Carlo Gasparrini Convivere col vulcano. Il vero rischio è non avere prospettive progettuali Urbanistica n. 134/2007 ABSTRACT Le esperienze in corso nell’area vesuviana hanno il merito di aver messo in tensione le relazioni tra la pianificazione di area vasta e comunale, la programmazione integrata e la progettazione urbana, con interessanti ricadute sull’innovazione disciplinare e sui contenuti stessi degli strumenti. Le sollecitazioni trasversali che provengono all’urbanistica e alla pianificazione territoriale da approcci disciplinari diversi ma anche da discipline e pratiche contigue ha rappresentato infatti un ingrediente indispensabile per la qualità delle descrizioni e delle prefigurazioni e per l’efficacia delle decisioni relative alla gestione di processi complessi. Efficacia che è messa continuamente in discussione in un territorio afflitto da una singolare e, per certi versi, imbarazzante condizione di overplanning, fonte di rilevanti conflitti. A rendere ancor più complesso il quadro è la necessità di conciliare la straordinarietà di una condizione di rischio che richiede operazioni di alleggerimento demografico e l’”abitare comunque” ai piedi del vulcano puntando su obiettivi di riqualificazione urbanistica e ambientale e su processi di sviluppo locale. Un’operazione apparentemente contraddittoria – “se si prevede sviluppo perché andarsene?” - e comunque difficile da comunicare per essere persuasiva e condivisibile. Duplicità Tra le figure di questo territorio che si sono affermate in questi anni, quella della duplicità fa riferimento all’intrinseca ambiguità dell’immagine di questo territorio, ampiamente riflessa nell’iconografia storica e personificata nella sua duplicità iconica di vulcano distruttivo (il Vesuvio e la faccia arida rivolta verso il mare) e di montagna buona (il Somma, antica caldera generatrice del giovane Vesuvio, rimasta ubertosa e coltivata nei secoli): la compresenza cioè, in un’immagine inscindibilmente unitaria, di un fatto naturale di eccezionale e drammatica incombenza, celebrato nei secoli e noto a livello mondiale, e di un processo d’acculturazione denso e pervasivo, lentamente depositatosi nel corso della storia e tuttora riconoscibile nonostante gli effetti devastanti dell’urbanizzazione recente. La duplice montagna – che è quindi anche fertile duplicità di senso, di profondità del radicamento, di diversità delle opportunità di sviluppo – unisce le sue due facce in un paesaggio spettacolare e in un’autorappresentazione che non sempre ha tuttavia contemplato la loro compresenza: il dominio della montagna-fondale, del racconto terrifico e dell’immagine da esportazione ha spesso soverchiato la pur robusta consapevolezza insider della montagna da addomesticare, da conservare come insostituibile risorsa economica, da ammansire con riti propiziatori e feste popolari. Palinsesti profondi L’area vesuviana e la montagna/vulcano sono il paradigma della stratificazione. Non potrebbe essere altrimenti per un territorio così inquieto, costantemente ridisegnato nei secoli da fenomeni eruttivi che non hanno trasformato con le lave solo il versante vesuviano e marino, ma anche quello settentrionale e interno con le ceneri, i depositi piroclastici e le colate di fango. La ricchezza e profondità di questo palinsesto affiora improvvisamente nelle cave scavate lungo i versanti, estese ferite da risarcire ma anche luoghi di eccezionale valore spaziale, didattico e museale, nei quali più che altrove è leggibile il lento sovrapporsi di un’attività geologica incessante e plurimillenaria che chiede di essere spiegata, mostrata e valorizzata. Il palinsesto geologico si interseca d’altronde con quello antropico restituendoci una stratigrafia che deve ancora essere esplorata e compresa nella sua densità e ricchezza. Il nostro richiamo in questo senso è sempre ai luoghi consolidati del grand tour archeologico, da Ercolano a Pompei passando per Oplontis a Torre Annunziata. Una teoria di pochi ma eccellenti “buchi neri” che inghiottono milioni di