La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) nella parte in cui precludeva la concessione della misura della detenzione domiciliare speciale, prevista dall'art. 47-quinquies della medesima legge, in favore delle detenute madri di prole di età non superiore a dieci anni, rilevando che l'interesse del minore a fruire in modo continuativo dell'affetto e delle cure materne non forma oggetto di protezione assoluta, dovendo essere bilanciato con esigenze contrapposte, pure di rilievo costituzionale, quali quelle di difesa sociale, sottese alla necessaria esecuzione della pena inflitta al genitore in seguito alla commissione di un reato. A tale logica di bilanciamento risponde proprio la disciplina delle condizioni di acceso alla detenzione domiciliare speciale previste dall'art. 47-quinquies, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Ma, tale corretto bilanciamento fra interessi contrapposti va operato non in astratto, bensì in concreto. In altri termini, a parere della Corte, l'interesse del minore può cedere di fronte alle esigenze di protezione della società dal crimine, ma la sussistenza di queste ultime va verificata non sulla base di indici presuntivi, quali quelli cristallizzati nella norma censurata, bensì in concreto, nel senso cioè che il giudice deve verificare nella specifica situazione sottoposta al suo vaglio la effettiva sussistenza del pericolo della commissione di ulteriori delitti da parte della condannata. Nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis,comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, il Giudice delle leggi ha ritenuto, altresì, che la declaratoria di illegittimità vada estesa, in via consequenziale, anche alla misura della detenzione domiciliare ordinaria disciplinata dall'art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b) della medesima legge, onde evitare che tale misura «avente finalità identiche alla detenzione domiciliare speciale, ma riservata a soggetti che debbono espiare pene meno elevate, resti irragionevolmente soggetta ad un trattamento deteriore in parte qua». A tal proposito i Giudici della Consulta stabiliscono che anche per la concessione della detenzione domiciliare ordinaria il giudice debba verificare se sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti. La decisione potrebbe destare, prima facie, qualche perplessità. Tuttavia, nella prospettiva di contemperare le contrapposte esigenze del condannato e della collettività, va ricordato che il tribunale di sorveglianza può imporre prescrizioni di controllo e, secondo quanto stabilito dall'art. 284 c.p.p., disporre forme anche elettroniche di verifica sula loro osservanza anche nel corso dell 'esecuzione della misura e non solo al momento dell'applicazione, in virtù del disposto dell'art. 58-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354. Appare evidente che l'effetto più rilevante di tali prescrizioni sia proprio quello di evitare il pericolo di recidiva. Allora, sebbene non espressamente prevista, la idoneità della misura ad evitare il pericolo di recidiva non può essere considerato presupposto estraneo alla misura alternativa alla detenzione in parola. Anche l'opinione secondo cui alla detenzione domiciliare generica siano estranee finalità di risocializzazione-rieducazione potrebbe destare apparentemente qualche dubbio. Tuttavia, sebbene sporadico, il riferimento alla finalità risocializzante é contenuto nel comma 4 dell'art. 47-ter ord. penit, che richiama le «disposizioni per gli interventi del servizio sociale», che devono essere determinate ed impartite dal tribunale di sorveglianza. Accomunare, perciò, le diverse species di detenzione domiciliare, ritenendo che l'obiettivo comune a tutte le misure alternative alla detenzione sia costituito dalla sola finalità di reinserimento sociale del condannato non sembra condivisibile, giacché nella detenzione domiciliare cosiddetta a fini umanitari il destinatario della tutela é il minore. Infine, va rilevato che una verifica giudiziale di pericolosità svincolata dall'esame del caso di specie implicherebbe che la valutazione sia orientata unicamente verso fini di tutela di difesa sociale, risultando, così, l'istituto impoverito di contenuti personalistici. Tale deriva può essere evitata - come la Corte costituzionale ammonisce - lasciando all'apprezzamento discrezionale del giudice l'operazione di bilanciamento tra gli opposti interessi in gioco. Ovviamente, ciò comporta un ulteriore inasprimento del delicato compito riservato alla magistratura di sorveglianza, che si aggiunge a quello determinato dalla introduzione del nuovo reclamo giurisdizionale, ex art. 35-bis ord. penit., ad opera del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. in l. 21 febbraio 2014, n. 10.

La detenzione domiciliare speciale in favore delle detenute madri dopo gli interventi della Corte costituzionale / Tabasco, Giuseppe. - In: ARCHIVIO PENALE. - ISSN 2384-9479. - 3(2015), pp. 1-19.

