Il volume è stato recensito da: O. Toro, in Boll. St. Lat. 40 (2010) 882-886; P. Pasquino, in TSDP. 3 (2010) 1-7; A. Torrent, Nuevos puntos de vista sobre la constitución y extinción de las servidumbres, in Index 39 (2011) 455-464; P. Lepore, Sulla cosituzione e sull’estinzione delle servitù nel diritto romano, in Riv. stor. dell’antichità 40 (2010)151-167; L. Pellecchi, in Athenaeum 99 (2011) 625-628; J.M. Rainer, in SDHI. 88 (2012) 690-695. Nei tre capitoli che compongono questa monografia si studia il ruolo del tempus, della scientia e della patientia nell’usus, nella destinazione del padre di famiglia, nel non usus, e nell’usucapio libertatis, costruendo un filo che congiunge la dogmatica di questi modi di costituzione ed estinzione delle servitù. Nella cosiddetta «Ersitzung» delle servitù sarebbe emerso chiaramente il ruolo del tempo come ‘fattore di consolidazione’: l’esercizio continuato del potere portava, da un lato, all’acquisto della proprietà, e dall’altro (di conseguenza) alla perdita del dominium da parte del precedente titolare. Alla lex Scribonia sono dedicati i due paragrafi che chiudono il primo capitolo. Questa legge è attestata, come noto, in un’unica fonte (D. 41.3.4.28[29] [Paul. 54 ad ed.]) che peraltro si riferisce all’usucapione per escluderne l’applicabilità nel caso di specie affrontato. Probabilmente fino alla lex Scribonia, era prevista l’usucapio di tutte le servitù. L’aspetto più delicato e su cui ancora si discute è quello della datazione di questa legge. La legge Scribonia ipotizzo che si possa datare nell’ultimissima fase della libera res publica o in quella immediatamente successiva, tra triumvirato e primo principato, cioè posteriormente al 44 a.C. e, comunque, anteriormente al diverso inquadramento giuridico. Il secondo capitolo è dedicato all’esame dei modi di estinzione del non usus e dell’usucapio libertatis, posti in comparazione, partendo dall’esegesi del noto testo gaiano, tràdito nei Digesta giustinianei (D. 8.2.6, 7 ad ed. prov.), in cui, tra le maglie della riflessione casistica, si vede il principio dogmatico che enuncia per la prescrizione estintiva delle servitù rustiche la rilevanza del solo non usus, mentre con riguardo a quelle urbane pone in rilievo un quid pluris al fine dell’acquisto della libertà, e cioè l’attività del titolare del fondo servente. Partendo da un excursus delle principali posizioni storiografiche si è cercato di risolvere la questione del rapporto tra il non usus (più antico) e l’usucapio libertatis impostando il discorso sullo sviluppo, dal punto di vista sistematico e cronologico, delle due species servitutis. Prendendo le distanze da quanti costruiscono questi meccanismi estintivi in funzione del carattere positivo o negativo delle servitù perché probabilmente tale distinzione è estranea ai giuristi classici, si ritiene che tutte le servitù rustiche, e non solo le quattro figure originarie, erano governate identicamente e, dunque, si estinguevano col non uso. Anche per l’usucapio libertatis l’espressione usata da Gaio haec autem iura, che si riferisce probabilmente a quanto detto nel frammento due del titolo de servitutibus praediorum urbanorum in cui sono menzionate le singole species urbanae, sembra costituire un indizio rilevante per ritenere che essa operava per tutte le servitù urbane e non solo per la servitus altius non tollendi, ne luminibus officiatur e tigni immittendi. Nel non usus e nella usucapio libertatis mi sembra si sia manifestato il duplice ruolo del cursus temporis, da un lato la decadenza con l’estinzione del ius per inerzia del suo titolare, proprietario del fondo dominante, e dall’altro la consolidazione con la creazione di una posizione inespugnabile in capo al proprietario del fondo servente che, possedendo l’aedes in modo contrastante con il contenuto del diritto parziario acquistava il fondo libero dalla servitù a fronte di un atteggiamento inerte del titolare del fondo dominante. In tutti e tre questi istituti, dunque, il tempus svolge un ruolo centrale, in quanto per il solo fatto del suo decorrere determina, nell’usus e nel non usus, e concorre a determinare, nell’usucapio libertatis, la nascita o l’estinzione del ius in re aliena. Nell’usucapio libertatis, inoltre, rilevava sin dal principio l’atteggiamento attivo del proprietario dell’edificio servente, consistente nel possedere l’aedes in modo contrastante con il contenuto del ius a carattere continuativo, in quanto per la natura dei iura urbanorum non bastavano atti discontinui, e un atteggiamento passivo, di tolleranza, di patientia, del titolare del fondo dominante, che rimaneva inerte per il periodo necessario al verificarsi della prescrizione acquisitiva. Il tempus, generalmente sempre un biennium, la patientia e la scientia del proprietario del fondo dominante, costituivano elementi indispensabili per produrre l’estinzione del ius in re aliena. Con buona probabilità, invece, nella configurazione arcaica dell’usus era condizione indispensabile l’esclusivo decorso del tempo; solo in età classica o addirittura bizantina, sarebbero emersi esplicitamente come requisiti necessari per il perfezionarsi del meccanismo acquisitivo, accanto alla bona fides, e al titulus, anche la scientia, in quanto il possesso nell’usucapione non doveva essere clandestino, e in linea teorica il proprietario del fondo servente doveva sapere che il suo vicino esercitava una servitù sul medesimo, e la patientia, non potendosi dire che si tollerava ciò che non si conosceva. La destinazione del padre di famiglia è oggetto dell’ultimo capitolo. Com’è noto, questo modo di costituzione operava quando la proprietà di due fondi appartenenti ad un unico proprietario veniva alienata e permaneva tra le parti del fondo uno stato di asservimento dell’uno all’altro, corrispondente al contenuto di una servitù. Era necessaria, quindi, la scientia del dominus, la consapevolezza che con la alienazione del fondo si creavano i presupposti per la costituzione tacita della servitù, venendo meno l’ostacolo tecnico-giuridico rappresentato dall’appartenenza dei due fondi allo stesso proprietario, accompagnata dalla patientia, e, dunque, dalla mancanza di una volontà contraria manifestata con apposita clausola

