativa condotta risulta un progetto psico-pedagogico e strutturale di ridefinizione di un ex edificio (ONMI) di proprietà comunale che, grazie e in riferimento alle norme regionali L.R. n° 11/2007 con successivo DPGR n° 16 23/11/2009 “indicazioni circa i requisiti strutturali e organizzativi”, ha collocato un asilo d’infanzia in uno spazio pensato fin dalla sua nascita come un ambiente di cura seppur con scopi diversi. I temi trattati si propongono di fornire spunti, quelli maggiormente necessari, per approdare e abitare il giusto punto di vista nella progettazione educativa in chiave montessoriana. Desideriamo partire dagli spazi perché per pensare ai servizi e alle strategie educative per la prima infanzia bisogna partire dal campo, dall’ambiente che diventa contenitore, dalla collocazione e localizzazione di oggetti, arredi, servizi e offerte educative. Pensare allo spazio rappresenta, come sottolinea Aldo Fortunati (2009), un segnale di attenzione e di ascolto ai bisogni dei bambini che anticipa e sostiene quella che dovrà essere la cura della relazione nell’interazione tra adulto e bambino all’interno di un contesto educativo. Esplorare le rappresentazioni adulte dello spazio dell’esperienza dei bambini aiuta i “grandi” a mutare aspettative di protagonismo nelle azioni che il bambino esprimerà al suo interno, focalizzandosi, invece, su quali opportunità il bambino troverà in esso, e aiuta a stemperare quell’invadenza sul bambino che talvolta l’istanza educativa chiama in causa quando l’ansia dei risultati prevarica la sensibilità dell’ascolto.

 

2. I riferimenti teorici

 

Aldo Fortunati, Anna Lia Galardini ed Enzo Catarsi sono stati incaricati qualche anno fa di condurre una ricerca su committenza della Regione Toscana. La ricerca muoveva dalla constatazione della diffusa inadeguatezza delle strutture edilizie dei nidi esistenti. In una regione che aveva raggiunto un ruolo di eccellenza a livello nazionale, era evidente la disparità tra la qualità pedagogica del servizio e quella degli ambienti in cui questo era praticato. In moltissimi casi si trattavano di edifici vecchi, rispondenti a impostazioni superate, prefabbricati prodotti in grande numero e ormai inadeguati, strutture costruite per altre destinazioni d’uso e riadattate non sempre con la giusta funzionalità e la necessaria cura. D’altra parte l’insoddisfacente qualità di quegli edifici corrispondeva a una disattenzione più generale, che partiva da un insufficiente impegno politico e dall’esiguità dei fondi stanziati a livello nazionale e arrivava al disinteresse della cultura architettonica italiana contemporanea verso quel tipo di servizi. Per contribuire a una ripresa d’interesse, in occasione di quella ricerca sono stati raccolti e documentati sia esempi storici di servizi per l’infanzia realizzati in Europa dagli anni Venti, sia una serie di esempi internazionali recenti di nidi e scuole dell’infanzia di notevole qualità architettonica. Dall’analisi approfondita di questi ultimi e dalle indicazioni dei pedagogisti, maturate in anni di esperienza sul campo, sono state delineate indicazioni progettuali ed è stata sviluppata una serie di modelli di servizi per la prima infanzia, con l’obiettivo di fornire uno strumento efficace e di facile impiego per i progettisti, ma anche per gli altri operatori del settore.

Dall’approfondimento teorico degli studi di Malaguzzi (2012) e dai risultati della ricerca di Fumagalli, derivano alcuni issue avvertiti come particolarmente rilevanti nella progettazione degli spazi per i bambini:

- La centralità del bambino e dei suoi diritti;

- La calibratura dell’ambiente in funzione delle esigenze di chi lo abita;

- La flessibilità progettuale;

- La dimensione prassica e attiva della costruzione in prima persona del sapere dei bambini;

- La prospettiva concettuale del Nido come luogo e comunità di apprendimento per bambini, educatori, genitori e comunità locale;

- La centralità del processo educativo dell’apprendimento e non dell’insegnamento;

- La partecipazione viva e attenta dei genitori nello spazio di vita dei propri figli.

Malaguzzi crede fermamente che ciò che i bambini apprendono non discenda automaticamente da un rapporto lineare di causa-effetto tra processi di insegnamento e risultati, ma è in gran parte opera degli stessi bambini, delle loro attività e dell'impiego delle risorse di cui sono dotati (Malaguzzi, 2012). I bambini svolgono sempre un ruolo attivo nella costruzione e nell'acquisizione del sapere e del capire. L'apprendimento si denota, quindi, come un processo auto-costruttivo. L’educazione è paragonata a un cantiere, a un laboratorio permanente in cui i processi di ricerca dei bambini e degli adulti s’intrecciano in modo forte, vivendo ed coevolvendo (Strollo, 2008) quotidianamente. L'obiettivo principale di ogni progetto per uno spazio per l’infanzia è, secondo Malaguzzi, quello di rendere uno “spazio” amabile dove in primis stiano bene bambini, famiglie ed educatori, e in secondo sussistano le condizioni ambientali per apprendere insieme. Malaguzzi ha anche introdotto l’atelier nei sistemi educativi: ambienti dove le mani dei bambini, il fare, il pasticciare, potessero conversare con la mente come è nelle leggi biologiche ed evolutive. Può essere considerato un “movimentista della pedagogia”: osservava quotidianamente i bambini, confrontava le proprie conoscenze e teorie con bambini veri, cioè che giocano, apprendono, lavorano e si sviluppano. Lottava per ottenere l'estensione dei servizi, la qualificazione del lavoro pedagogico. L’ambiente deve offrire la sperimentazione delle capacità psico-fisiologiche del bambino, deve offrirgli oggetti le cui qualità assumano una funzione simbolica – affettiva: questo è chiaro nella casetta delle bambole, nell’angolo della cucina, etc., dove si sviluppano nello specifico il gioco simbolico e di funzione, il “fare finta che”.