visitatori all’anno, sottraendoli alla ricchezza diffusa del territorio storico del Miglio d’Oro e delle risorse ambientali. Discontinuità/riappropriazione Questa figura trascina con sé quella, altrettanto densa, del rapporto tra evento distruttivo e ricostruzione, tra discontinuità traumatica e lenta riappropriazione del territorio, come un fattore genetico intrinseco alla storia del paesaggio vesuviano e sommano. Un rapporto che non è solo espressione di una intenzionalità umana, ma è leggibile anche nelle vicende della colonizzazione vegetale che si svolgono lungo le lave e le colate piroclastiche: un grande museo della lentezza biologica nel quale è bene che la natura faccia il suo corso, nella speranza di divenire finalmente visibile agli occhi di un turismo oggi animato solo dall’aspettativa spettacolare e terrifica dello Sterminator Vesevo. Questa vicenda si incrocia, scendendo a valle, con quella di un’attività agricola che si re-impossessa di una terra fertile e fragile, la modella costruendo terrazzamenti e governando le acque, passando dalla spontaneità della vegetazione pioniera al faticoso esercizio quotidiano della cura dei campi coltivati. Ancor più in basso l’agricoltura diviene periurbana, si frammenta e rischia di scomparire travolta dalla recente vicenda urbanistica dell’espansione metropolitana. Compressione Infine, lungo la cintura urbanizzata di valle e di litorale, la figura della compressione è un’immagine pervasiva nel senso comune di quest’area, capace di soverchiare la complessità e persistenza delle altre figure. E’ in questa fascia anulare d’altronde che si concentra la gran parte delle reti infrastrutturali, dei tessuti edilizi e delle attività produttive e si gioca in larga misura il destino della riqualificazione urbana e dello sviluppo locale. La compressione infrastrutturale è l’aspetto più evocato dalle descrizioni e dai progetti di questi anni. Lungo la costa, in particolare, il parallelismo a breve distanza della ferrovia nazionale, della ferrovia Circumvesuviana e dell’Autostrada Napoli-Salerno rappresenta la causa principale della recisione delle connessioni storico-ambientali trasversali tra la montagna/vulcano e il mare. La compressione infrastrutturale è stato d’altronde uno dei motori principali della compressione insediativa, come esito soprattutto di una tracimazione della domanda abitativa dalla città di Napoli. L’immagine di una forte dipendenza dalle sue dinamiche espansive non può tuttavia fare ombra ad una densa compresenza di attività economiche, talvolta eccellenti ed esogene ma più frequentemente espressione di specifiche e radicate tradizioni produttive, anche se il loro peso sottodimensionato rispetto alla dimensione demografica di quest’area. Componenti strutturali Disegnano l’armatura fondamentale del territorio vesuviano e delle sue relazioni e definiscono il sistema dei valori forti e irrinunciabili da presidiare in quanto connessi alla struttura costitutiva stessa del territorio e alle sue prospettive di tutela e di valorizzazione. Tentando di sfuggire alla tentazione delle “invarianti”, le sintesi interpretative e gli approfondimenti conoscitivi sviluppati con la conseguente individuazione degli elementi strutturali del territorio non sono affatto operazioni neutrali ed oggettive derivanti deduttivamente dalle analisi valutative, ma implicano scelte e valutazioni progettuali. Le componenti strutturali si configurano dunque come i materiali necessari per definire le regole costitutive e statutarie del territorio vesuviano che i programmi d’intervento dovranno assumere attraverso specifiche strategie e azioni. Ma allo stesso tempo, i programmi stessi mettono in tensione i gradi di libertà di quelle regole sollecitando, secondo un processo circolare di progressivo affinamento, conferme o ripensamenti da sottoporre a verifica, condivisione collettiva e formalizzazione. Criticità Il tema del rischio è storicamente una delle questioni centrali dell’area napoletana e quindi dei piani, dei programmi e delle