L’obiettivo fondamentale della Tesi, illustrato nel § 1, è stato la calibrazione di procedure affidabili e di utilità ingegneristica per la valutazione degli spostamenti dei pendii in condizioni sismiche, attraverso differenti approcci metodologici. Nell’ottica di una progettazione prestazionale, alla quale si ispirano le recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC-2008), la ‘verifica di stabilità’ di un pendio, di un fronte di scavo o di un manufatto in terra dovrebbe in effetti consistere in una valutazione dell’entità degli spostamenti indotti dal sisma. In altre parole, le condizioni di stabilità sono espresse dallo stato deformativo raggiunto dal pendio, che può essere confrontato con lo stato limite di danno di un’eventuale struttura o infrastruttura che interagisce col pendio, o di cui esso stesso fa parte integrante (nel caso di rilevati, argini, dighe in terra). La prima parte del lavoro di ricerca è dedicata all’analisi dei principali fattori che determinano fenomeni deformativi dei pendii in condizioni sismiche (§ 2), a cui segue una raccolta dei principali casi di studio ben documentati, sia nazionali che internazionali (§ 3). La previsione degli spostamenti dei pendii in condizioni sismiche presenta, infatti, numerose difficoltà connesse sia alla caratterizzazione del modello geotecnico, sia dalla natura dinamica dei carichi applicati, da cui derivano forze d’inerzia e stati tensio-deformativi variabili nel tempo. La determinazione dell’azione sismica costituisce parte integrante del problema da risolvere. E’ necessario, inoltre, valutare le eventuali modifiche dell’azione sismica di riferimento per effetto della propagazione delle onde sismiche attraverso i depositi di terreno che compongono il volume potenzialmente instabile, nonché l’effetto delle irregolarità topografiche e della variazione spaziale delle azioni dinamiche in versanti di grande estensione. Infine, la natura ciclica dei carichi può produrre un decadimento della resistenza al taglio del terreno con il progredire delle deformazioni accumulate, o per degradazione ciclica dei parametri di resistenza dei terreni, o per incremento delle pressioni interstiziali, con conseguente riduzione delle tensioni efficaci. Nella seconda parte (§ 4), i metodi sviluppati per l’analisi della stabilità sismica dei pendii e per il calcolo degli spostamenti permanenti sono stati analizzati criticamente, mettendo in evidenza i limiti delle procedure e la dipendenza dell’affidabilità dei risultati dalle ipotesi preliminari e dallo stato di conoscenza, sia della geomorfologia del sito, sia dell’azione sismica. Gli spostamenti permanenti possono essere calcolati mediante i “metodi degli spostamenti” quale quello proposto da Newmark nel 1965 basato sull’integrazione dell’accelerazione relativa della massa in frana, assimilata ad un corpo rigido, rispetto alla formazione stabile. Dal momento che sia la geometria dei pendii naturali e dei fronti di scavo, sia la deformabilità dei terreni comportano una significativa variazione spaziale delle azioni dinamiche tali da produrre importanti modifiche del moto sismico, l’applicazione del metodo di Newmark richiede uno studio preliminare del fenomeno di propagazione delle onde sismiche nel sottosuolo. Esistono in letteratura alcune procedure, applicabili per la determinazione di spostamenti di pendii naturali e, soprattutto, di costruzioni in terra, sviluppate come “analisi disaccoppiate”: ciò significa che la deformabilità del pendio viene tenuta in conto solo nelle analisi di risposta sismica e le storie temporali dell’accelerazione equivalente così ottenute sono utilizzate per la valutazione degli spostamenti della massa potenzialmente instabile, assimilata ad un blocco rigido. Più recentemente, grazie alla maggiore possibilità di implementazione di metodi numerici, sono stati proposti “metodi accoppiati” in cui la deformabilità del pendio è tenuta in conto durante lo scorrimento del blocco (p.es. Kramer & Smith, 1997). In ogni caso, sia il metodo di Newmark nella sua formulazione originale sia i successivi approcci modificati definiscono uno spostamento finale che dipende fortemente dagli accelerogrammi di riferimento utilizzati nelle analisi, la cui scelta dovrebbe essere fatta a rigore mediante un’analisi di sismicità regionale, che comporta la conoscenza di un numero di parametri troppo elevati e/o di difficile determinazione. Da qui la necessità pratica di implementare metodi semplificati, in grado di fornire risultati indicativi in termini di spostamenti a partire da pochi parametri sintetici del moto (p.es. Bray & Rathje, 1998). Questi metodi sono fondati sull’utilizzo di relazioni e abachi determinati mediante sofisticate analisi di regressione degli spostamenti permanenti, valutati