La presenza diffusa di queste zone all’interno di uno spazio per l’infanzia connota la personalizzazione delle sperimentazioni del bambino nella sua vita scolastica, provvedendo in maniera unica ed assolutamente originale a soddisfare le sue curiosità e a diventare protagonista delle sue conoscenze.

L’elemento della partecipazione e della condivisione tra bambini-bambini e bambini-adulti degli spazi consente la costruzione di un senso di appartenenza che genera e alimenta sentimenti di solidarietà, disponibilità e responsabilità, in una collettività che è diversa dal nucleo familiare più o meno esteso a cui il piccolo è abituato. L’intero immaginario culturale dei servizi per l’infanzia è animato da bambini, genitori, educatori, nonni, amici vicini, circondario e intero territorio che insieme cooperano. L’utopia di una scuola partecipata contiene l’idea di formazione e di auto–formazione di tutti i protagonisti, alla ricerca di nuove conoscenze, un luogo in cui si educa e ci si educa.

Il bambino è un soggetto prezioso (Goldschimied, 1996) e complesso, educarlo richiede un impegno costante e un’organizzazione minuziosa e pensata degli spazi che lo ospitano e degli ambienti che lo accolgono; richiede altresì, una riflessione costante e una ridefinizione in divenire di ogni processo, una sperimentazione e proposte educative stimolanti e creative che si connotano necessariamente in un luogo.

I servizi per la prima infanzia e il nido in particolare sono luoghi delicati verso i quali si concentrano attenzioni e aspettative. Alle famiglie che vi lasciano i figli più piccoli, spesso per necessità prima che per scelta, devono dare garanzia di sicurezza e di qualità. Per molti bambini rappresentano il primo posto da frequentare fuori dalle stanze domestiche, dove avranno le prime relazioni al di fuori della famiglia con coetanei e adulti. Un luogo dove trascorrere buona parte di quei primi anni in cui si formano carattere, sensibilità e competenze.

Diremo, quindi, che il nido è:

- Uno spazio formativo perché è uno tra i primi luoghi (insieme al parco) esterni alla casa;

- Uno spazio di relazione (Fumagalli et al., 2003, p. 49) perché è qui che nasceranno i primi rapporti non familiari, legami che nascono nel qui e ora dell’incontro;

- Uno spazio creativo perché è il posto per eccellenza dell’illusione, in cui è possibile praticarla e sperimentarla;

- Uno spazio di vita perché è qui che si definiscono e si praticano le prime esperienze altre al di fuori dei legami familiari;

- Uno spazio di essenza.

 

Il progetto di un nido deve essere un lavoro di équipe in cui si integrino positivamente le conoscenze, le competenze e la sensibilità di architetti, designer e pedagogisti. Innanzitutto il nido deve essere accogliente e confortevole. È necessario uno sforzo di fantasia. Non per entrare in un mondo di favole scritte da adulti ma per scavare nella memoria, per provare a osservare uno spazio da un’altezza più bassa di un metro, per immaginarsi tra tanti coetanei sconosciuti. Per provare e capire cosa favorisce il benessere dei bambini e li mette a loro agio. Il nido deve essere un luogo sicuro e stimolante (Bobbio, 2007). Gli ambienti e tutti gli elementi che li definiscono e arredano devono consentire ai bambini di muoversi anche liberamente in sicurezza e offrire occasioni di crescita e di sviluppare giorno per giorno le certezze e le competenze già acquisite. Nel nido s’incontrano la dimensione domestica e quella comunitaria, si presentano al bambino elementi di continuità e di discontinuità rispetto all’ambiente a lui familiare. Quanto può essere simile a una casa e quanto discostarsene? Entrambi i caratteri sono necessari. Nel nido si ritroverà sia la misura intima del riparo e degli incontri tra pochi, sia quella più ampia dei ritrovi tra gruppi di compagni, sia quell’ancora più grande delle occasioni in cui tutte la comunità si riunisce. Lo spazio deve essere disegnato per ospitare tutti questi tipi di relazione, offrendo ambiti raccolti e spazi più aperti ed estesi. Analogamente s’integreranno gli oggetti “a scala di bambino” con quelli normalmente rapportati alle misure degli adulti. Si dovrà cercare un’integrazione armonica tra il mondo dei bambini e quello degli adulti.

Lo spazio dell’infanzia costituisce poi uno scenario al processo di reciproca regolazione emotiva che adulti e bambini sviluppano: non bisogna trascurare il fatto che ogni momento e ogni luogo è sempre condiviso dall’adulto e dal/dai bambino/i, per cui ambiente e contesto si connotano come semplicemente e sufficientemente buoni (Winnicott, 1970), uno sfondo che sostiene, che riconosce e valorizza, che aiuta e circonda, che accoglie e da forma, che chiarifica e definisce il fare e lo sperimentare, che illumina e ombreggia, che sa essere soffice e che è abitato da piedi piccoli e grandi. Uno spazio che allo stesso tempo sa scandire e dettare i momenti del quotidiano in modo fluido e rituale, pur mantenendo un margine di flessibilità e di dovuta sfrenatezza. Uno spazio buono è anche quello che accoglie il bisogno d’intimità e di relazioni diversificate (ad esempio la zona destinata al rilassamento, al riposo), che riserva un posto per le esigenze e le istanze del singolo (ad esempio l’armadio o l’angolino per l’oggetto contro fobico che aiuta il bambino nella fase dell’addormentamento e del risveglio). Considerando la tesi montessoriana secondo cui la conoscenza in un campo deriva dal lavoro libero, questo nasce solo quando nel bambino emerge l'interesse autentico, ossia quando egli sceglie il lavoro assecondando il proprio istinto, capace di procurare uno stato di raccoglimento assoluto. Compito dell'insegnante sarà lavorare al mantenimento di questo stato tramite l'educazione al movimento. Secondo Maria Montessori il movimento gioca un ruolo centrale, poiché la personalità si forma con il crescere all'unisono di facoltà psichiche e facoltà motorie. È quando il bambino impara a muoversi seguendo uno scopo che sia connesso con l'attività psichica che saprà dirigere la propria volontà; solo allora sarà disciplinato. Per questo motivo il lavoro nelle Case dei Bambini è basato sul movimento; entrando in un ambiente costruito a sua misura, con materiali ideati per l'utilizzo autonomo dalla stessa Montessori, il bambino può scegliere la propria attività, seguendo l'istinto, svegliando l'interesse e la concentrazione. Un bambino concentrato non è ancora un bambino disciplinato perché un bambino disciplinato è capace di orientare la propria volontà al raggiungimento di un fine. La volontà si rinforza e si sviluppa con esercizi metodici. L'insegnante aiuterà il bambino in questo processo con attività previste dal metodo chiamate lezioni di silenzio nelle quali egli sperimenterà l'immobilità perfetta, l'attenzione nel percepire il suono del proprio nome pronunciato da lontano, movimenti leggeri coordinati allo scopo di non urtare oggetti. Solamente quando il bambino sarà in grado di orientare la propria volontà ad un fine, saprà obbedire ed essere quindi disciplinato.