politiche che la caratterizzano da decenni. Oltre alla rilevanza del pericolo vulcanico vesuviano, si sono fatti i conti nel tempo con gli eventi sismici e bradisimica fino al rischio idrogeologico e a quello connesso agli incidenti rilevanti per la concentrazione di petrolio e gas nell’area industriale orientale. Tutte queste esperienze mettono in evidenza che il problema dei tanti “rischi” non può essere affrontato per frammenti e in una logica settoriale. Richiede una strategia complessiva, un approccio multidisciplinare, una riduzione e semplificazione dell’overplanning esistente, una capacità di ripensare l’intero territorio metropolitano. Le diverse famiglie di criticità individuate, identificate da specifici fattori caratterizzanti, restituiscono ciascuna uno specifico quadro di settore la cui interazione costruisce la mappatura complessiva delle aree a rischio, evidenziando quelle di maggiore concentrazione che si delineano come i luoghi in cui prioritariamente attivare programmi integrati. Propensioni La costruzione dei quadri interpretavi, il riconoscimento delle principali identità territoriali e dei rischi ad esse connesse si intersecano con l’emergere di una molteplicità di propensioni locali, di realtà consolidate o potenziali cioè di uno sviluppo socio-economico orientato alla valorizzazione integrata delle risorse del territorio. Dalle grandi centralità naturalistiche del Vesuvio e del parco fluviale del Sarno e dai luoghi storici dell’identità locale agli attrattori storico-culturali e turistico-religiosi; dalle centralità dei grandi spazi attrezzati della rinaturazione ai paesaggi agrari e agli spazi del turismo balneare; dalle direttrici delle centralità produttive e terziarie ai luoghi della diffusione produttiva e ai poli della portualità: un quadro ricco e complesso che sostanzia il senso di quella duplicità di ruolo e di identità che è un valore ineludibile di questo territorio. Il sostrato delle descrizioni interpretative fa da sfondo quindi al percorso progettuale della pianificazione così come è andato maturando in questi anni, dal Piano del Parco Nazionale del Vesuvio (PPNV) al Piano Strategico e Operativo della “Zona Rossa” di massimo rischio (PSO) , basato sulla triangolazione strategie - progetti - regole, supportata dal ruolo insostituibile della valutazione come capacità di esplicitare le poste in gioco ed i valori di riferimento, le ragioni delle scelte e i loro margini di negoziabilità nel confronto tra i diversi attori. Quadro strategico e visioni d’assieme La necessità di un quadro di riferimento strategico è stata inizialmente, per il PPNV, un’esigenza connessa soprattutto alla costruzione di politiche di gestione capaci di investire anche le aree esterne al suo perimetro. Questa strada - che ha poi informato anche il PSO - è apparsa quella necessaria per promuovere e coordinare gli obiettivi, le intenzioni e i programmi d’intervento sulla base di una convergenza su visioni prospettiche ampiamente condivise. In altri termini, è stato chiesto alla pianificazione di esprimere obiettivi, esigenze, intenzioni ed indirizzi la cui efficacia non venisse misurata solo e tanto dalla cogenza giuridica delle norme ma anche e soprattutto dalla capacità di orientare, attraverso progetti e programmi concreti, le scelte e i comportamenti di tutti gli attori coinvolti. La visione strategica d’assieme che si è consolidata ha delineato un’immagine di tipo concettuale che può essere scomposta in tre scenari fisici intesi anche come incubatori di sviluppo locale: il versante fertile delle identità locali e dell’innovazione agraria che coincide col lato settentrionale della montagna, il Somma; la trama densa di eccellenze lungo la linearità costiera che coincide col versante vesuviano costiero e si struttura in una fitta scansione di luoghi, molti dei quali di particolare rilevanza e centralità sovralocale; infine il grande attrattore del Parco e la stella delle direttrici ambientali, strettamente connesso al ruolo strategico che il Parco del