applicando i metodi degli spostamenti sopra citati per una selezione più o meno ampia di registrazioni accelerometriche. Nella terza parte si presenta una procedura disaccoppiata calibrata su un database di registrazioni accelerometriche significative della sismicità italiana (§ 5). Questa procedura, su modello di quella proposta da Bray & Rathje (1998), si compone di due fasi distinte:1) valutazione dell’accelerazione massima equivalente; 2) calcolo degli spostamenti. L’accelerazione equivalente è stata calcolata per ciascun accelerogramma selezionato, attraverso l’analisi dinamica di 21 ‘profili di terreno virtuali’, compatibili con la classificazione del sottosuolo prevista dalle principali Normative di riferimento (EC8, 2003; NTC, 2008) per i terreni profondi (classi B, C e D), e secondo la proposta di riclassificazione di Bouckovalas et al. (2006) per i terreni più superficiali (classi A2 e E). I risultati restituiti da queste analisi sono stati utilizzati anche per la definizione di opportune leggi di regressione per il calcolo del coefficiente di risposta non lineare. Gli spostamenti permanenti, calcolati con il modello di blocco rigido per le registrazioni selezionate a partire dalle curve di upper bound di Keefer & Wilson (1989), opportunamente normalizzati per i parametri dell’azione sismica che maggiormente influenzano l’entità dello spostamento, sono stati interpretati con diverse leggi di regressione in funzione del rapporto tra accelerazione critica e accelerazione massima. Nella quarta parte si propongono in primo luogo (§ 6) delle leggi di attenuazione per la stima dei parametri del moto che compaiono nella procedura proposta nel § 5. I valori di periodo mediano e durata significativa delle registrazioni su sottosuolo rigido (classe A) che compongono il database sismico di riferimento, sono stati confrontati con le leggi di attenuazione di ultima generazione proposte nella letteratura internazionale (Rathje et al., 2004; Kempton & Stewart, 2006) e ricalibrate sui dati ottenuti per la sismicità italiana. Il metodo proposto può essere quindi attuabile in forma completa con riferimento ai dati georeferenziati reperibili dalla “Mappa Interattiva della Pericolosità Sismica” del territorio nazionale (Meletti et al. 2007), in cui i valori di magnitudo e distanza sono derivanti dall’analisi di disaggregazione della pericolosità (Spallarossa & Barani, 2007). Questi dati, unitamente alle leggi proposte, ha consentito, inoltre, di implementare soluzioni alternative a quelle indicate dalle Norme vigenti per il calcolo del coefficiente di riduzione dell’azione sismica per le analisi pseudo-statiche, in funzione delle caratteristiche geomorfologiche del sito, della magnitudo e della distanza sito-sorgente del terremoto di progetto. In queste procedure, illustrate nel § 7, sia lo spostamento ammissibile sia la probabilità di non superamento dello stesso, compaiono come variabili decisionali di progetto. Nella quinta parte si presenta il confronto tra i risultati in termini di spostamento per alcuni casi di studio di cui sono noti gli spostamenti indotti da terremoti, e si dispone della conoscenza sufficientemente attendibile sia del modello geotecnico sia del moto sismico di riferimento. I confronti sono stati effettuati utilizzando metodi e procedure con livello di complessità crescente. A tal proposito è stato implementato un codice di calcolo (ACST) in linguaggio Visual Basic che effettua l’analisi “accoppiata” 1D secondo il modello “stick-slip” nell’approccio indicato da Rathje & Bray (2000), con l’introduzione di alcune modifiche che rendono il codice ACST più versatile nell’ubicazione della superficie di scorrimento e nella definizione delle proprietà del bedrock. Il codice, descritto nel § 8, effettua l’integrazione nel dominio del tempo con un metodo alle differenze finite, e tiene conto del comportamento non lineare del terreno a carico ciclico. Nel capitolo 9 le procedure messe a punto, sono state applicate a diversi casi di studio: - due casi di primo innesco di fenomeni d’instabilità, che hanno riguardato due dighe in terra californiane (Austrian e Lexington), gravemente danneggiate dal terremoto di Loma Prieta del 1989; le previsioni dei metodi semplificati sono risultate in linea con i valori misurati. - il caso della frana di Calitri, riattivata durante il terremoto del 1980, che ha mostrato spostamenti dell’ordine di due metri lungo un pendio naturale parzialmente urbanizzato. Anche in questo caso, le previsioni dei metodi semplificati, confrontati anche con quelli restituiti da un’analisi 2D alle differenze finite (Ausilio et al., 2009), sono risultate prossime alle osservazioni.

Previsione di spostamenti di pendii in condizioni sismiche / Conte, E.; Silvestri, Francesco. - (2010).