Il periodo infantile è un periodo di enorme creatività, è una fase della vita in cui la mente del bambino assorbe le caratteristiche dell'ambiente circostante facendole proprie, crescendo per mezzo di esse, in modo naturale e spontaneo, senza dover compiere alcuno sforzo cognitivo. Con la Montessori i bambini devono imparare a prendersi cura di se stessi. I servizi per l’infanzia e prima di tutto gli asili nido hanno elaborato e messo in atto delle pratiche di connessione, dei link che hanno funzionato per creare un contesto positivo per lo sviluppo dei bambini e delle bambine, per la loro maturazione personale e il loro apprendimento emotivo, cognitivo e sociale. Esse si sono concretizzate, innanzitutto, nell’attenzione alla transizione, e cioè̀ in quel complesso di rituali e regole condivise, in particolare nel periodo di inserimento o ambientamento, che prevedono il coinvolgimento di almeno uno dei genitori, talora di tutta la famiglia, nella costruzione di una responsabilità̀ condivisa e nella transizione dalla quotidianità̀ familiare a quella del nido.

Della scuola tradizionale infantile Maria Montessori critica il fatto che, in essa, tutto l'ambiente sia pensato a misura di adulto. In un ambiente così concepito, il bambino non si trova a suo agio e quindi nelle condizioni per poter agire spontaneamente. Nel 1907 fonda a Roma la prima casa dei bambini, destinata ai figli degli abitanti del quartiere San Lorenzo. Si tratta di una casa speciale, non costruita per i bambini ma è una casa dei bambini. È ordinata in maniera tale che i bambini la sentano veramente come propria. L'intero arredamento della casa è progettato e proporzionato alle possibilità del bambino. In questo ambiente il bambino interagisce attivamente con il materiale proposto, mostrandosi concentrato, creativo e volenteroso. Essenziale è la partecipazione dei genitori per la cura della salute e dell'igiene come prerequisito per la scuola. Il compito dell'insegnante è l'organizzazione dell'ambiente: deve attendere che i bambini si concentrino su un determinato materiale, per poi dedicarsi all'osservazione dei comportamenti individuali. Per la Montessori, all’interno dello spazio per l’infanzia deve trovarsi il materiale di sviluppo cognitivo specifico per l'educazione sensoriale e motoria del bambino, suddiviso in:

• materiale analitico, incentrato su un'unica qualità̀ dell'oggetto, per esempio peso, forma e dimensioni. Educa i sensi isolatamente.

• materiale autocorrettivo, educa il bambino all'autocorrezione dell'errore e al controllo dell'errore, senza l'intervento dell'educatore.

• materiale attraente, oggetti di facile manipolazione e uso, creato per invogliare il bambino all'attività̀ di gioco-lavoro con esso.

Il bambino è libero nella scelta del materiale. Tutto deve scaturire dall'interesse spontaneo del bambino, sviluppando così un processo di autoeducazione e di autocontrollo.

L’attivismo pedagogico di Maria Montessori è un attivismo pedagogico incarnato, situato, si potrebbe dire ecologico, che trova nel setting attorno al bambino non solo le sue condizioni di possibilità, ma anche uno strumento di sperimentazione pratica e di realizzazione stessa. Il cervello del bambino si sviluppa grazie alla mano che agisce, che esplora, che afferra: le neuroscienze confermano oggi che l’intrinseca psichicità del movimento non accetta la separazione tra il sensoriale, il motorio e il cognitivo. Il movimento e le aree cerebrali addette non sono i terminali ultimi dei processi di percezione e cognizione, perché agire è comprendere. Per questo l’educazione si rende direttamente biologia, modella il cervello plastico, e le intuizioni montessoriane, già convalidate dalle esperienze di buone prassi condotte negli spazi per l’infanzia, trovano convalida ulteriore nel modello della conoscenza incarnata, delle reti neurali e dei neuroni specchio. L’interesse per l’infanzia della Montessori non è solo un interesse teorico, ma un interesse progettuale per l’infanzia come paradigma della pura possibilità, come infinita virtualità, come ampi gradi di libertà.

 

3. La ricerca

 

Questo lavoro ha visto una collaborazione sistematica tra le diverse figure professionali addette ai lavori, quali pedagogisti (educatori, operatori e coordinatori) e tecnici (architetti). L’obiettivo è quello di restituire e dare centralità ai bambini, accompagnata dal riconoscimento di eguale centralità agli educatori e alle famiglie: una terna di centralità che deve essere l’assunto di base da cui partire . Da ciò nasce lo scopo di voler costruire e restituire all’altro, a chi si avvicina , si affaccia o guarda da lontano, l’idea di un’educazione amabile, quel famoso “luogo di significato” di cui parlavo sopra, operosa, inventiva, vivibile, documentabile e comunicabile, di ricerca, di incontro, apprendimento, ricognizione e riflessione, dove stiano bene tutti i protagonisti, dove l’ingresso sia sempre accompagnato da sorrisi e piacere di buoni incontri. Su tale scia si definisce e nasce questo lavoro il cui scopo è di dare forma, organizzazione, contenuti, motivazioni, spunti e appunti, motivazioni e interessi a chi ha scelto di fare questo nella vita, con la strategia chiara di mirare a fondere la centralità, a intensificare le relazioni tra soggetti e protagonisti .

