L’industria dello spettacolo calcistico italiano, il campionato di Serie A in particolare, mostra un limite di competitività rispetto ai principali campionati europei: Premier League, Bundesliga e La Liga. Le inerzie che abbiamo discusso nell’estensione e nell’intensificazione dello sfruttamento commerciale delle competizioni calcistiche ci appaiono connesse principalmente ad una ridotta diversificazione dei ricavi, ancora troppo vincolati alla vendita dei diritti media, e alla limitata internazionalizzazione del prodotto, nonostante l’opportunità dell’elevata popolarità del calcio italiano in alcune specifiche aree del mondo. Alla base di tali inerzie è stata osservata una ridotta capitalizzazione e soprattutto una bassa patrimonializzazione delle principali società di calcio − emblematica è la controversia sugli stadi di proprietà − che si associa a strategie di marketing poco innovative, soprattutto sul piano del merchandising, sponsor, partenership commerciali, a confronto di quanto è stato messo in campo dalle società europee di vertice, prima fra tutte il noto caso del Manchester United. Alla luce delle esperienze della Premier League e della Bundesliga, tali limiti ci sembrano da ricondurre alla ridotta efficacia del progetto collettivo della Lega Serie A che rimane in secondo piano rispetto alle strategie aziendali delle singole società e al dominio, politico ed economico, di quelle più influenti.
L’industria del calcio in Italia: fragilità e rischi del modello di crescita / Pirone, Francesco. - In: INCHIESTA. - ISSN 0046-8819. - XXXXV:189(2015), pp. 87-96.
L’industria del calcio in Italia: fragilità e rischi del modello di crescita
PIRONE, FRANCESCO
2015
Abstract
L’industria dello spettacolo calcistico italiano, il campionato di Serie A in particolare, mostra un limite di competitività rispetto ai principali campionati europei: Premier League, Bundesliga e La Liga. Le inerzie che abbiamo discusso nell’estensione e nell’intensificazione dello sfruttamento commerciale delle competizioni calcistiche ci appaiono connesse principalmente ad una ridotta diversificazione dei ricavi, ancora troppo vincolati alla vendita dei diritti media, e alla limitata internazionalizzazione del prodotto, nonostante l’opportunità dell’elevata popolarità del calcio italiano in alcune specifiche aree del mondo. Alla base di tali inerzie è stata osservata una ridotta capitalizzazione e soprattutto una bassa patrimonializzazione delle principali società di calcio − emblematica è la controversia sugli stadi di proprietà − che si associa a strategie di marketing poco innovative, soprattutto sul piano del merchandising, sponsor, partenership commerciali, a confronto di quanto è stato messo in campo dalle società europee di vertice, prima fra tutte il noto caso del Manchester United. Alla luce delle esperienze della Premier League e della Bundesliga, tali limiti ci sembrano da ricondurre alla ridotta efficacia del progetto collettivo della Lega Serie A che rimane in secondo piano rispetto alle strategie aziendali delle singole società e al dominio, politico ed economico, di quelle più influenti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.