Paesaggi, mappe, tracciati racconta la narrativa del secondo Novecento attraverso il suo rapporto col trattamento figurale dello spazio. Se la “geo-grafia” è l’operazione che inscrive il mondo sulla superficie della carta, riproducendolo in base a schemi razionali e a formule matematiche, la letteratura del s. XX ha voluto restituire la complessità dei territori, le asperità, le faglie, gli anfratti, i rilievi, la disomogeneità delle loro morfologie. L’arte verbale ha fatto i conti con la storia occidentale della riduzione bidimensionale sfruttando la quarta dimensione del tempo, facendo emergere, affianco alle componenti antropiche, gli addensamenti millenari degli spazi agiti dall’uomo. Dalla geografia si passa alla geologia: la riproduzione grafica del mondo si trasforma in un discorso sul mondo, che ambisce a presentarlo nella sua interezza. Gli scrittori del Novecento hanno così dovuto fare i conti con la complessa storia naturale del pianeta, incrociandola alla lunga avventura dell’Occidente, che da Ulisse ed Enea in poi ha sempre riconosciuto, in coloro che tracciano le vie di comunicazioni e segnano i confini delle città, degli eroi. Gadda, Beckett, Manganelli, Pynchon e tanti altri mostrano l’inversione della cultura spaziale del Novecento, che ha tentato di congiungere la Storia e la Natura senza ridurne la complessità in un’infeconda trama di linee. Dopo un primo capitolo di carattere teorico, i successivi sono dedicati ad analisi specifici di singole opere o gruppi di opere. S’inizia con Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo (1975), di cui si studia il modo di costruzione dello spazio marino e in particolare dello Stretto di Messina come allegoria dell’impossibile ritorno dalla guerra. Il capitolo seguente è dedicato al Pasticciaccio gaddiano (1957), di cui si analizza lo sviluppo della estensione spaziale (gaografica e cartografica) in approfondimento verticale (la geologia). Segue un’analisi di un gran numero di opere narrative ambientate nello spazio cittadino napoletano ai fini di mostrare le costanti della descrizione spaziale e del suo sfruttamento simbolico nella narrativa di ambientazione partenopea. Gli ultimi due capitoli sono dedicati al passaggio dalla planimetria al flusso dell’attraversamento: è il caso del recente (1997) Mason & Dixon di Thomas Pynchon, dove la spedizione propriamente geometrica e cartografica dei due personaggi (tra l’altro personaggi storici) è trasfigurata in esperienza della confusione nel territorio; ed è il caso anche delle opere di Manganelli e Samuel Beckett, nelle quali è condotta sino ai suoi ultimi esiti la riflessione, che origina nella letteratura umorista, intorno al rapporto tra scrittura e spazialità.

Paesaggi, mappe, tracciati. Cinque studi su Letteratura e Geografia / Alfano, Giancarlo. - 1:(2010), pp. 1-240.

Paesaggi, mappe, tracciati. Cinque studi su Letteratura e Geografia

ALFANO, GIANCARLO
2010

Abstract

Paesaggi, mappe, tracciati racconta la narrativa del secondo Novecento attraverso il suo rapporto col trattamento figurale dello spazio. Se la “geo-grafia” è l’operazione che inscrive il mondo sulla superficie della carta, riproducendolo in base a schemi razionali e a formule matematiche, la letteratura del s. XX ha voluto restituire la complessità dei territori, le asperità, le faglie, gli anfratti, i rilievi, la disomogeneità delle loro morfologie. L’arte verbale ha fatto i conti con la storia occidentale della riduzione bidimensionale sfruttando la quarta dimensione del tempo, facendo emergere, affianco alle componenti antropiche, gli addensamenti millenari degli spazi agiti dall’uomo. Dalla geografia si passa alla geologia: la riproduzione grafica del mondo si trasforma in un discorso sul mondo, che ambisce a presentarlo nella sua interezza. Gli scrittori del Novecento hanno così dovuto fare i conti con la complessa storia naturale del pianeta, incrociandola alla lunga avventura dell’Occidente, che da Ulisse ed Enea in poi ha sempre riconosciuto, in coloro che tracciano le vie di comunicazioni e segnano i confini delle città, degli eroi. Gadda, Beckett, Manganelli, Pynchon e tanti altri mostrano l’inversione della cultura spaziale del Novecento, che ha tentato di congiungere la Storia e la Natura senza ridurne la complessità in un’infeconda trama di linee. Dopo un primo capitolo di carattere teorico, i successivi sono dedicati ad analisi specifici di singole opere o gruppi di opere. S’inizia con Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo (1975), di cui si studia il modo di costruzione dello spazio marino e in particolare dello Stretto di Messina come allegoria dell’impossibile ritorno dalla guerra. Il capitolo seguente è dedicato al Pasticciaccio gaddiano (1957), di cui si analizza lo sviluppo della estensione spaziale (gaografica e cartografica) in approfondimento verticale (la geologia). Segue un’analisi di un gran numero di opere narrative ambientate nello spazio cittadino napoletano ai fini di mostrare le costanti della descrizione spaziale e del suo sfruttamento simbolico nella narrativa di ambientazione partenopea. Gli ultimi due capitoli sono dedicati al passaggio dalla planimetria al flusso dell’attraversamento: è il caso del recente (1997) Mason & Dixon di Thomas Pynchon, dove la spedizione propriamente geometrica e cartografica dei due personaggi (tra l’altro personaggi storici) è trasfigurata in esperienza della confusione nel territorio; ed è il caso anche delle opere di Manganelli e Samuel Beckett, nelle quali è condotta sino ai suoi ultimi esiti la riflessione, che origina nella letteratura umorista, intorno al rapporto tra scrittura e spazialità.
2010
9788820749002
Paesaggi, mappe, tracciati. Cinque studi su Letteratura e Geografia / Alfano, Giancarlo. - 1:(2010), pp. 1-240.
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