Ciò che connota l’essenza, il pensiero e l’anima di servizi per l’infanzia è l’ambiente, lo spazio che deve, al fine di qualificarne l’efficienza, diventare luogo di significato. L’ambiente costituisce uno degli elementi fondamentali del percorso di crescita se garantisce le condizioni di sicurezza e di protezione in cui si possano consolidare la serenità e l’affettività; se stimola la conoscenza incoraggiando il desiderio di esplorare e di padroneggiare uno spazio amico; se offre ambienti condivisi per stare insieme nel gruppo e spazi personalizzati, che divengano riferimenti stabili della propria intimità; se assicura la possibilità del calore affettivo della relazione con gli adulti. A tal proposito gli sviluppi socio- costruttivisti, in ambito psico-pedagogico e socio-pedagogico più recenti e innovativi, hanno anche permesso di superare le dicotomie tra teoria e pratica, pensiero e azione, individuo e società per giungere a nuove prospettive unificanti e integrative attraverso cui potrebbe essere interessante esplorare, ricercare e favorire processi di apprendimento e creazione di conoscenza, nei quali l’incontro e l’interazione professionale, lo scambio di competenze, tecniche e pedagogiche, in questo caso specifico, può connettere e dare spunti significati, costruire saperi, legami e senso spendibile poi nelle pratiche quotidiane (cfr. Introd.).

Il metodo di ricerca adoperato ha cercato di restituire attendibilità e significato teorico pratico all’equipe pedagogica, di coordinamento, di supervisione, e alle formalizzazioni dei report delle riunioni di equipe, quali “i verbali di condivisione pedagogica” nella costruzione dell’esperienza dall’interno, alle rappresentazioni più o meno condivise delle azioni. L’approccio metodologico utilizzato è stato volto ad esplorare i pareri degli addetti ai lavori, educatori – coordinatori- responsabili del settore tecnico dell’ente comunale e architetti, utilizzando i diversi linguaggi, i diversi costrutti, le diverse interpretazioni degli eventi, delle esperienze, delle emozioni. Lo spazio pedagogico è stato inteso in senso evolutivo, come punto d’intersezione di azioni, concezioni e attributi (Canter, 1977), ed è così che si è connotato come luogo, o meglio come “il luogo” frutto di collaborazione, costruzione, incontro e condivisione di un significato.

L’edificio oggetto del lavoro di ripensamento e riprogettazione in chiave educativa è un asilo comunale, una struttura locata al centro della città, edificio ex ONMI, che ospita bambini con un’età compresa dai 3 mesi ai 3 anni. Il servizio è ben radicato nel territorio. Nel novembre 2011, grazie al sovvenzionamento di fondi regionali, l’edificio è stato sottoposto a lavori di ristrutturazione e di ri-progettazione degli spazi, lavori ultimati nell’ottobre dello scorso anno.

 

La “trama” nella tessitura della presente ricerca nasce, quindi, dall’esperienza conosciuta attraverso la raccolta di informazioni che hanno cercato di incontrare vertici e punti di vista diversi, di guardare da più prospettive e di rilevare riflessioni, punti di vista e approcci.

Gli obiettivi sono stati:

• Esplorare le rappresentazioni simboliche e significative dello spazio per l’infanzia;

• Esplorare i vissuti comuni e le rappresentazioni collettive di più figure professionali cooperanti in team per la progettazione dello spazio per l’infanzia (vedi tab n°1);

• Esplorare le componenti considerate rilevanti per uno spazio per l’infanzia: quali sono gli ambienti che lo compongono, le attività che lo connotano in base alle varie fasce d’età, quali gli interventi dal punto di vista strutturale (vedi tab n°2);

• Esplorare la percezione soggettiva dei concetti di spendibilità e funzionalità degli spazi (vedi tab n°2);

• Individuare in modalità condivisa “zone” per gli adulti: genitore, educatore e personale di servizio (vedi tab n°3).

Nell’impostare il disegno di ricerca ci si è orientati a definire quale elemento principale lo spazio per l’infanzia e la sua progettazione nelle esperienze di chi pratica e vive esperienze quotidiane di educazione e di progettazione. Tra le finalità perseguite si è cercato rilevare una riflessione sull’argomento capace di rimarcare la dimensione cognitiva, affettiva e comportamentale degli addetti ai lavori nonché di sensibilizzare e praticare un pensiero condiviso di analisi sugli spazi in oggetto.

Lo strumento di ricerca scelto è stato l’analisi dei diari di equipe, in particolare dei verbali, report che riporta come agenda tutte le indicazioni di ogni incontro, in cui si rilevano “le cose da fare” , cominciando dallo spazio interno e poi spostandosi sullo spazio esterno. I verbali si cui si origina il disegno di ricerca hanno costituito la base da cui partire e definire i punti cardine ed essenziali. Questo lavoro ha visto l’instaurare di una relazione tra tecnici, educatori e committenza (ente comunale) sostenuta da importanti opportunità utili per capire meglio il problema, al fine di elaborare una o più proposte di soluzione:

• La realizzazione di sopralluoghi;

• la relazione tra le diverse figure professionali;

In questo contesto l’attenzione è stata posta sulla relazione che si crea tra il pensiero architettonico e l’equipe pedagogica, da cui sono emersi rilievi e valutazioni su specifiche funzionali presenti/assenti/critiche o - spesso - mancanti e fortemente desiderate; per esempio:

• problemi di climatizzazione

• mancanza di laboratori o altri spazi per attività di piccolo gruppo e, se esistenti, loro insufficienza o difficoltà di uso alternato da parte di diversi gruppi di bambini;

• tortuosità di percorsi di passaggio fra diversi spazi e scarsa possibilità di padroneggiare la mappa del territorio da parte dei bambini;

• mancanza di spazi per educatori, genitori e personale di servizio;

• scarsa fruibilità dello spazio esterno.

