C’è stato un tempo in cui le città ed il proprio porto s’integravano a tal punto da caratterizzarsi di una forte identità comune. Poi, a causa dell’intensificazione del processo di globalizzazione che ha cambiato le modalità degli scambi commerciali e, conseguentemente, gli assetti delle aree funzionali, i porti hanno acquisito nuove fisionomie, finendo spesso col trasformarsi in fasce difficilmente penetrabili tra terra e mare. Sono, cioè, diventati barriere, ben lontani dal costituire tratti organici e coerenti della città che servono o dall’essere segni con forte carica simbolica, capaci di rimandare con immediatezza al tessuto urbano cui in passato erano legati. Le dinamiche funzionali e relazionali che hanno decretato l’allontanamento, talvolta anche la cesura netta, tra le due parti, tuttora persistono in alcuni contesti, perché in essi continua a prevalere un’impostazione settoriale delle politiche di intervento, avulse da un più organico e complessivo disegno, che impedisce il ripristino dell’antica contiguità tra la linea di costa ed il tessuto della città retrostante. In altre realtà, invece, sono stati messi in atto virtuosi recuperi dei waterfront, frutto di imponenti operazioni di decentramento rese possibili da azioni concertate a più livelli e scale di intervento. Ponendo a confronto esperienze diverse in ambito mediterraneo si proverà a rilevare le differenti capacità di dialogo tra città e porti, testando nei diversi contesti il grado di permeabilità di questi ultimi per capire dove essi si siano arricchiti di una nuova flessibilità di utilizzo e dove continuino, invece, a configurarsi come barriere.
Dinamiche città/porto in ambito mediterraneo / DELLE DONNE, Barbara. - (2018), pp. 637-644.
Dinamiche città/porto in ambito mediterraneo
Barbara Delle Donne
2018
Abstract
C’è stato un tempo in cui le città ed il proprio porto s’integravano a tal punto da caratterizzarsi di una forte identità comune. Poi, a causa dell’intensificazione del processo di globalizzazione che ha cambiato le modalità degli scambi commerciali e, conseguentemente, gli assetti delle aree funzionali, i porti hanno acquisito nuove fisionomie, finendo spesso col trasformarsi in fasce difficilmente penetrabili tra terra e mare. Sono, cioè, diventati barriere, ben lontani dal costituire tratti organici e coerenti della città che servono o dall’essere segni con forte carica simbolica, capaci di rimandare con immediatezza al tessuto urbano cui in passato erano legati. Le dinamiche funzionali e relazionali che hanno decretato l’allontanamento, talvolta anche la cesura netta, tra le due parti, tuttora persistono in alcuni contesti, perché in essi continua a prevalere un’impostazione settoriale delle politiche di intervento, avulse da un più organico e complessivo disegno, che impedisce il ripristino dell’antica contiguità tra la linea di costa ed il tessuto della città retrostante. In altre realtà, invece, sono stati messi in atto virtuosi recuperi dei waterfront, frutto di imponenti operazioni di decentramento rese possibili da azioni concertate a più livelli e scale di intervento. Ponendo a confronto esperienze diverse in ambito mediterraneo si proverà a rilevare le differenti capacità di dialogo tra città e porti, testando nei diversi contesti il grado di permeabilità di questi ultimi per capire dove essi si siano arricchiti di una nuova flessibilità di utilizzo e dove continuino, invece, a configurarsi come barriere.File | Dimensione | Formato | |
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