Nel maggio del 1940 si inaugura a Napoli la Prima Mostra Triennale delle Terre d'Oltremare: nella sua rarefatta spazialità, Marcello Canino e Luigi Piccinato dispongono architetture – teatri, padiglioni espositivi, una stazione zoologica, fontane, ecc. – immerse nelle raffinate vegetazioni dei giardini. Acquisite le precedenti esperienze espositive e riaffermando il legame tra storia-arte-guerra-primato italiano e impero, la Mostra napoletana si propone il superamento del carattere di transitorietà che ha caratterizzato il modo di fare esposizioni nel passato: il manifesto del primato italiano si tramuta nella costruzione di qualcosa di permanente, ovvero di “perenne”. Traendo ispirazione dal reticolo cardo-decumanico delle città antiche, il complesso architettonico diviene un nuovo centro in sé, definito ai margini di quello preesistente. Il suo assetto è pensato per una “città ideale”, fatta di scorci scenografici, larghe piazze e fontane in cui il disegno del verde e delle sfavillanti decorazioni celebra, pur nella transitorietà di talune costruzioni, la solidità di un insediamento destinato a divenire parte integrante della città esistente. La necessità che le architetture, concepite per incastonarsi in tale disegno, evochino un mondo lontano orienta il progetto verso nuove forme. La convergenza di modelli architettonici contemporanei e forme artistiche, tradizionali e sperimentali, tende a ricreare un ambiente urbano e architettonico di grande suggestione in grado di coinvolgere lo spettatore fin dall’esterno degli edifici. Il rapporto tra l'architettura e la decorazione è fortissimo: con un coinvolgimento di massa, i maggiori artisti del tempo sono chiamati a collaborare affinché, con le loro creazioni artistiche, siano enfatizzati i molteplici temi della ‘colonizzazione’. La Mostra diventa campo di sperimentazione linguistica che attinge al repertorio delle tecniche tradizionali del paramento maiolicato, del mosaico, della pittura e dell’affresco, plasmandole, nell’architettura, a servizio delle moderne esigenze. Come si evince dai temi affrontati nel contributo, è questo il caso dell’Acquario Tropicale di Carlo Cocchia, architettura dal profondo degrado, i cui prospetti sono rivestiti da un paramento maiolicato ideato e realizzato da Paolo Ricci mescolando l’ispirazione ai murales messicani con la tecnica della “riggiola” napoletana. Analogamente, una convergenza tra significato architettonico e linguaggio d’arte si riscontra nel Teatro dei Piccoli, oggetto di recente restauro, nel Padiglione delle Isole Italiane dell’Egeo o in quello, progettato da G. Calza-Bini, dell’Espansione italiana in Oriente: una pagoda in chiave moderna la cui tessitura esterna in pietrisco annuncia, grazie ad una modellazione plastica della superficie, il contenuto espositivo. Tale connubio tra funzione e superficie reinterpretata con originalità è, ancora, evidente nell’opera di Enrico Prampolini che firma il bozzetto per realizzare in ceramica il grande murale del ristorante della Piscina, attualmente in restauro, o nel Cubo d’Oro, rivestito da graniglia vitrea con finitura a smalto policromo su pannelli in cemento. Il ricorso a tecniche diverse e sperimentate per l’occasione pone, nel presente, problemi inediti di conservazione sia relativi alle modalità interpretative nell’analisi delle forme di degrado delle superfici sia alle scelte operative per la trasmissione al futuro di forme espressive, prodotte in contesti produttivi ormai scomparsi. Ai danni bellici e all’assenza di uso e manutenzione, si affianca la complessa interazione tra architetture, agenti climatici – forte caldo estivo, alte percentuali di umidità, ecc. – e vegetazioni circostanti; interazione che ha segnato, generalmente, lo stato di conservazione delle architetture in questione anche nella loro componente decorativa. Per architetture nate con una funzione “temporanea” e difficilmente perpetuabile, il condizionamento dell’ambiente esterno si è esplicato, in più casi, inoltre, nell’attribuzione di funzioni non compatibili né finalizzate alla loro conservazione: negli anni, l’osmosi tra interno ed esterno, intrinseca al connubio funzione-architettura, è in molteplici casi svanito facendo retrocedere l’architettura a mero “contenitore”. Misurando le tematiche sopra delineate rispetto all’osservatorio privilegiato della Mostra d’Oltremare, il saggio intende mettere in rilievo le specificità proprie del progetto di conservazione di architetture “decorate” del Novecento laddove la superficie esposta all’aperto diviene luogo di fruizione artistica ma, allo stesso tempo, mezzo di registrazione dell’interazione tra l’architettura e l’ambiente esterno.

The conservation of surfaces of architecture and art in the ‘Mostra of Oltremare’ in Naples. Researches, projects, restoration yards / V., Russo; Ceniccola, Giovanna. - (2012), pp. 889-899. (Intervento presentato al convegno La conservazione del patrimonio architettonico all’aperto. Superfici, strutture, finiture e contesti tenutosi a Bressanone nel 10-13 luglio 2012).