Vesuvio sta svolgendo per costruire un sistema di relazioni ambientali, paesistiche, funzionali, culturali ed economiche capace di sfondare l’accerchiamento dell’area protetta. Progetti La presenza di progetti strategici svolge diverse funzioni. Sono innanzitutto “racconti” progettuali del territorio non onnicomprensivi ma parziali e selettivi, che individuano i luoghi prioritari della conservazione e della trasformazione e il sistema di relazioni che li sostiene e struttura, dando loro senso e integrazione. Non svolgono una funzione prescrittiva ma hanno l’ambizione di concentrare l’azione pubblica e privata sugli interventi che fanno registrare una fattiva convergenza di intenzioni e aspettative in coerenza con gli obiettivi del quadro strategico complessivo. Tuttavia essi non propongono disegni ultimativi ma privilegiano immagini di tipo narrativo e verbo-visivo, in grado cioè di sollecitare una verifica e un approfondimento successivi attorno ai nuovi terreni del progetto urbano e di paesaggio. Nel PPNV i cinque grandi Progetti strategici individuati privilegiano la valorizzazione delle trasversalità storico-ambientali con l’obiettivo di riscoprire, rafforzare e qualificare le principali direttrici storiche che l’urbanizzazione degli ultimi decenni ha sacrificato a favore di quelle anulari. Questa impostazione trova una sua logica prosecuzione nel PSO, nel quale i progetti strategici individuati si estendono anche ad altri ambiti territoriali lungo il fondovalle e la fascia costiera. Ad essi fanno riferimento i programmi d’intervento, di tipo diffuso e puntuale, su cui prioritariamente puntare per produrre un effetto trainante dell’intervento pubblico su quello privato attraverso incentivazioni di tipo finanziario e fiscale, principalmente connessi alla programmazione regionale del quadro strategico comunitario 2007-2013. Regole Ma naturalmente i contenuti della pianificazione non possono cancellare l’insostituibile funzione regolativa a tutela dei siti, delle risorse e dei paesaggi che hanno motivato l’istituzione stessa del Parco Nazionale del Vesuvio. Essa acquista qui un significato particolare perchè occorre conciliare l’esigenza di una rigorosa difesa dell’unitarietà ambientale del Parco con quella di un’accurata differenziazione delle forme stesse di quella tutela in relazione alle specificità paesistiche, culturali, economiche e sociali. Il PPNV deve insomma esprimere non solo le regole necessarie alla tutela dei valori non negoziabili o a bassa negoziabilità, ma anche le regole del gioco da rispettare per una corretta interazione tra i diversi attori. In questo quadro assume un valore centrale l’inquadramento strutturale del Parco basato sul complesso di regole relative alla salvaguardia e alla valorizzazione di quelle componenti che svolgono anche una rilevante funzione di quadro interpretativo. La loro individuazione si incrocia con la definizione delle “unità di paesaggio” in un’accezione multidimensionale densa e fertile, risultato di una convergenza fertile di istanze descrittive, interpretative, progettuali e gestionali diverse e concorrenti, tentando di dare risposta all’insufficienza di una zonizzazione tradizionale “per gradi di tutela”. In un certo senso, l’inquadramento strutturale del PPNV e la previsione di specifici progetti-guida ritenuti prioritari, sorretti da una visione strategica d’assieme capace di svolgere anche una funzione di orientamento e selezione, ha di fatto introdotto un’articolazione tra Piano strutturale e operativo. Da questo punto di vista la successiva esperienza del PSO può essere riletta anche come tentativo di dare forma e concretezza ad un Piano operativo di nuova generazione in un contesto nel quale è possibile ancorarsi ad un quadro strategico e ad un inquadramento strutturale già forti e consolidati.

“Convivere col vulcano. Il vero rischio è non avere prospettive progettuali” e “Figure del territorio vesuviano” / Gasparrini, Carlo. - In: URBANISTICA. - ISSN 0042-1022. - STAMPA. - 134:(2007), pp. 47-55.

