«L’economia è il metodo; l’obiettivo è cambiare il cuore e l’animo»: con questa affermazione in una intervista del 1981 l’allora primo ministro britannico Margaret Thatcher dava avvio ad una stagione di riforme radicali che sono oggi generalmente descritte con l’espressione “neo-liberismo” (Harvey). Nel contesto di una complessiva ridefinizione del conflitto tra Capitale e Lavoro, ben rappresentata dalle politiche thatcheriane, a partire dai primi anni Ottanta del Novecento si andranno lentamente affermando nel lessico politico i lemmi “governabilità” e “governance” come parte di una revisione dei rapporti tra pubblico e privato, di riorganizzazione dello stato sociale, di trasformazione dei tradizionali equilibri nella politica democratica. L’affermarsi della governance nei decenni successivi può forse essere interpretata come una delle rappresentazioni teoriche di una nuova arte del governo “neo-liberale” che si esercita sui singoli, sulle popolazioni e sui nuclei intermedi di organizzazione della vita collettiva e che si fonda su un ruolo nuovo e predominante attribuito all’economia di mercato capitalistica. In effetti, la scienza politica e la teoria giuridica contemporanee hanno messo in risalto la novità che la governance ha espresso sul piano della strutturazione delle relazioni tra gli attori politici e le implicazioni che queste hanno sul ruolo dello Stato e sulle procedure democratiche. Nel mio intervento vorrei invece discutere la relazione che intercorre tra le prospettive più marcatamente neo-liberali della governance e i presupposti politici e antropologici che le fondano nel contesto delle politiche messe in atto dall’Unione Europea a partire dal 2008 in risposta alla crisi economico-finanziaria. Se osservata da questo punto di vista, la gestione della crisi “economica” in Europa non è l’espressione di un deficit democratico, né è interpretabile semplicemente come l’esito della “guida tedesca” o dell’imposizione di politiche di riduzione della spesa pubblica nell’Unione. Gli eventi degli ultimi anni sono invece indicativi di una più ampia riorganizzazione nelle relazioni tra politica ed economia nel quadro di una nuova divisione internazionale della produzione/circolazione di merci, ma anche dei tentativi di costruzione di una società europea concorrenziale e competitiva con caratteristiche specifiche. Dalla Grecia alla Spagna, quindi l’Irlanda e l’Italia, da Cipro al Portogallo, quella che vorrei descrivere come nuova governance dell’economia – o economia commissaria di mercato - svolge una duplice funzione de-costruttive e ricostruttiva dei tradizionali poteri politici pubblici per affermare un certo modello di società, un nuovo naturalismo di “mercato”, un’innovativa antropologia economica di cui restano da approfondire i tratti specifici. In tal senso, è forse possibile descrivere il passaggio da una “governance politica dell’economia”, che ha retto il processo di costruzione dell’unione monetaria a partire dal Trattato di Maastricht, ad una nuova governance economica della politica che segna le attuali politiche europee. Questo passaggio mostra l’imporsi di una peculiare razionalità governamentale che “usa” gli stati per affermare un governo e un autogoverno economico dei singoli e dei gruppi di cui è necessario ricostruire i tratti.

Managing the Crisis: Governmentality and Governance in Austerity Europe / Arienzo, Alessandro. - (2015). (Intervento presentato al convegno HM ROME 2015 CONFERENCE PROGRAM tenutosi a Università degli studi di Roma Tre nel 17 settembre).

Managing the Crisis: Governmentality and Governance in Austerity Europe

ARIENZO, ALESSANDRO
2015

Abstract

«L’economia è il metodo; l’obiettivo è cambiare il cuore e l’animo»: con questa affermazione in una intervista del 1981 l’allora primo ministro britannico Margaret Thatcher dava avvio ad una stagione di riforme radicali che sono oggi generalmente descritte con l’espressione “neo-liberismo” (Harvey). Nel contesto di una complessiva ridefinizione del conflitto tra Capitale e Lavoro, ben rappresentata dalle politiche thatcheriane, a partire dai primi anni Ottanta del Novecento si andranno lentamente affermando nel lessico politico i lemmi “governabilità” e “governance” come parte di una revisione dei rapporti tra pubblico e privato, di riorganizzazione dello stato sociale, di trasformazione dei tradizionali equilibri nella politica democratica. L’affermarsi della governance nei decenni successivi può forse essere interpretata come una delle rappresentazioni teoriche di una nuova arte del governo “neo-liberale” che si esercita sui singoli, sulle popolazioni e sui nuclei intermedi di organizzazione della vita collettiva e che si fonda su un ruolo nuovo e predominante attribuito all’economia di mercato capitalistica. In effetti, la scienza politica e la teoria giuridica contemporanee hanno messo in risalto la novità che la governance ha espresso sul piano della strutturazione delle relazioni tra gli attori politici e le implicazioni che queste hanno sul ruolo dello Stato e sulle procedure democratiche. Nel mio intervento vorrei invece discutere la relazione che intercorre tra le prospettive più marcatamente neo-liberali della governance e i presupposti politici e antropologici che le fondano nel contesto delle politiche messe in atto dall’Unione Europea a partire dal 2008 in risposta alla crisi economico-finanziaria. Se osservata da questo punto di vista, la gestione della crisi “economica” in Europa non è l’espressione di un deficit democratico, né è interpretabile semplicemente come l’esito della “guida tedesca” o dell’imposizione di politiche di riduzione della spesa pubblica nell’Unione. Gli eventi degli ultimi anni sono invece indicativi di una più ampia riorganizzazione nelle relazioni tra politica ed economia nel quadro di una nuova divisione internazionale della produzione/circolazione di merci, ma anche dei tentativi di costruzione di una società europea concorrenziale e competitiva con caratteristiche specifiche. Dalla Grecia alla Spagna, quindi l’Irlanda e l’Italia, da Cipro al Portogallo, quella che vorrei descrivere come nuova governance dell’economia – o economia commissaria di mercato - svolge una duplice funzione de-costruttive e ricostruttiva dei tradizionali poteri politici pubblici per affermare un certo modello di società, un nuovo naturalismo di “mercato”, un’innovativa antropologia economica di cui restano da approfondire i tratti specifici. In tal senso, è forse possibile descrivere il passaggio da una “governance politica dell’economia”, che ha retto il processo di costruzione dell’unione monetaria a partire dal Trattato di Maastricht, ad una nuova governance economica della politica che segna le attuali politiche europee. Questo passaggio mostra l’imporsi di una peculiare razionalità governamentale che “usa” gli stati per affermare un governo e un autogoverno economico dei singoli e dei gruppi di cui è necessario ricostruire i tratti.
2015
Managing the Crisis: Governmentality and Governance in Austerity Europe / Arienzo, Alessandro. - (2015). (Intervento presentato al convegno HM ROME 2015 CONFERENCE PROGRAM tenutosi a Università degli studi di Roma Tre nel 17 settembre).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/611649
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