Previsione di spostamenti di pendii in condizioni sismiche

SILVESTRI, FRANCESCO
2010

Abstract

L’obiettivo fondamentale della Tesi, illustrato nel § 1, è stato la calibrazione di procedure affidabili e di utilità ingegneristica per la valutazione degli spostamenti dei pendii in condizioni sismiche, attraverso differenti approcci metodologici. Nell’ottica di una progettazione prestazionale, alla quale si ispirano le recenti Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC-2008), la ‘verifica di stabilità’ di un pendio, di un fronte di scavo o di un manufatto in terra dovrebbe in effetti consistere in una valutazione dell’entità degli spostamenti indotti dal sisma. In altre parole, le condizioni di stabilità sono espresse dallo stato deformativo raggiunto dal pendio, che può essere confrontato con lo stato limite di danno di un’eventuale struttura o infrastruttura che interagisce col pendio, o di cui esso stesso fa parte integrante (nel caso di rilevati, argini, dighe in terra). La prima parte del lavoro di ricerca è dedicata all’analisi dei principali fattori che determinano fenomeni deformativi dei pendii in condizioni sismiche (§ 2), a cui segue una raccolta dei principali casi di studio ben documentati, sia nazionali che internazionali (§ 3). La previsione degli spostamenti dei pendii in condizioni sismiche presenta, infatti, numerose difficoltà connesse sia alla caratterizzazione del modello geotecnico, sia dalla natura dinamica dei carichi applicati, da cui derivano forze d’inerzia e stati tensio-deformativi variabili nel tempo. La determinazione dell’azione sismica costituisce parte integrante del problema da risolvere. E’ necessario, inoltre, valutare le eventuali modifiche dell’azione sismica di riferimento per effetto della propagazione delle onde sismiche attraverso i depositi di terreno che compongono il volume potenzialmente instabile, nonché l’effetto delle irregolarità topografiche e della variazione spaziale delle azioni dinamiche in versanti di grande estensione. Infine, la natura ciclica dei carichi può produrre un decadimento della resistenza al taglio del terreno con il progredire delle deformazioni accumulate, o per degradazione ciclica dei parametri di resistenza dei terreni, o per incremento delle pressioni interstiziali, con conseguente riduzione delle tensioni efficaci. Nella seconda parte (§ 4), i metodi sviluppati per l’analisi della stabilità sismica dei pendii e per il calcolo degli spostamenti permanenti sono stati analizzati criticamente, mettendo in evidenza i limiti delle procedure e la dipendenza dell’affidabilità dei risultati dalle ipotesi preliminari e dallo stato di conoscenza, sia della geomorfologia del sito, sia dell’azione sismica. Gli spostamenti permanenti possono essere calcolati mediante i “metodi degli spostamenti” quale quello proposto da Newmark nel 1965 basato sull’integrazione dell’accelerazione relativa della massa in frana, assimilata ad un corpo rigido, rispetto alla formazione stabile. Dal momento che sia la geometria dei pendii naturali e dei fronti di scavo, sia la deformabilità dei terreni comportano una significativa variazione spaziale delle azioni dinamiche tali da produrre importanti modifiche del moto sismico, l’applicazione del metodo di Newmark richiede uno studio preliminare del fenomeno di propagazione delle onde sismiche nel sottosuolo. Esistono in letteratura alcune procedure, applicabili per la determinazione di spostamenti di pendii naturali e, soprattutto, di costruzioni in terra, sviluppate come “analisi disaccoppiate”: ciò significa che la deformabilità del pendio viene tenuta in conto solo nelle analisi di risposta sismica e le storie temporali dell’accelerazione equivalente così ottenute sono utilizzate per la valutazione degli spostamenti della massa potenzialmente instabile, assimilata ad un blocco rigido. Più recentemente, grazie alla maggiore possibilità di implementazione di metodi numerici, sono stati proposti “metodi accoppiati” in cui la deformabilità del pendio è tenuta in conto durante lo scorrimento del blocco (p.es. Kramer & Smith, 1997). In ogni caso, sia il metodo di Newmark nella sua formulazione originale sia i successivi approcci modificati definiscono uno spostamento finale che dipende fortemente dagli accelerogrammi di riferimento utilizzati nelle analisi, la cui scelta dovrebbe essere fatta a rigore mediante un’analisi di sismicità regionale, che comporta la conoscenza di un numero di parametri troppo elevati e/o di difficile determinazione. Da qui la necessità pratica di implementare metodi semplificati, in grado di fornire risultati indicativi in termini di spostamenti a partire da pochi parametri sintetici del moto (p.es. Bray & Rathje, 1998). Questi metodi sono fondati sull’utilizzo di relazioni e abachi determinati mediante sofisticate analisi di regressione degli spostamenti