“Convivere col vulcano. Il vero rischio è non avere prospettive progettuali” e “Figure del territorio vesuviano”

GASPARRINI, CARLO
2007

Abstract

Carlo Gasparrini Convivere col vulcano. Il vero rischio è non avere prospettive progettuali Urbanistica n. 134/2007 ABSTRACT Le esperienze in corso nell’area vesuviana hanno il merito di aver messo in tensione le relazioni tra la pianificazione di area vasta e comunale, la programmazione integrata e la progettazione urbana, con interessanti ricadute sull’innovazione disciplinare e sui contenuti stessi degli strumenti. Le sollecitazioni trasversali che provengono all’urbanistica e alla pianificazione territoriale da approcci disciplinari diversi ma anche da discipline e pratiche contigue ha rappresentato infatti un ingrediente indispensabile per la qualità delle descrizioni e delle prefigurazioni e per l’efficacia delle decisioni relative alla gestione di processi complessi. Efficacia che è messa continuamente in discussione in un territorio afflitto da una singolare e, per certi versi, imbarazzante condizione di overplanning, fonte di rilevanti conflitti. A rendere ancor più complesso il quadro è la necessità di conciliare la straordinarietà di una condizione di rischio che richiede operazioni di alleggerimento demografico e l’”abitare comunque” ai piedi del vulcano puntando su obiettivi di riqualificazione urbanistica e ambientale e su processi di sviluppo locale. Un’operazione apparentemente contraddittoria – “se si prevede sviluppo perché andarsene?” - e comunque difficile da comunicare per essere persuasiva e condivisibile. Duplicità Tra le figure di questo territorio che si sono affermate in questi anni, quella della duplicità fa riferimento all’intrinseca ambiguità dell’immagine di questo territorio, ampiamente riflessa nell’iconografia storica e personificata nella sua duplicità iconica di vulcano distruttivo (il Vesuvio e la faccia arida rivolta verso il mare) e di montagna buona (il Somma, antica caldera generatrice del giovane Vesuvio, rimasta ubertosa e coltivata nei secoli): la compresenza cioè, in un’immagine inscindibilmente unitaria, di un fatto naturale di eccezionale e drammatica incombenza, celebrato nei secoli e noto a livello mondiale, e di un processo d’acculturazione denso e pervasivo, lentamente depositatosi nel corso della storia e tuttora riconoscibile nonostante gli effetti devastanti dell’urbanizzazione recente. La duplice montagna – che è quindi anche fertile duplicità di senso, di profondità del radicamento, di diversità delle opportunità di sviluppo – unisce le sue due facce in un paesaggio spettacolare e in un’autorappresentazione che non sempre ha tuttavia contemplato la loro compresenza: il dominio della montagna-fondale, del racconto terrifico e dell’immagine da esportazione ha spesso soverchiato la pur robusta consapevolezza insider della montagna da addomesticare, da conservare come insostituibile risorsa economica, da ammansire con riti propiziatori e feste popolari. Palinsesti profondi L’area vesuviana e la montagna/vulcano sono il paradigma della stratificazione. Non potrebbe essere altrimenti per un territorio così inquieto, costantemente ridisegnato nei secoli da fenomeni eruttivi che non hanno trasformato con le lave solo il versante vesuviano e marino, ma anche quello settentrionale e interno con le ceneri, i depositi piroclastici e le colate di fango. La ricchezza e profondità di questo palinsesto affiora improvvisamente nelle cave scavate lungo i versanti, estese ferite da risarcire ma anche luoghi di eccezionale valore spaziale, didattico e museale, nei quali più che altrove è leggibile il lento sovrapporsi di un’attività geologica incessante e plurimillenaria che chiede di essere spiegata, mostrata e valorizzata. Il palinsesto geologico si interseca d’altronde con quello antropico restituendoci una stratigrafia che deve ancora essere esplorata e compresa nella sua densità e ricchezza. Il nostro richiamo in questo senso è sempre ai luoghi consolidati del grand tour archeologico, da Ercolano a Pompei passando per Oplontis a Torre Annunziata. Una teoria di pochi ma eccellenti “buchi neri” che