La detenzione domiciliare speciale in favore delle detenute madri dopo gli interventi della Corte costituzionale

TABASCO, Giuseppe
2015

Abstract

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) nella parte in cui precludeva la concessione della misura della detenzione domiciliare speciale, prevista dall'art. 47-quinquies della medesima legge, in favore delle detenute madri di prole di età non superiore a dieci anni, rilevando che l'interesse del minore a fruire in modo continuativo dell'affetto e delle cure materne non forma oggetto di protezione assoluta, dovendo essere bilanciato con esigenze contrapposte, pure di rilievo costituzionale, quali quelle di difesa sociale, sottese alla necessaria esecuzione della pena inflitta al genitore in seguito alla commissione di un reato. A tale logica di bilanciamento risponde proprio la disciplina delle condizioni di acceso alla detenzione domiciliare speciale previste dall'art. 47-quinquies, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Ma, tale corretto bilanciamento fra interessi contrapposti va operato non in astratto, bensì in concreto. In altri termini, a parere della Corte, l'interesse del minore può cedere di fronte alle esigenze di protezione della società dal crimine, ma la sussistenza di queste ultime va verificata non sulla base di indici presuntivi, quali quelli cristallizzati nella norma censurata, bensì in concreto, nel senso cioè che il giudice deve verificare nella specifica situazione sottoposta al suo vaglio la effettiva sussistenza del pericolo della commissione di ulteriori delitti da parte della condannata. Nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis,comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, il Giudice delle leggi ha ritenuto, altresì, che la declaratoria di illegittimità vada estesa, in via consequenziale, anche alla misura della detenzione domiciliare ordinaria disciplinata dall'art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b) della medesima legge, onde evitare che tale misura «avente finalità identiche alla detenzione domiciliare speciale, ma riservata a soggetti che debbono espiare pene meno elevate, resti irragionevolmente soggetta ad un trattamento deteriore in parte qua». A tal proposito i Giudici della Consulta stabiliscono che anche per la concessione della detenzione domiciliare ordinaria il giudice debba verificare se sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti. La decisione potrebbe destare, prima facie, qualche perplessità. Tuttavia, nella prospettiva di contemperare le contrapposte esigenze del condannato e della collettività, va ricordato che il tribunale di sorveglianza può imporre prescrizioni di controllo e, secondo quanto stabilito dall'art. 284 c.p.p., disporre forme anche elettroniche di verifica sula loro osservanza anche nel corso dell 'esecuzione della misura e non solo al momento dell'applicazione, in virtù del disposto dell'art. 58-quinquies della legge 26 luglio 1975, n. 354. Appare evidente che l'effetto più rilevante di tali prescrizioni sia proprio quello di evitare il pericolo di recidiva. Allora, sebbene non espressamente prevista, la idoneità della misura ad evitare il pericolo di recidiva non può essere considerato presupposto estraneo alla misura alternativa alla detenzione in parola. Anche l'opinione secondo cui alla detenzione domiciliare generica siano estranee finalità di risocializzazione-rieducazione potrebbe destare apparentemente qualche dubbio. Tuttavia, sebbene sporadico, il riferimento alla finalità risocializzante é contenuto nel comma 4 dell'art. 47-ter ord. penit, che richiama le «disposizioni per gli interventi del servizio sociale», che devono essere determinate ed impartite dal tribunale di sorveglianza. Accomunare, perciò, le diverse species di detenzione domiciliare, ritenendo che l'obiettivo comune a tutte le misure alternative alla detenzione sia costituito dalla sola finalità di reinserimento sociale del condannato non sembra condivisibile, giacché nella detenzione domiciliare cosiddetta a fini umanitari il destinatario della tutela é il minore. Infine, va rilevato che una verifica giudiziale di pericolosità svincolata dall'esame del caso di specie implicherebbe che la valutazione sia orientata unicamente verso fini di tutela di difesa sociale, risultando, così, l'istituto impoverito di contenuti personalistici. Tale deriva può essere evitata - come la Corte costituzionale ammonisce - lasciando all'apprezzamento discrezionale del giudice l'operazione di bilanciamento tra gli opposti interessi in gioco. Ovviamente, ciò comporta un ulteriore inasprimento del delicato compito riservato alla magistratura di sorveglianza, che si aggiunge a quello determinato dalla introduzione del nuovo reclamo giurisdizionale, ex art. 35-bis ord. penit., ad opera del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. in l. 21 febbraio 2014, n. 10.
2015
La detenzione domiciliare speciale in favore delle detenute madri dopo gli interventi della Corte costituzionale / Tabasco, Giuseppe. - In: ARCHIVIO PENALE. - ISSN 2384-9479. - 3(2015), pp. 1-19.
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