Nel caso specifico preso in considerazione, i protagonisti hanno tutti avuto un profilo di ”addetti ai lavori” sia da un punto di vista meramente pedagogico che da quello strutturale. Hanno partecipato al lavoro di progettazione e di stesura dei verbali: 4 educatori professionali, 1 coordinatore di servizio, 1 architetto composto, un geometra dell’Ente.

Si è poi proceduto ad analizzare le trascrizioni dei report delle equipe multidisciplinari, sviluppando una tabella - traccia che ha raccolto una serie di punti d’interesse definite “zone (1)” di attenzione sulle quali intervenire al fine di acquisire dati significativi, ossia elementi da tener presente in un progetto di intervento.

Di seguito si riporta un esempio di tabella – traccia:

 

Zone di attenzione

Elementi da tener presente

Accessibilità

Un servizio educativo per la prima infanzia è frequentato da bambini 0 - 3 anni; in tutti i casi si tratta di bambini accompagnati da un genitore o da altra figura di riferimento, spesso non camminano e hanno bisogno di essere tenuti in braccio da un adulto o con l’ausilio del passeggino. In ogni caso la viabilità collegata al servizio, con la disponibilità di una zona per la sosta temporanea di un certo numero di automobili contemporaneamente. Ove quanto sopra non sia garantito, potrebbe essere utile riflettere sulle possibilità di miglioramento con adeguamenti funzionali.

Ingresso

Si tratta sì una zona che deve rientrare nella possibilità di controllo da parte degli operatori presenti nel servizio, dunque visibile e, possibilmente, dotata di meccanismo di apertura a comando dall’interno. Occorre verificare se un unico ingresso è adeguato e sufficiente.

Accoglienza

Si tratta della zona cerniera fra esterno e interno.

Spazio distributivo

Rappresenta un tema centrale nel progetto di un servizio, perché attraverso la sua definizione che si determina, per lo più, il livello di trasparenza dell’organizzazione dello spazio complessivo del servizio, nonché il grado in cui i bambini potranno padroneggiare in autonomia le diverse opportunità presenti.

Disegno delle sezioni

La numerosità delle sezioni dipenderà dal numero dei bambini di cui si prevede l’accoglienza nella struttura. Fondamentale è che tutte le sezioni siano autonome, ossia che comprendano zone funzionali alla sua autonomia: area gioco, pranzo, riposo, cambio e bagno.

Laboratori

I laboratori hanno un’importanza fondamentale perché permettono al bambino di sperimentare, mettere insieme esperienze, toccare, fare esperienze, mettersi in gioco.

Cucina

È uno spazio per tecnici del settore che deve comunque rispondere alle esigenze partiche operative della quotidianità.

Spazio Esterno

È il luogo per eccellenza perché permette di uscire, correre, saltare, piantare, riposare, giocare con l’acqua, il terreno, cadere e spendersi. In realtà lo spazio esterno deve essere considerato come un prolungamento, un’estensione e una finestra, deve conservare tutti i principi pedagogici che connotano l’interno di uno spazio per l’infanzia.

 

Dal racconto del proprio vertice si sono individuati livelli professionali, pratico – educativi, meta-riflessivi, cognitivi, dove accanto al racconto vi fosse una riflessione sui significati sulle proprie conoscenze e sull’evoluzione del proprio sapere professionale.

La codifica di testi ha previsto un lavoro di rilettura delle trascrizioni dei verbali in modo da familiarizzare con i contenuti e riuscire, per quanto possibile, ad avere una visione d’insieme del materiale raccolto. Si è dato avvio al processo di codificazione, che è consistito nell’evidenziare porzioni di testo di senso compiuto – che in alcuni casi poteva essere una singola parola, ma di norma era una frase o un brano più o meno esteso – e attribuirvi un codice, cioè un’espressione sintetica (una sorta di “etichetta”), che ne descrivesse in sintesi il contenuto. La rilevazione dei risultati della codifica è avvenuta con la metodologia della triangolazione fra tre osservatori.

Tale metodologia ha consentito di attivare e combinare tra loro più prospettive di analisi capaci, nella loro complementarietà, di restituire un’immagine comprensiva e integrata del fenomeno oggetto di analisi. Il confronto di più livelli di osservazione ha consentito una ricostruzione articolata e pluriprospettica dell’oggetto di analisi. I tre punti d’intersezione si connettono alle tre prospettive di osservazione della competenza riferibili a una dimensione soggettiva, intersoggettiva e oggettiva, come si evidenzia nella teorizzazione di Pellerey (2004) (2).

 

CODICI

FREQUENZE

accoglienza

10

ambiente

13

ambiti di relazione

18

angolo lettura

6

angolo morbido

8

archivio

9

aree

18

attività

15

Attività, psicomotorie

7

autonomia

28

bussola d’ingresso

8

carrelli

4

collocazione

3

colori

11

contenitori

16

copertura

3

distribuzione

21

drammatizzazione

2

filtro genitori

8

funzioni

8

genitori

26

grandi

8

isole

8

laboratori

15

lavabi

4

letti

17

localizzazione

25

luci

12

materassi

4

materiali

27

medi

14

nascondigli

4

oscuramento

16

panche

13

pannelli pittura

13

pannelli pittura

15

pedane

12

pedane attrezzature

1

piattaforme

5

piccoli

7

posizionamento

15

Ri -progettazione

29

sabbiere

8

sedie

9

sedute

8

sezioni

25

sosta

12

sosta passeggini

4

spazio di connessione

27

spazio distributivo

28

Spazio educatori

27

specchi

20

Spendibilitàdegli spazi

30

tane

6

tavoli

4

vasche

16

 

La terza parte della metodologia di ricerca ha previsto la scelta di un altro strumento di raccolta dei dati empirici, attraverso un questionario strutturato con una griglia di 20 domande, alcune a risposta aperta altre a risposta chiusa, sulla base della letteratura scientifica sull’argomento, e sulla base dell’analisi fenomenologica delle categorie emergenti dai verbali redatti dagli incontri.