inghiottono milioni di visitatori all’anno, sottraendoli alla ricchezza diffusa del territorio storico del Miglio d’Oro e delle risorse ambientali. Discontinuità/riappropriazione Questa figura trascina con sé quella, altrettanto densa, del rapporto tra evento distruttivo e ricostruzione, tra discontinuità traumatica e lenta riappropriazione del territorio, come un fattore genetico intrinseco alla storia del paesaggio vesuviano e sommano. Un rapporto che non è solo espressione di una intenzionalità umana, ma è leggibile anche nelle vicende della colonizzazione vegetale che si svolgono lungo le lave e le colate piroclastiche: un grande museo della lentezza biologica nel quale è bene che la natura faccia il suo corso, nella speranza di divenire finalmente visibile agli occhi di un turismo oggi animato solo dall’aspettativa spettacolare e terrifica dello Sterminator Vesevo. Questa vicenda si incrocia, scendendo a valle, con quella di un’attività agricola che si re-impossessa di una terra fertile e fragile, la modella costruendo terrazzamenti e governando le acque, passando dalla spontaneità della vegetazione pioniera al faticoso esercizio quotidiano della cura dei campi coltivati. Ancor più in basso l’agricoltura diviene periurbana, si frammenta e rischia di scomparire travolta dalla recente vicenda urbanistica dell’espansione metropolitana. Compressione Infine, lungo la cintura urbanizzata di valle e di litorale, la figura della compressione è un’immagine pervasiva nel senso comune di quest’area, capace di soverchiare la complessità e persistenza delle altre figure. E’ in questa fascia anulare d’altronde che si concentra la gran parte delle reti infrastrutturali, dei tessuti edilizi e delle attività produttive e si gioca in larga misura il destino della riqualificazione urbana e dello sviluppo locale. La compressione infrastrutturale è l’aspetto più evocato dalle descrizioni e dai progetti di questi anni. Lungo la costa, in particolare, il parallelismo a breve distanza della ferrovia nazionale, della ferrovia Circumvesuviana e dell’Autostrada Napoli-Salerno rappresenta la causa principale della recisione delle connessioni storico-ambientali trasversali tra la montagna/vulcano e il mare. La compressione infrastrutturale è stato d’altronde uno dei motori principali della compressione insediativa, come esito soprattutto di una tracimazione della domanda abitativa dalla città di Napoli. L’immagine di una forte dipendenza dalle sue dinamiche espansive non può tuttavia fare ombra ad una densa compresenza di attività economiche, talvolta eccellenti ed esogene ma più frequentemente espressione di specifiche e radicate tradizioni produttive, anche se il loro peso sottodimensionato rispetto alla dimensione demografica di quest’area. Componenti strutturali Disegnano l’armatura fondamentale del territorio vesuviano e delle sue relazioni e definiscono il sistema dei valori forti e irrinunciabili da presidiare in quanto connessi alla struttura costitutiva stessa del territorio e alle sue prospettive di tutela e di valorizzazione. Tentando di sfuggire alla tentazione delle “invarianti”, le sintesi interpretative e gli approfondimenti conoscitivi sviluppati con la conseguente individuazione degli elementi strutturali del territorio non sono affatto operazioni neutrali ed oggettive derivanti deduttivamente dalle analisi valutative, ma implicano scelte e valutazioni progettuali. Le componenti strutturali si configurano dunque come i materiali necessari per definire le regole costitutive e statutarie del territorio vesuviano che i programmi d’intervento dovranno assumere attraverso specifiche strategie e azioni. Ma allo stesso tempo, i programmi stessi mettono in tensione i gradi di libertà di quelle regole sollecitando, secondo un processo circolare di progressivo affinamento, conferme o ripensamenti da sottoporre a verifica, condivisione collettiva e formalizzazione. Criticità Il tema del rischio è storicamente una delle questioni centrali dell’area napoletana e quindi dei piani, dei programmi e delle politiche che la caratterizzano da decenni. Oltre alla rilevanza del pericolo vulcanico vesuviano, si sono