permanenti, valutati applicando i metodi degli spostamenti sopra citati per una selezione più o meno ampia di registrazioni accelerometriche. Nella terza parte si presenta una procedura disaccoppiata calibrata su un database di registrazioni accelerometriche significative della sismicità italiana (§ 5). Questa procedura, su modello di quella proposta da Bray & Rathje (1998), si compone di due fasi distinte:1) valutazione dell’accelerazione massima equivalente; 2) calcolo degli spostamenti. L’accelerazione equivalente è stata calcolata per ciascun accelerogramma selezionato, attraverso l’analisi dinamica di 21 ‘profili di terreno virtuali’, compatibili con la classificazione del sottosuolo prevista dalle principali Normative di riferimento (EC8, 2003; NTC, 2008) per i terreni profondi (classi B, C e D), e secondo la proposta di riclassificazione di Bouckovalas et al. (2006) per i terreni più superficiali (classi A2 e E). I risultati restituiti da queste analisi sono stati utilizzati anche per la definizione di opportune leggi di regressione per il calcolo del coefficiente di risposta non lineare. Gli spostamenti permanenti, calcolati con il modello di blocco rigido per le registrazioni selezionate a partire dalle curve di upper bound di Keefer & Wilson (1989), opportunamente normalizzati per i parametri dell’azione sismica che maggiormente influenzano l’entità dello spostamento, sono stati interpretati con diverse leggi di regressione in funzione del rapporto tra accelerazione critica e accelerazione massima. Nella quarta parte si propongono in primo luogo (§ 6) delle leggi di attenuazione per la stima dei parametri del moto che compaiono nella procedura proposta nel § 5. I valori di periodo mediano e durata significativa delle registrazioni su sottosuolo rigido (classe A) che compongono il database sismico di riferimento, sono stati confrontati con le leggi di attenuazione di ultima generazione proposte nella letteratura internazionale (Rathje et al., 2004; Kempton & Stewart, 2006) e ricalibrate sui dati ottenuti per la sismicità italiana. Il metodo proposto può essere quindi attuabile in forma completa con riferimento ai dati georeferenziati reperibili dalla “Mappa Interattiva della Pericolosità Sismica” del territorio nazionale (Meletti et al. 2007), in cui i valori di magnitudo e distanza sono derivanti dall’analisi di disaggregazione della pericolosità (Spallarossa & Barani, 2007). Questi dati, unitamente alle leggi proposte, ha consentito, inoltre, di implementare soluzioni alternative a quelle indicate dalle Norme vigenti per il calcolo del coefficiente di riduzione dell’azione sismica per le analisi pseudo-statiche, in funzione delle caratteristiche geomorfologiche del sito, della magnitudo e della distanza sito-sorgente del terremoto di progetto. In queste procedure, illustrate nel § 7, sia lo spostamento ammissibile sia la probabilità di non superamento dello stesso, compaiono come variabili decisionali di progetto. Nella quinta parte si presenta il confronto tra i risultati in termini di spostamento per alcuni casi di studio di cui sono noti gli spostamenti indotti da terremoti, e si dispone della conoscenza sufficientemente attendibile sia del modello geotecnico sia del moto sismico di riferimento. I confronti sono stati effettuati utilizzando metodi e procedure con livello di complessità crescente. A tal proposito è stato implementato un codice di calcolo (ACST) in linguaggio Visual Basic che effettua l’analisi “accoppiata” 1D secondo il modello “stick-slip” nell’approccio indicato da Rathje & Bray (2000), con l’introduzione di alcune modifiche che rendono il codice ACST più versatile nell’ubicazione della superficie di scorrimento e nella definizione delle proprietà del bedrock. Il codice, descritto nel § 8, effettua l’integrazione nel dominio del tempo con un metodo alle differenze finite, e tiene conto del comportamento non lineare del terreno a carico ciclico. Nel capitolo 9 le procedure messe a punto, sono state applicate a diversi casi di studio: - due casi di primo innesco di fenomeni d’instabilità, che hanno riguardato due dighe in terra californiane (Austrian e Lexington), gravemente danneggiate dal terremoto di Loma Prieta del 1989; le previsioni dei metodi semplificati sono risultate in linea con i valori misurati. - il caso della frana di Calitri, riattivata durante il terremoto del 1980, che ha mostrato spostamenti dell’ordine di due metri lungo un pendio naturale parzialmente urbanizzato. Anche in questo caso, le previsioni dei metodi semplificati, confrontati anche con quelli restituiti da un’analisi 2D alle differenze finite (Ausilio et al., 2009), sono risultate prossime alle osservazioni.
2010
Previsione di spostamenti di pendii in condizioni sismiche / Conte, E.; Silvestri, Francesco. - (2010).
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