Per la stesura del questionario è stato utile l’utilizzo della tabella – traccia contenente alcuni fili conduttori, punti d’interesse da tener presente durante l’elaborazione dei dati rilevati. In specifico le informazioni, raccolte dalle categorie emergenti, sono state materiale aperto su cui sono stati poi definiti e calibrati gli item specifici contenuti nel questionario strutturato. Scopo di quest’utilizzo è stato quello di definire gli argomenti frequenza, ossia gli argomenti maggiormente trattati, quelli che hanno evidenziato più significativa rispondenza tecnica e risonanza nel confronto tra i professionisti. Evidente è la trasposizione della denominazione “zona” che ha fornito una mappa concettuale di movimento e di definizione degli interventi.

 

Lo strumento finale è stato un questionario strutturato costruito appositamente per questo studio, costituito da una parte iniziale, intermedia e finale. E’ stato scelto questo strumento per le sue grandi potenzialità e il suo ampio spettro di applicazioni.

In prima fase si sono definite le regole delle domande (proprietà socio-grafiche, comportamenti e atteggiamenti).

La prima sezione del questionario, pertanto, ha compreso domande di riflessione inerenti temi importanti quali: luoghi, spazi per l’infanzia, associazioni, scelte pratiche (vedi tab. n°1)

 

Tab n°1

  • A cosa ti fa pensare questa espressione: “Lo spazio che sposa il progetto educativo”?
  • Indica 4 parole che per te sono più adatte a descrivere uno spazio per l’infanzia
  • Uno spazio per l’infanzia è (prima parola che ti viene in mente)?
  • Per progettare uno spazio per l’infanzia quanto reputi importante l’incontro di più ambiti professionali: architetti, pedagogisti, fotografi e designer?
  • Un servizio di qualità in uno spazio per l’infanzia come dovrebbe essere secondo te?
  • Il luogo per un bambino a un’altezza più bassa di un metro è?

 

La seconda sezione ha riguardato in specifico modo gli spazi e gli ambienti, le attività che in esso si possono collocare e pensare al fine di rendere efficace un intervento educativo (vedi tab n°2)

 

Tab n° 2

  • Quali ambienti compongono uno spazio per l’infanzia.
  • Quali elementi strutturali e quali attività collocheresti nello spazio per i piccoli (3 mesi -12/15 mesi)?
  • Quali elementi strutturali e quali attività collocheresti nello spazio per i bambini medi (15 mesi - 24 mesi)?
  • Quali elementi strutturali e quali attività collocheresti nello spazio per i bambini grandi (24 mesi - 36 mesi)?
  • Cosa associ allo spazio di connessione?
  • Cosa intendi per funzionalità e spendibilità di uno spazio nido?
  • I laboratori, intesi come zone e aree deputate a fare, che importanza hanno in uno spazio nido?
  • Quali sono le differenze tra lo spazio distributivo e la sezione?

 

La terza sezione ha riguardato l’addetto ai lavori, l’adulto che abita lo spazio e lo rende spendibile, fruibile, desiderabile, comunicativo e pensato (vedi tab n° 3)

 

Tab n° 3

  • Se pensi all’educatore e al genitore in un servizio nido, quanto attribuiresti loro uno spazio, un angolo e un’area preposta per le loro attività, le soste, gli scambi e gli incontri?
  • Il nido è anche il luogo di essenza dell’educatore: ritrovi questo nella pratica?
  • La creatività, l’illusione e il pensiero: elementi fondamentali o elementi manualistici in uno spazio per l’infanzia

 

Lo studio condotto è stato di tipo esplorativo e ha coinvolto un campione composto di circa sessanta esperti dell’infanzia, ripartiti in quattro categorie; trenta educatori con formazione specifica e pertinente alla letteratura scientifica sull’argomento, dieci educatori definiti “altri”, dieci architetti e dieci insegnanti della scuola dell’infanzia.

Nello specifico i partecipanti sono così stati reclutati:

• primo gruppo di educatori appartenente alla stessa realtà lavorativa della scrivente;

• secondo gruppo di educatori, reclutato sul social network Facebook ( all’interno dei gruppi online ); lo stesso ha compilato la versione online del questionario.

• Anche per il gruppo di architetti ci si è rifatti ad un gruppo on line che ha conservato uguali modalità per la compilazione e la rilevazione dei dati.

Il campione di educatori “altri” individuato nell’ambito di conoscenze personali ha compilato il questionario immediatamente (modalità face to face) secondo il tempo necessario, contestualmente il format digitale è rimasto online per circa 1 mese. L’applicazione utilizzata per la creazione del questionario online, Google Drive, ha riportato immediatamente, per ogni compilazione, i dati all’interno di un foglio di calcolo Excel appositamente creato. Con riferimento alle risposte si riportano nel grafico di seguito i risultati raggiunti per ogni categoria professionale:

 

 

 

Un aspetto cruciale è stato quello di impostare correttamente la rilevazione fin dall’inizio e tenere costantemente sotto controllo le quote di risposta durante la rilevazione in modo da apportare gli opportuni correttivi e aggiustamenti per la raccolta sul campo. Un altro aspetto discusso è stata la lunghezza del questionario e il numero congruo di domande da sottoporre. Si sono previste, pertanto, un numero di domande pari a 20 con una lunghezza adeguata al tema esplorato.

Per rilevare in maniera corretta i dati della ricerca, si è costruito un file Excel, composto da 6 fogli (1 per ogni categoria professionale e 1 per la descrizione grafica). Nello stesso sono state inserite tutte le domande, per ogni categoria professionale, sono state riportate le risposte in modo categoriale ed è stato posto l’indice dei dati totali per ognuna di essa. Si è ricercato l’indice totale di ogni risposta e il dato percentuale.