fatti i conti nel tempo con gli eventi sismici e bradisimica fino al rischio idrogeologico e a quello connesso agli incidenti rilevanti per la concentrazione di petrolio e gas nell’area industriale orientale. Tutte queste esperienze mettono in evidenza che il problema dei tanti “rischi” non può essere affrontato per frammenti e in una logica settoriale. Richiede una strategia complessiva, un approccio multidisciplinare, una riduzione e semplificazione dell’overplanning esistente, una capacità di ripensare l’intero territorio metropolitano. Le diverse famiglie di criticità individuate, identificate da specifici fattori caratterizzanti, restituiscono ciascuna uno specifico quadro di settore la cui interazione costruisce la mappatura complessiva delle aree a rischio, evidenziando quelle di maggiore concentrazione che si delineano come i luoghi in cui prioritariamente attivare programmi integrati. Propensioni La costruzione dei quadri interpretavi, il riconoscimento delle principali identità territoriali e dei rischi ad esse connesse si intersecano con l’emergere di una molteplicità di propensioni locali, di realtà consolidate o potenziali cioè di uno sviluppo socio-economico orientato alla valorizzazione integrata delle risorse del territorio. Dalle grandi centralità naturalistiche del Vesuvio e del parco fluviale del Sarno e dai luoghi storici dell’identità locale agli attrattori storico-culturali e turistico-religiosi; dalle centralità dei grandi spazi attrezzati della rinaturazione ai paesaggi agrari e agli spazi del turismo balneare; dalle direttrici delle centralità produttive e terziarie ai luoghi della diffusione produttiva e ai poli della portualità: un quadro ricco e complesso che sostanzia il senso di quella duplicità di ruolo e di identità che è un valore ineludibile di questo territorio. Il sostrato delle descrizioni interpretative fa da sfondo quindi al percorso progettuale della pianificazione così come è andato maturando in questi anni, dal Piano del Parco Nazionale del Vesuvio (PPNV) al Piano Strategico e Operativo della “Zona Rossa” di massimo rischio (PSO) , basato sulla triangolazione strategie - progetti - regole, supportata dal ruolo insostituibile della valutazione come capacità di esplicitare le poste in gioco ed i valori di riferimento, le ragioni delle scelte e i loro margini di negoziabilità nel confronto tra i diversi attori. Quadro strategico e visioni d’assieme La necessità di un quadro di riferimento strategico è stata inizialmente, per il PPNV, un’esigenza connessa soprattutto alla costruzione di politiche di gestione capaci di investire anche le aree esterne al suo perimetro. Questa strada - che ha poi informato anche il PSO - è apparsa quella necessaria per promuovere e coordinare gli obiettivi, le intenzioni e i programmi d’intervento sulla base di una convergenza su visioni prospettiche ampiamente condivise. In altri termini, è stato chiesto alla pianificazione di esprimere obiettivi, esigenze, intenzioni ed indirizzi la cui efficacia non venisse misurata solo e tanto dalla cogenza giuridica delle norme ma anche e soprattutto dalla capacità di orientare, attraverso progetti e programmi concreti, le scelte e i comportamenti di tutti gli attori coinvolti. La visione strategica d’assieme che si è consolidata ha delineato un’immagine di tipo concettuale che può essere scomposta in tre scenari fisici intesi anche come incubatori di sviluppo locale: il versante fertile delle identità locali e dell’innovazione agraria che coincide col lato settentrionale della montagna, il Somma; la trama densa di eccellenze lungo la linearità costiera che coincide col versante vesuviano costiero e si struttura in una fitta scansione di luoghi, molti dei quali di particolare rilevanza e centralità sovralocale; infine il grande attrattore del Parco e la stella delle direttrici ambientali, strettamente connesso al ruolo strategico che il Parco del Vesuvio sta svolgendo per costruire un sistema di relazioni ambientali, paesistiche, funzionali, culturali ed economiche capace di sfondare l’accerchiamento dell’area protetta. Progetti La presenza di progetti strategici svolge diverse