La lettura dei territori contesi sembra oggi voler, da un lato, riportare ad una riflessione più generale sulle logiche insediative dei luoghi contemporanei - quelli che ancora sembrano sfuggire ad una “ratio” precisa di organizzazione spaziale - e dall’altro sperimentare nuove forme e possibili modi di vivere lo spazio pubblico, appartenente ad una collettività sempre più espressione di esigenze varie e diversificate. Laddove Calvino terminava il suo atlante delle città invisibili, ponendo l’accento sull’innumerevole quantità di elementi interni al repertorio morfologico, individuando però nell’assenza di forme l’indizio di una dissoluzione delle città, Perulli comincia una ricerca sulla nuova maniera di produzione di forme all’interno della città contemporanea, in cui è riaffermata la sua natura distintiva e la sua capacità di prendere forme – a volte del tutto singolari – di alcuni suoi spazi di più recente formazione e di meno facile classificazione. Una città che produce forme anche se non ha una propria forma (Perulli, 2009) e in cui le logiche oppositive “dentro/fuori”, “inclusione/esclusione”, “centro/estremità”, costituiscono la nuova maniera di guardare a questi spazi, invitando a riflettere sulla transcalarità di questo tipo di relazioni e fondando su di esse la costruzione di nuovi scenari. La città non si disperde, dunque, secondo le logiche di una città infinita ma ciononostante continua a crescere, riaffermando il bisogno di una specifica identità e morfologia di alcune sue parti. A partire da ciò, la necessità di indagare su quegli spazi che – anche se con un ruolo sostanzialmente diverso – costituiscono comunque il luogo di un conflitto spaziale e in cui i “materiali urbani” sono usati diversamente. Definite come “aree di margine”, esse costituiscono superfici “residuali”, avanzate dall’addizione delle diverse parti di città ma che sono esse stesse parti – seppure estreme – di alcuni “interi”. Sono i luoghi in cui la città “delira” nel senso etimologico del termine, perché esce fuori dalla “lira”, ovvero dal confine (Cacciari, 2004). Al loro interno si riconosce l’esistenza di una grammatica costituita dalla sommatoria di tanti piccoli enunciati (Boeri, 1996) che andrebbero classificati e messi in relazione tra loro per la configurazione di nuove figure. Per contribuire , forse, in seno alle trasformazioni urbane, anche alla riqualificazione delle aree di cui sono margine. Possono, dunque, questi tipi di territori essere decisivi per il futuro della città? E come affidare loro il modo di abitare i nostri spazi? Per tentare di rispondere alle diverse questioni poste nell’ambito di una ricerca dottorale, il contributo teorico è esemplificato in un’ultima parte attraverso la lettura di una delle “aree di margine” individuate a ridosso del centro storico di Napoli, che saranno oggetto futuro di una specifica valorizzazione all’interno dei PIU Europa in quanto individuate dall’UNESCO come “buffer zones”. L’area di Mergellina, si propone come caso-studio abbastanza emblematico in quanto oggetto di una sperimentazione operata per la redazione di un Programma Innovativo in Ambito Urbano, la cui necessità di proporsi come piano alternativo a quelli tradizionali è già di per se significativa per comprendere la specificità della questione.

Abitare il margine: un “de-lirium” della città contemporanea / Parita', Giuseppe. - ELETTRONICO. - (2010), pp. 1736-1747. (Intervento presentato al convegno Abitare il futuro...dopo Copenhagen tenutosi a Napoli nel 13-14 Dicembre 2010).

Abitare il margine: un “de-lirium” della città contemporanea

PARITA', GIUSEPPE
2010

Abstract

La lettura dei territori contesi sembra oggi voler, da un lato, riportare ad una riflessione più generale sulle logiche insediative dei luoghi contemporanei - quelli che ancora sembrano sfuggire ad una “ratio” precisa di organizzazione spaziale - e dall’altro sperimentare nuove forme e possibili modi di vivere lo spazio pubblico, appartenente ad una collettività sempre più espressione di esigenze varie e diversificate. Laddove Calvino terminava il suo atlante delle città invisibili, ponendo l’accento sull’innumerevole quantità di elementi interni al repertorio morfologico, individuando però nell’assenza di forme l’indizio di una dissoluzione delle città, Perulli comincia una ricerca sulla nuova maniera di produzione di forme all’interno della città contemporanea, in cui è riaffermata la sua natura distintiva e la sua capacità di prendere forme – a volte del tutto singolari – di alcuni suoi spazi di più recente formazione e di meno facile classificazione. Una città che produce forme anche se non ha una propria forma (Perulli, 2009) e in cui le logiche oppositive “dentro/fuori”, “inclusione/esclusione”, “centro/estremità”, costituiscono la nuova maniera di guardare a questi spazi, invitando a riflettere sulla transcalarità di questo tipo di relazioni e fondando su di esse la costruzione di nuovi scenari. La città non si disperde, dunque, secondo le logiche di una città infinita ma ciononostante continua a crescere, riaffermando il bisogno di una specifica identità e morfologia di alcune sue parti. A partire da ciò, la necessità di indagare su quegli spazi che – anche se con un ruolo sostanzialmente diverso – costituiscono comunque il luogo di un conflitto spaziale e in cui i “materiali urbani” sono usati diversamente. Definite come “aree di margine”, esse costituiscono superfici “residuali”, avanzate dall’addizione delle diverse parti di città ma che sono esse stesse parti – seppure estreme – di alcuni “interi”. Sono i luoghi in cui la città “delira” nel senso etimologico del termine, perché esce fuori dalla “lira”, ovvero dal confine (Cacciari, 2004). Al loro interno si riconosce l’esistenza di una grammatica costituita dalla sommatoria di tanti piccoli enunciati (Boeri, 1996) che andrebbero classificati e messi in relazione tra loro per la configurazione di nuove figure. Per contribuire , forse, in seno alle trasformazioni urbane, anche alla riqualificazione delle aree di cui sono margine. Possono, dunque, questi tipi di territori essere decisivi per il futuro della città? E come affidare loro il modo di abitare i nostri spazi? Per tentare di rispondere alle diverse questioni poste nell’ambito di una ricerca dottorale, il contributo teorico è esemplificato in un’ultima parte attraverso la lettura di una delle “aree di margine” individuate a ridosso del centro storico di Napoli, che saranno oggetto futuro di una specifica valorizzazione all’interno dei PIU Europa in quanto individuate dall’UNESCO come “buffer zones”. L’area di Mergellina, si propone come caso-studio abbastanza emblematico in quanto oggetto di una sperimentazione operata per la redazione di un Programma Innovativo in Ambito Urbano, la cui necessità di proporsi come piano alternativo a quelli tradizionali è già di per se significativa per comprendere la specificità della questione.
2010
9788884971630
Abitare il margine: un “de-lirium” della città contemporanea / Parita', Giuseppe. - ELETTRONICO. - (2010), pp. 1736-1747. (Intervento presentato al convegno Abitare il futuro...dopo Copenhagen tenutosi a Napoli nel 13-14 Dicembre 2010).
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