The conservation of surfaces of architecture and art in the ‘Mostra of Oltremare’ in Naples. Researches, projects, restoration yards

CENICCOLA, GIOVANNA
2012

Abstract

Nel maggio del 1940 si inaugura a Napoli la Prima Mostra Triennale delle Terre d'Oltremare: nella sua rarefatta spazialità, Marcello Canino e Luigi Piccinato dispongono architetture – teatri, padiglioni espositivi, una stazione zoologica, fontane, ecc. – immerse nelle raffinate vegetazioni dei giardini. Acquisite le precedenti esperienze espositive e riaffermando il legame tra storia-arte-guerra-primato italiano e impero, la Mostra napoletana si propone il superamento del carattere di transitorietà che ha caratterizzato il modo di fare esposizioni nel passato: il manifesto del primato italiano si tramuta nella costruzione di qualcosa di permanente, ovvero di “perenne”. Traendo ispirazione dal reticolo cardo-decumanico delle città antiche, il complesso architettonico diviene un nuovo centro in sé, definito ai margini di quello preesistente. Il suo assetto è pensato per una “città ideale”, fatta di scorci scenografici, larghe piazze e fontane in cui il disegno del verde e delle sfavillanti decorazioni celebra, pur nella transitorietà di talune costruzioni, la solidità di un insediamento destinato a divenire parte integrante della città esistente. La necessità che le architetture, concepite per incastonarsi in tale disegno, evochino un mondo lontano orienta il progetto verso nuove forme. La convergenza di modelli architettonici contemporanei e forme artistiche, tradizionali e sperimentali, tende a ricreare un ambiente urbano e architettonico di grande suggestione in grado di coinvolgere lo spettatore fin dall’esterno degli edifici. Il rapporto tra l'architettura e la decorazione è fortissimo: con un coinvolgimento di massa, i maggiori artisti del tempo sono chiamati a collaborare affinché, con le loro creazioni artistiche, siano enfatizzati i molteplici temi della ‘colonizzazione’. La Mostra diventa campo di sperimentazione linguistica che attinge al repertorio delle tecniche tradizionali del paramento maiolicato, del mosaico, della pittura e dell’affresco, plasmandole, nell’architettura, a servizio delle moderne esigenze. Come si evince dai temi affrontati nel contributo, è questo il caso dell’Acquario Tropicale di Carlo Cocchia, architettura dal profondo degrado, i cui prospetti sono rivestiti da un paramento maiolicato ideato e realizzato da Paolo Ricci mescolando l’ispirazione ai murales messicani con la tecnica della “riggiola” napoletana. Analogamente, una convergenza tra significato architettonico e linguaggio d’arte si riscontra nel Teatro dei Piccoli, oggetto di recente restauro, nel Padiglione delle Isole Italiane dell’Egeo o in quello, progettato da G. Calza-Bini, dell’Espansione italiana in Oriente: una pagoda in chiave moderna la cui tessitura esterna in pietrisco annuncia, grazie ad una modellazione plastica della superficie, il contenuto espositivo. Tale connubio tra funzione e superficie reinterpretata con originalità è, ancora, evidente nell’opera di Enrico Prampolini che firma il bozzetto per realizzare in ceramica il grande murale del ristorante della Piscina, attualmente in restauro, o nel Cubo d’Oro, rivestito da graniglia vitrea con finitura a smalto policromo su pannelli in cemento. Il ricorso a tecniche diverse e sperimentate per l’occasione pone, nel presente, problemi inediti di conservazione sia relativi alle modalità interpretative nell’analisi delle forme di degrado delle superfici sia alle scelte operative per la trasmissione al futuro di forme espressive, prodotte in contesti produttivi ormai scomparsi. Ai danni bellici e all’assenza di uso e manutenzione, si affianca la complessa interazione tra architetture, agenti climatici – forte caldo estivo, alte percentuali di umidità, ecc. – e vegetazioni circostanti; interazione che ha segnato, generalmente, lo stato di conservazione delle architetture in questione anche nella loro componente decorativa. Per architetture nate con una funzione “temporanea” e difficilmente perpetuabile, il condizionamento dell’ambiente esterno si è esplicato, in più casi, inoltre, nell’attribuzione di funzioni non compatibili né finalizzate alla loro conservazione: negli anni, l’osmosi tra interno ed esterno, intrinseca al connubio funzione-architettura, è in molteplici casi svanito facendo retrocedere l’architettura a mero “contenitore”. Misurando le tematiche sopra delineate rispetto all’osservatorio privilegiato della Mostra d’Oltremare, il saggio intende mettere in rilievo le specificità proprie del progetto di conservazione di architetture “decorate” del Novecento laddove la superficie esposta all’aperto diviene luogo di fruizione artistica ma, allo stesso tempo, mezzo di registrazione dell’interazione tra l’architettura e l’ambiente esterno.
2012
9788895409160
The conservation of surfaces of architecture and art in the ‘Mostra of Oltremare’ in Naples. Researches, projects, restoration yards / V., Russo; Ceniccola, Giovanna. - (2012), pp. 889-899. (Intervento presentato al convegno La conservazione del patrimonio architettonico all’aperto. Superfici, strutture, finiture e contesti tenutosi a Bressanone nel 10-13 luglio 2012).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/490877
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