Studi su costituzione ed estinzione delle servitù nel diritto romano. Usus, scientia, patientia / Tuccillo, Fabiana. - STAMPA. - (2009).

Studi su costituzione ed estinzione delle servitù nel diritto romano. Usus, scientia, patientia

TUCCILLO, FABIANA
2009

Abstract

Il volume è stato recensito da: O. Toro, in Boll. St. Lat. 40 (2010) 882-886; P. Pasquino, in TSDP. 3 (2010) 1-7; A. Torrent, Nuevos puntos de vista sobre la constitución y extinción de las servidumbres, in Index 39 (2011) 455-464; P. Lepore, Sulla cosituzione e sull’estinzione delle servitù nel diritto romano, in Riv. stor. dell’antichità 40 (2010)151-167; L. Pellecchi, in Athenaeum 99 (2011) 625-628; J.M. Rainer, in SDHI. 88 (2012) 690-695. Nei tre capitoli che compongono questa monografia si studia il ruolo del tempus, della scientia e della patientia nell’usus, nella destinazione del padre di famiglia, nel non usus, e nell’usucapio libertatis, costruendo un filo che congiunge la dogmatica di questi modi di costituzione ed estinzione delle servitù. Nella cosiddetta «Ersitzung» delle servitù sarebbe emerso chiaramente il ruolo del tempo come ‘fattore di consolidazione’: l’esercizio continuato del potere portava, da un lato, all’acquisto della proprietà, e dall’altro (di conseguenza) alla perdita del dominium da parte del precedente titolare. Alla lex Scribonia sono dedicati i due paragrafi che chiudono il primo capitolo. Questa legge è attestata, come noto, in un’unica fonte (D. 41.3.4.28[29] [Paul. 54 ad ed.]) che peraltro si riferisce all’usucapione per escluderne l’applicabilità nel caso di specie affrontato. Probabilmente fino alla lex Scribonia, era prevista l’usucapio di tutte le servitù. L’aspetto più delicato e su cui ancora si discute è quello della datazione di questa legge. La legge Scribonia ipotizzo che si possa datare nell’ultimissima fase della libera res publica o in quella immediatamente successiva, tra triumvirato e primo principato, cioè posteriormente al 44 a.C. e, comunque, anteriormente al diverso inquadramento giuridico. Il secondo capitolo è dedicato all’esame dei modi di estinzione del non usus e dell’usucapio libertatis, posti in comparazione, partendo dall’esegesi del noto testo gaiano, tràdito nei Digesta giustinianei (D. 8.2.6, 7 ad ed. prov.), in cui, tra le maglie della riflessione casistica, si vede il principio dogmatico che enuncia per la prescrizione estintiva delle servitù rustiche la rilevanza del solo non usus, mentre con riguardo a quelle urbane pone in rilievo un quid pluris al fine dell’acquisto della libertà, e cioè l’attività del titolare del fondo servente. Partendo da un excursus delle principali posizioni storiografiche si è cercato di risolvere la questione del rapporto tra il non usus (più antico) e l’usucapio libertatis impostando il discorso sullo sviluppo, dal punto di vista sistematico e cronologico, delle due species servitutis. Prendendo le distanze da quanti costruiscono questi meccanismi estintivi in funzione del carattere positivo o negativo delle servitù perché probabilmente tale distinzione è estranea ai giuristi classici, si ritiene che tutte le servitù rustiche, e non solo le quattro figure originarie, erano governate identicamente e, dunque, si estinguevano col non uso. Anche per l’usucapio libertatis l’espressione usata da Gaio haec autem iura, che si riferisce