funzioni. Sono innanzitutto “racconti” progettuali del territorio non onnicomprensivi ma parziali e selettivi, che individuano i luoghi prioritari della conservazione e della trasformazione e il sistema di relazioni che li sostiene e struttura, dando loro senso e integrazione. Non svolgono una funzione prescrittiva ma hanno l’ambizione di concentrare l’azione pubblica e privata sugli interventi che fanno registrare una fattiva convergenza di intenzioni e aspettative in coerenza con gli obiettivi del quadro strategico complessivo. Tuttavia essi non propongono disegni ultimativi ma privilegiano immagini di tipo narrativo e verbo-visivo, in grado cioè di sollecitare una verifica e un approfondimento successivi attorno ai nuovi terreni del progetto urbano e di paesaggio. Nel PPNV i cinque grandi Progetti strategici individuati privilegiano la valorizzazione delle trasversalità storico-ambientali con l’obiettivo di riscoprire, rafforzare e qualificare le principali direttrici storiche che l’urbanizzazione degli ultimi decenni ha sacrificato a favore di quelle anulari. Questa impostazione trova una sua logica prosecuzione nel PSO, nel quale i progetti strategici individuati si estendono anche ad altri ambiti territoriali lungo il fondovalle e la fascia costiera. Ad essi fanno riferimento i programmi d’intervento, di tipo diffuso e puntuale, su cui prioritariamente puntare per produrre un effetto trainante dell’intervento pubblico su quello privato attraverso incentivazioni di tipo finanziario e fiscale, principalmente connessi alla programmazione regionale del quadro strategico comunitario 2007-2013. Regole Ma naturalmente i contenuti della pianificazione non possono cancellare l’insostituibile funzione regolativa a tutela dei siti, delle risorse e dei paesaggi che hanno motivato l’istituzione stessa del Parco Nazionale del Vesuvio. Essa acquista qui un significato particolare perchè occorre conciliare l’esigenza di una rigorosa difesa dell’unitarietà ambientale del Parco con quella di un’accurata differenziazione delle forme stesse di quella tutela in relazione alle specificità paesistiche, culturali, economiche e sociali. Il PPNV deve insomma esprimere non solo le regole necessarie alla tutela dei valori non negoziabili o a bassa negoziabilità, ma anche le regole del gioco da rispettare per una corretta interazione tra i diversi attori. In questo quadro assume un valore centrale l’inquadramento strutturale del Parco basato sul complesso di regole relative alla salvaguardia e alla valorizzazione di quelle componenti che svolgono anche una rilevante funzione di quadro interpretativo. La loro individuazione si incrocia con la definizione delle “unità di paesaggio” in un’accezione multidimensionale densa e fertile, risultato di una convergenza fertile di istanze descrittive, interpretative, progettuali e gestionali diverse e concorrenti, tentando di dare risposta all’insufficienza di una zonizzazione tradizionale “per gradi di tutela”. In un certo senso, l’inquadramento strutturale del PPNV e la previsione di specifici progetti-guida ritenuti prioritari, sorretti da una visione strategica d’assieme capace di svolgere anche una funzione di orientamento e selezione, ha di fatto introdotto un’articolazione tra Piano strutturale e operativo. Da questo punto di vista la successiva esperienza del PSO può essere riletta anche come tentativo di dare forma e concretezza ad un Piano operativo di nuova generazione in un contesto nel quale è possibile ancorarsi ad un quadro strategico e ad un inquadramento strutturale già forti e consolidati.
2007
“Convivere col vulcano. Il vero rischio è non avere prospettive progettuali” e “Figure del territorio vesuviano” / Gasparrini, Carlo. - In: URBANISTICA. - ISSN 0042-1022. - STAMPA. - 134:(2007), pp. 47-55.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Carlo Gasparrini_Convivere col vulcano_Urbanistica 134_2007.pdf

non disponibili

Tipologia: Documento in Post-print
Licenza: Accesso privato/ristretto
Dimensione 8.23 MB
Formato Adobe PDF
8.23 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/205276
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact