Scienze sociali e passione politica sono legate da un rapporto che non è solo nella pratica, ma è anche nella storia dell’evoluzione teorica delle discipline. Dagli anni ’60 in poi, nel momento di maggiore vivacità politica e sociale italiana, la sociologia – e in generale gli studi sociali – hanno vissuto una fase di forte effervescenza sia in termini di innovazione dei temi affrontati sia di approcci teorici e di ricerca. Ciò ha determinato una grande attenzione nei confronti dei movimenti e in particolare del movimento più significativo del tempo, quello del ’68- ’69 operaio. È in quegli anni e in quel contesto di conflitto sociale e di grande cambiamento della società italiana che la sociologia italiana si sviluppa e trova un immediato largo seguito, consolidando un suo percorso di istituzionalizzazione e di affermazione nelle università. Sono i temi della fabbrica, degli operai, dell’organizzazione del lavoro che si impongono e sui quali la sociologia mostra di avere delle chiavi di analisi originali. Si afferma così una sociologia militante che è tale non per fedeltà politica o partitica, quanto piuttosto per la convinzione che il lavoro sociologico non ha un mero carattere speculativo, ma può e deve contribuire alla trasformazione della società esercitando tutta la propria potenza analitica e critica. La capacità di stare dentro la realtà sociale, ma standoci con un’autentica passione politica e attento agli atteggiamenti pregiudiziali, è quanto ha consentito a Enrico Pugliese di smontare alcuni stereotipi dominanti e di affermare con forza che, se non ci si può illudere di avere uno sguardo neutrale inevitabilmente schierato — si può e si deve osservare ciò che si studia senza risposte precostituite, mantenendo sempre viva e aperta la propria curiosità scientifica. È stata questa sua attitudine di ricercatore a fargli spesso intuire, con la dote di una sorta di serendipity, la rilevanza sociale di fenomeni ancora poco diffusi e poco o per nulla studiati (è stato così nel caso della immigrazione straniera) o a portarlo a elaborare analisi controcorrente (ad esempio quando ha mostrato la mancanza di fondamento empirico della tesi dei “falsi disoccupati” meridionali o dell’effervescenza dell’economia informale nel Mezzogiorno o ancora il carattere artificioso della polemica sul conflitto generazionale) divenute in anni più recenti ampiamente condivise dalla comunità scientifica.

Introduzione con BOFFO, STEFANO, MORLICCHIO, ENRICA, REBEGGIANI, ENRICO in (a cura di) (2015). Mezzogiorno lavoro e società. Di BOFFO, STEFANO;MORLICCHIO, ENRICA;ORIENTALE CAPUTO, GIUSTINA;REBEGGIANI, ENRICO. NAPOLI : / Boffo, Stefano; Morlicchio, Enrica; ORIENTALE CAPUTO, Giustina; Rebeggiani, Enrico. - (2015).

Introduzione con BOFFO, STEFANO, MORLICCHIO, ENRICA, REBEGGIANI, ENRICO in (a cura di) (2015). Mezzogiorno lavoro e società. Di BOFFO, STEFANO;MORLICCHIO, ENRICA;ORIENTALE CAPUTO, GIUSTINA;REBEGGIANI, ENRICO. NAPOLI :

BOFFO, STEFANO;MORLICCHIO, ENRICA;ORIENTALE CAPUTO, GIUSTINA;REBEGGIANI, ENRICO
2015

Abstract

Scienze sociali e passione politica sono legate da un rapporto che non è solo nella pratica, ma è anche nella storia dell’evoluzione teorica delle discipline. Dagli anni ’60 in poi, nel momento di maggiore vivacità politica e sociale italiana, la sociologia – e in generale gli studi sociali – hanno vissuto una fase di forte effervescenza sia in termini di innovazione dei temi affrontati sia di approcci teorici e di ricerca. Ciò ha determinato una grande attenzione nei confronti dei movimenti e in particolare del movimento più significativo del tempo, quello del ’68- ’69 operaio. È in quegli anni e in quel contesto di conflitto sociale e di grande cambiamento della società italiana che la sociologia italiana si sviluppa e trova un immediato largo seguito, consolidando un suo percorso di istituzionalizzazione e di affermazione nelle università. Sono i temi della fabbrica, degli operai, dell’organizzazione del lavoro che si impongono e sui quali la sociologia mostra di avere delle chiavi di analisi originali. Si afferma così una sociologia militante che è tale non per fedeltà politica o partitica, quanto piuttosto per la convinzione che il lavoro sociologico non ha un mero carattere speculativo, ma può e deve contribuire alla trasformazione della società esercitando tutta la propria potenza analitica e critica. La capacità di stare dentro la realtà sociale, ma standoci con un’autentica passione politica e attento agli atteggiamenti pregiudiziali, è quanto ha consentito a Enrico Pugliese di smontare alcuni stereotipi dominanti e di affermare con forza che, se non ci si può illudere di avere uno sguardo neutrale inevitabilmente schierato — si può e si deve osservare ciò che si studia senza risposte precostituite, mantenendo sempre viva e aperta la propria curiosità scientifica. È stata questa sua attitudine di ricercatore a fargli spesso intuire, con la dote di una sorta di serendipity, la rilevanza sociale di fenomeni ancora poco diffusi e poco o per nulla studiati (è stato così nel caso della immigrazione straniera) o a portarlo a elaborare analisi controcorrente (ad esempio quando ha mostrato la mancanza di fondamento empirico della tesi dei “falsi disoccupati” meridionali o dell’effervescenza dell’economia informale nel Mezzogiorno o ancora il carattere artificioso della polemica sul conflitto generazionale) divenute in anni più recenti ampiamente condivise dalla comunità scientifica.
2015
Introduzione con BOFFO, STEFANO, MORLICCHIO, ENRICA, REBEGGIANI, ENRICO in (a cura di) (2015). Mezzogiorno lavoro e società. Di BOFFO, STEFANO;MORLICCHIO, ENRICA;ORIENTALE CAPUTO, GIUSTINA;REBEGGIANI, ENRICO. NAPOLI : / Boffo, Stefano; Morlicchio, Enrica; ORIENTALE CAPUTO, Giustina; Rebeggiani, Enrico. - (2015).
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