probabilmente a quanto detto nel frammento due del titolo de servitutibus praediorum urbanorum in cui sono menzionate le singole species urbanae, sembra costituire un indizio rilevante per ritenere che essa operava per tutte le servitù urbane e non solo per la servitus altius non tollendi, ne luminibus officiatur e tigni immittendi. Nel non usus e nella usucapio libertatis mi sembra si sia manifestato il duplice ruolo del cursus temporis, da un lato la decadenza con l’estinzione del ius per inerzia del suo titolare, proprietario del fondo dominante, e dall’altro la consolidazione con la creazione di una posizione inespugnabile in capo al proprietario del fondo servente che, possedendo l’aedes in modo contrastante con il contenuto del diritto parziario acquistava il fondo libero dalla servitù a fronte di un atteggiamento inerte del titolare del fondo dominante. In tutti e tre questi istituti, dunque, il tempus svolge un ruolo centrale, in quanto per il solo fatto del suo decorrere determina, nell’usus e nel non usus, e concorre a determinare, nell’usucapio libertatis, la nascita o l’estinzione del ius in re aliena. Nell’usucapio libertatis, inoltre, rilevava sin dal principio l’atteggiamento attivo del proprietario dell’edificio servente, consistente nel possedere l’aedes in modo contrastante con il contenuto del ius a carattere continuativo, in quanto per la natura dei iura urbanorum non bastavano atti discontinui, e un atteggiamento passivo, di tolleranza, di patientia, del titolare del fondo dominante, che rimaneva inerte per il periodo necessario al verificarsi della prescrizione acquisitiva. Il tempus, generalmente sempre un biennium, la patientia e la scientia del proprietario del fondo dominante, costituivano elementi indispensabili per produrre l’estinzione del ius in re aliena. Con buona probabilità, invece, nella configurazione arcaica dell’usus era condizione indispensabile l’esclusivo decorso del tempo; solo in età classica o addirittura bizantina, sarebbero emersi esplicitamente come requisiti necessari per il perfezionarsi del meccanismo acquisitivo, accanto alla bona fides, e al titulus, anche la scientia, in quanto il possesso nell’usucapione non doveva essere clandestino, e in linea teorica il proprietario del fondo servente doveva sapere che il suo vicino esercitava una servitù sul medesimo, e la patientia, non potendosi dire che si tollerava ciò che non si conosceva. La destinazione del padre di famiglia è oggetto dell’ultimo capitolo. Com’è noto, questo modo di costituzione operava quando la proprietà di due fondi appartenenti ad un unico proprietario veniva alienata e permaneva tra le parti del fondo uno stato di asservimento dell’uno all’altro, corrispondente al contenuto di una servitù. Era necessaria, quindi, la scientia del dominus, la consapevolezza che con la alienazione del fondo si creavano i presupposti per la costituzione tacita della servitù, venendo meno l’ostacolo tecnico-giuridico rappresentato dall’appartenenza dei due fondi allo stesso proprietario, accompagnata dalla patientia, e, dunque, dalla mancanza di una volontà contraria manifestata con apposita clausola
2009
9788876070556
Studi su costituzione ed estinzione delle servitù nel diritto romano. Usus, scientia, patientia / Tuccillo, Fabiana. - STAMPA. - (2009).
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