 

1. A cosa ti fa pensare questa espressione : “lo spazio che sposa il progetto educativo”?

funzionale_efficiente

rif_ped

a misura di bmb

metafora

1

 

 

 

1

 

 

 

 

1

 

 

 

 

1

 

 

 

 

1

1. A cosa ti fa pensare questa espressione : “lo spazio che sposa il progetto educativo”?

funzionale_efficiente

rif_ped

a misura di bmb

metafora

Tot.cat1

Tot.cat2

Tot.cat3

Tot.cat4

2

1

1

1

 

 

 

 

40,00%

20,00%

20,00%

20,00%

 

I risultati

L’analisi dei questionari somministrati ha messo in evidenza molteplici aspetti:

Risultato n°1 : lo spazio per l’infanzia deve essere per le 4 figure professionali:

• SICURO: architetti (100%); educatori (100%), altri educatori (75 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (85,71);

• ACCOGLIENTE: architetti (100%), educatori (81,25%) , altri educatori (75 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (42,86);

• A MISURA: architetti (40%),educatori (68,75%), altri educatori (25 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (71,43%);

• PENSATO: architetti (40%),educatori (75%), altri educatori (75 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (57,14 %) – ( vedi grafico n°1).

 

Grafico n°1

Per tutte le categorie professionali, uno spazio dell’infanzia deve essere principalmente “SICURO”: ogni categoria ha espresso una compresenza attiva del dato, definendolo quale elemento indiscutibile ed imprescindibile per uno spazio per l’infanzia. Minor punteggio ha ricevuto la categoria “A MISURA”.

 

Risultato n°2: gli ambienti che compongono uno spazio per l’infanzia per le 4 categorie professionali sono:

  • INGRESSO E SEZIONI: architetti (100%),  educatori (93,75%) , altri educatori (75 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (71,43 %);
  • SERVIZI: architetti (80%),educatori (93,75%), altri educatori (100 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (71,43 %);
  • ZONA RIPOSO: architetti (80%),educatori (93,75%), altri educatori (100%), insegnanti della scuola dell’infanzia (71,43 %);
  • SPAZI DI CONNESSIONE E ZONE ESTERNE: architetti (60%),educatori (93,75%), altri educatori (100%), insegnanti della scuola dell’infanzia (71,43 %); (vedi grafico n° 2).

 

Grafico n° 2

 

Per tutte le categorie professionali, gli ambienti che compongono uno spazio per l’infanzia sono ben distribuiti: ogni categoria ha espresso una compresenza attiva dei dati “SERVIZI e ZONA RIPOSO” definendoli quali elementi indiscutibili ed imprescindibili per uno spazio per l’infanzia. Minor punteggio ha ricevuto la categoria “SPAZI DI CONNESSIONE E ZONE ESTERNE”.

 

Risultato n°3: la condivisione di più professionalità per la progettazione di uno spazio per l’infanzia per le 4 categorie professionali ha un valore medio alto, con range di riferimento 6-10, per tutte le categorie prese in esame (100%) – (vedi grafico n° 3).

 

Grafico n° 3

 

Per tutte le categorie professionali l’incontro più ambiti professionali per progettare spazi per l’infanzia è fortemente voluto: ogni categoria ha espresso una compresenza unanime del dato “6-10”, ciò a significare una chiara lettura ed apertura da parte degli esperti  al lavoro di equipe e di condivisione di fenomeni.

Risultato n°4: le zone per gli adulti per le 4 categorie professionali hanno avuto una risposta unanime sulla presenza ed essenzialità per tutte le categorie prese in esame (100%) – (vedi grafico n° 4.)

 

Grafico n.4

 

Per tutte le categorie professionali, una zona all’adulto deve essere pensata in uno spazio per l’infanzia: ogni categoria ha espresso una compresenza unanime del dato “SI”, ciò a significare una chiara lettura ed apertura da parte degli esperti dell’infanzia alla dimensione per l’adulto, ad una zona per incontri, soste e scambi tra genitori e tra costoro e gli educatori .

Risultato n° 5 : in riferimento alla ri – progettazione, corpus essenziale del lavoro, la percezione condivisa per le 4 categorie professionali di concetti quali spendibilità e flessibilità di uno spazio si è inteso:

  • FLESSIBILE: architetti (80%),  educatori (31,25%), altri educatori (25 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (51,14 %);
  • SPENDIBILE: architetti (20%),  educatori (37,50%), altri educatori (75 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (42,86 %);
  • FONDAMENTALE: architetti (0 %),  educatori (12,50%) , altri educatori (0 %), insegnanti della scuola dell’infanzia (0 %).

 

Grafico n.5

 

Per tutte le categorie professionali, i termini spendibilità e funzionalità di uno spazio per l’infanzia sono stati associati a: flessibile, spendibile, fondamentale. Ogni categoria ha espresso una compresenza attiva del dato “FLESSIBILE” definendolo quale termine maggiormente significativo per descrivere quanto richiesto. Minor punteggio ha ricevuto la categoria “FONDAMENTALE”.

 

5. Conclusioni

 

I risultati della ricerca hanno confermato e chiarito dal punto di vista pedagogico che in uno spazio per l’infanzia è necessario :

• una collaborazione attiva tra più professionalità: per progettare uno spazio per l’infanzia è imprescindibile la collaborazione tra più livelli professionali. Ciò chiama in causa di un rinnovamento culturale e un’apertura di orizzonti che vadano al di là di dinamiche stereotipate e ruoli definiti. In uno spazio per l’infanzia sono necessari l’occhio e il parere dell’educatore, del genitore e del bambino che vive e abita quel determinato spazio.

• un miglioramento dell’uso e della distribuzione degli spazi: come evidenziato dai risultati emersi gli spazi, alla luce delle numerose esigenze educative, devono connotarsi flessibili e diversamente spendibili. Uno spazio specifico quale può essere la zona riposo può essere anche: panca del rilassamento, zona lettura, spazio per la psicomotricità, zona più oscura per la narrazione di fiabe; la zona pranzo è spendibile in tal senso, ma deve anche prestarsi a diventare tavolo da lavoro, zona di appoggio, tana e nascondiglio.

