Lo spezzettamento del latifondo, che la Spagna riuscì a realizzare nelle province del Regno di Napoli e precipuamente nel territorio della Calabria, mutò la fisionomia della classe dirigente, favorendo il nascere di una feudalità minore che si pose in antagonismo con il ceto nobiliare, il cui potere risultò indebolito. Il nuovo ceto politico, la cui ascesa fu inizialmente favorita dalla Corona, determinata a spezzare l'immobilismo del ceto aristocratico, fu il risultato di quella forte mobilità sociale che se consentiva a tutti di ascendere alle più alte cariche politiche, realizzando una selezione della classe dirigente in base al merito e non alle rendite ed ai titoli, creava tuttavia un forte antagonismo cetuale che si risolveva, di fatto, nel favorire poca trasparenza e sufficiente cinismo nella scalata ai vertici della società. Nelle province, di cui le Calabrie possono rappresentare il paradigma, l’ascesa del nuovo baronaggio, proveniente dal ceto civile e mosso unicamente dal desiderio di accrescere le proprie fortune, perciò ancora più rapace del fisco spagnolo, la gestione della vita pubblica restò totalmente nelle mani di questo establishment, che era riuscito ad occupare larghi spazi di potere. L'anomalia istituzionale che si consolidò nei decenni successivi, caratterizzando in maniera indelebile la gestione del potere a livello amministrativo, rappresenta un punto fondamentale per comprendere la società meridionale, con i drammi e le contraddizioni che ancora oggi la caratterizzano.

Dinamiche cetuali ed istituzioni nelle Calabrie alla metà del XVII secolo / Spadaro, CARMELA MARIA. - (In corso di stampa). (Intervento presentato al convegno La Calabria ed il mediterraneo nel Seicento. Economia, società, istituzioni, cultura tenutosi a Vibo Valentia nel 22-23-24 novembre 2019).

Dinamiche cetuali ed istituzioni nelle Calabrie alla metà del XVII secolo

Carmela Maria Spadaro
In corso di stampa

Abstract

Lo spezzettamento del latifondo, che la Spagna riuscì a realizzare nelle province del Regno di Napoli e precipuamente nel territorio della Calabria, mutò la fisionomia della classe dirigente, favorendo il nascere di una feudalità minore che si pose in antagonismo con il ceto nobiliare, il cui potere risultò indebolito. Il nuovo ceto politico, la cui ascesa fu inizialmente favorita dalla Corona, determinata a spezzare l'immobilismo del ceto aristocratico, fu il risultato di quella forte mobilità sociale che se consentiva a tutti di ascendere alle più alte cariche politiche, realizzando una selezione della classe dirigente in base al merito e non alle rendite ed ai titoli, creava tuttavia un forte antagonismo cetuale che si risolveva, di fatto, nel favorire poca trasparenza e sufficiente cinismo nella scalata ai vertici della società. Nelle province, di cui le Calabrie possono rappresentare il paradigma, l’ascesa del nuovo baronaggio, proveniente dal ceto civile e mosso unicamente dal desiderio di accrescere le proprie fortune, perciò ancora più rapace del fisco spagnolo, la gestione della vita pubblica restò totalmente nelle mani di questo establishment, che era riuscito ad occupare larghi spazi di potere. L'anomalia istituzionale che si consolidò nei decenni successivi, caratterizzando in maniera indelebile la gestione del potere a livello amministrativo, rappresenta un punto fondamentale per comprendere la società meridionale, con i drammi e le contraddizioni che ancora oggi la caratterizzano.
In corso di stampa
Dinamiche cetuali ed istituzioni nelle Calabrie alla metà del XVII secolo / Spadaro, CARMELA MARIA. - (In corso di stampa). (Intervento presentato al convegno La Calabria ed il mediterraneo nel Seicento. Economia, società, istituzioni, cultura tenutosi a Vibo Valentia nel 22-23-24 novembre 2019).
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