• la scelta di articolare e differenziare le possibili funzioni di uso dello spazio mediante l’articolazione dell’arredo: funzioni di tipo diverse ma correlate, la lettura, il teatro, l’incontro di bambini delle diverse sezioni, l’esperienza di movimento libero, etc. Ciò attribuisce allo spazio non solo un valore ma anche una piena, diretta e ricca potenzialità di uso delle diverse esperienze;

• lo spazio per educatori e genitori: anche questo tipo di domanda ha rilevato un dato significativo e necessario: in uno spazio per l’infanzia ci deve essere una zona agli adulti deputata. Le risposte ne hanno rilevato in modo unanime la necessità.

• l’articolazione del servizio in tre sezioni: ( per bambini piccoli, medi e grandi) ciò per migliorare l’offerta educativa, l’efficacia nelle proposte, spazio e arredi adeguati e a misura.

• il legame tra gli ambienti a mezzo di spazi di connessione: anche gli spazi di connessione, non molto familiari all’udito, sono dimensioni fondamentali il cui scopo principale è proprio quello di mettere insieme esperienze e vissuti diversi, di connetterli e significarli in modo autonomamente narrato;

• la funzione distributiva rispetto alle tre sezioni favorisce la loro interpretazione di aree d’insieme e autonomia.

Alla fine del lavoro di progettazione, si è proceduto alla ricostruzione dell’edificio scelta la distribuzione dello spazio secondo macro aree d’interesse tenendo conto delle esigenze pratiche del servizio, rintracciate nelle interviste narrative (diari di condivisione). In particolare si è tenuto in considerazione: ri – progettazione, sezioni, flessibilità e spendibilità degli spazi, spazio educatori e genitori, spazio di connessione, spazio distributivo, autonomia.

La divisione degli spazi è stata la seguente:

• Ingresso: luogo simbolico per eccellenza, luogo del primo distacco dalla famiglia e spazio del ricongiungimento, pensato per accogliere, sostare, intrattenersi, svestire, dialogare e incontrare. Abitato da armadietti che contengono la storia di ogni bambino, ognuno di essi non riconosciuto attraverso nomi, ma semplicemente attraverso un simbolo, scelto nel quotidiano, facilmente riconoscibile dal bambino e rintracciabile ogni qual volta egli ne faccia richiesta. È lo spazio che connette l’interno con l’esterno.

• Ambienti per glia adulti: spazi destinati agli educatori e ai genitori. Per i primi è stato predisposto uno spazio funzionale all’efficiente gestione del servizio, per consentire e favorire momenti di confronto, di riunione e relax. Per i genitori è stato anche pensato uno spazio, oltre a quello dell’ingresso, deputato ai colloqui con gli educatori, ai confronti, alle riunioni di equipe multidisciplinare, ciò con lo scopo di facilitare e favorire una presenza attiva degli stessi alla vita educativa.

• Ambienti per bambini: la distribuzione degli ambienti è avvenuta in 3 sezioni per tre fasce di età. L’intero spazio accoglie bambini divisi per età, all’interno dello spazio è possibile rintracciare tutto quanto serve alla routine giornaliera: uno spazio attività, uno spazio gioco libero, uno spazio riposo con la doppia funzionalità (pedana “del fare” e riposo quando se ne sente l’esigenza ). Tale distribuzione offre ai piccoli angoli raccolti e contenitivi, non stanzoni enormi e dispersivi, isole di connessione e distribuzione che permettono di vivere e condividere esperienze con gli amici ma anche di godere di un momento individuale e maggiormente raccolto. Questo è chiaro al bambino e lo sarà sempre più se la proposta educativa è adeguata, è semplice, è a portata di mano, e ancora, se è ben collocata e visibile, se distribuita nello spazio e se è appetibile da ogni vertice percettivo.

La ricerca presentata in questo contributo conferma, quindi, ancora una volta la straordinaria attualità del pensiero montessoriano, la cui immagine dell’infanzia, il cui metodo di indagine e la cui attenzione pedagogica permea la ricerca scientifica attuale. Probabilmente per poter superare la Montessori occorre dapprima sperimentare la rilevanza e l’innovazione del suo credo educativo, bisogna esplorarne i possibili sviluppi in termini di ricerca, ma anche di intervento, su quello che è il mondo (mis)conosciuto dell’infanzia.

 

Note

 

(1) La zona è qui intesa come lo spazio che crea la relazione, la abita e la alimenta nel quotidiano. Ognuna di essa è pensata, strutturata e agita; ognuna di essa ha un ruolo e significato che agisce e funziona.

(2) La dimensione soggettiva richiama i significati personali attribuiti dal soggetto alla sua esperienza di apprendimento: il senso assegnato al compito operativo su cui manifestare la propria competenza e la percezione della propria adeguatezza nell’affrontarlo, delle risorse da mettere in campo e degli schemi di pensiero da attivare. La dimensione intersoggettiva richiama il sistema di attese, implicito o esplicito, che il contesto sociale esprime in rapporto alla capacità del soggetto di rispondere adeguatamente al compito richiesto; riguarda quindi le persone a vario titolo coinvolte nella situazione in cui si manifesta la competenza e l’insieme delle loro aspettative e delle valutazioni espresse. La dimensione oggettiva richiama le evidenze osservabili che attestano la prestazione del soggetto e i suoi risultati, in rapporto al compito affidato e in particolare alle conoscenze e alle abilità che la manifestazione della competenza richiede. Al centro delle tre prospettive possiamo collocare l’idea di competenza su cui si fonda la valutazione, l’insieme dei significati condivisi in merito alla competenza che si vuol rilevare da parte dei diversi soggetti coinvolti e delle molteplici prospettive di analisi. Tale condizione risulta irrinunciabile per assicurare coerenza alla prospettiva trifocale; in sua assenza da ogni punto di vista si tenderebbe a osservare aspetti differenti, rendendo improduttivo e inaffidabile il confronto successivo.

 

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